In Italia è boom della raccolta delle erbe spontanee. Sono tantissime e bisogna imparare a riconoscerle. A guidarci in questo mondo di colori e profumi è Marina Clauser, curatrice dell’Orto Botanico di Firenze.
Foraging è un’altra parola inglese che sta entrando nel nostro lessico. Letteralmente significa andare in giro alla ricerca di cibo. Attualmente viene usata in relazione al consumo sostenibile di ingredienti alimentari vegetali che crescono spontaneamente in natura. In questa estensione di significato, da qualche anno, sta riscuotendo un notevole successo nel Nord Europa, tanto che il quotidiano inglese The Guardian le ha dedicato una sezione della rubrica Life and Style.
In italiano da sempre si parla di raccolta di erbe spontanee, questo è l’argomento del nostro incontro con Marina Clauser , curatrice dell’Orto Botanico di Firenze, il “Giardino dei Semplici” creato dai Medici come Giardino di piante medicinali (i Semplici) nel 1545, uno dei più antichi del mondo.
“In Italia le erbe spontanee commestibili sono tantissime, ne sono state censite 828 varietà. Possiamo dire che raccogliere insalate spontanee sia un’attività piacevole che richiede competenza. Attualmente c’è tanto interesse ma il problema fondamentale è la conoscenza, che può iniziare sui libri ma deve proseguire con la pratica. La cosa più importante è la pratica. Bisogna imparare a riconoscere le piante perché tra loro ci sono anche quelle tossiche, dannose per soggetti predisposti, e quelle rare o protette. Per questo ci sono corsi di tutti i livelli e per tutte le possibilità. Ad esempio l’Orto ne ha organizzati diversi, dopo l’estate abbiamo in programma 2 incontri di 2 ore ciascuno».
I primi passi
«All’inizio è importante limitarsi a riconoscere al massimo una decina di varietà per evitare pericolose confusioni. Con questa funzione nell’Orto Botanico abbiamo creato l’aiuola delle erbe spontanee della Toscana, quelle censite sono circa 500 anche se in realtà le alimentari sono di più. Noi ne abbiamo messe in coltivazione poco meno di 200: quelle più comuni e più usate o che si possono confondere con altre simili ma velenose. Tutte sono state prese in natura e tutte provengono dal territorio toscano. Vengono coltivate in ordine sistematico, cioè le piante simili si trovano vicine, in modo da facilitare il confronto tra le varie specie. Ogni pianta è dotata di un cartellino con il nome scientifico, il nome volgare usato in Toscana, l’epoca di raccolta, la parte da raccogliere (radici/foglie/frutti/fiori) e le note di attenzione sull’uso e il riconoscimento. Si tratta di una collezione vivente, un libro composto di piante vive. Lo scopo di questa iniziativa è che le persone vengano qui a confermare le proprie conoscenze con l’osservazione: possono vedere la pianta in tutte le sue fasi di sviluppo e in tutte le stagioni. Per esempio la pianta a livello di rosetta basale, cioè di quel raggruppamento di foglie che sembra direttamente attaccato alla radice. La rosetta basale è la parte più gustosa da mangiare in insalata, perché è composta da foglie giovani ma mentre la pianta fiorita è facilmente individuabile, le rosette basali ad uno sguardo inesperto possono sembrare tutte uguali, quindi è importante saperle riconoscere per essere sicuri di cosa stiamo raccogliendo».
Un patrimonio
Nelle nostre campagne c’era un patrimonio di conoscenza assai vasto, si pensi che gli antichi raccoglievano più di 2.000 piante selvatiche commestibili, allora era una necessità più che un piacere. Oggi chi ne conosce tante, arriva a una quarantina. A conferma possiamo citare diversi proverbi: “pane, cipolle e coltello sono il companatico del poverello”, “le erbe di prima sono tutte buone a insalata” e ancora “erba nata è buona cucinata” oppure “ogni erba che guarda in su ha le sue virtù”. Inoltre ci sono ricette speciali legate alla tradizione e alle varietà reperibili sul territorio, per esempio “la torta d’erbi” della Lucchesia. Non dobbiamo dimenticare che le piante spontanee sono ricche di elementi nutrizionali, infatti da diversi anni si parla di nutraceuti, termine che fonde l’aspetto nutritivo con quello farmaceutico, quindi arricchire la dieta con insalate spontanee è positivo anche dal punto di vista salutare. In conclusione si torna alla formazione del raccoglitore, è importante che le raccolte non siano distruttive, bisogna sempre lasciare qualcosa anche per gli altri e soprattutto per la pianta, affinché possa riprodursi».