Navdanya: «No alla finanziarizzazione della Natura»
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No alla finanziarizzazione della natura, è l’eredità del bio-imperialismo: così scrive l’organizzazione Navdanya International, guidata da Vandana Shiva, nel rapporto “La biodiversità non è in vendita”.
«Nel nome della “conservazione” e della “protezione” della biodiversità, il settore industriale corporativo sta promuovendo sempre più intensamente la finanziarizzazione della natura, che è il proseguimento dell’eredità del bio-imperialismo» scrive Navdanya International nel suo rapporto “La biodiversità non è in vendita”.
«I meccanismi coinvolti, che comprendono iniziative come i crediti per la biodiversità e le Nature Asset Companies (NAC), rappresentano la versione più recente del vecchio bioimperialismo coloniale, che questa volta si maschera da ambientalismo – si legge – L’obiettivo è di trasformare interi ecosistemi e tutte le funzioni ecologiche della natura in unità quantificabili, in merce. A rischio sono soprattutto le aree ricche di biodiversità che spesso corrispondono alle terre ancestrali delle popolazioni indigene o delle comunità di piccoli agricoltori».
Uno degli argomenti su cui si concentra il rapporto di Navdanya International sono i crediti di biodiversità: «Si tratta di un sistema che finanzia azioni a favore della biodiversità attraverso la creazione, la vendita e lo scambio di “unità” di biodiversità. Questo rapporto smaschera cinque principali false affermazioni sui crediti di biodiversità e di come essi offrano soluzioni sbagliate a problemi inesistenti».
«La prima falsa affermazione è che “i crediti di biodiversità proteggeranno la biodiversità”. I crediti di biodiversità sono stati concepiti con il solo obiettivo di generare profitti, evitando di creare azioni significative che trasformino il modello produttivo responsabile della perdita di biodiversità nel mondo. I crediti di biodiversità non proteggeranno la biodiversità» si legge nel rapporto.
«La seconda falsa affermazione è che “i crediti per la biodiversità non sono offset”. Tanto i crediti quanto gli offset sono identici, con l’unica differenza del tipo di utilizzo. Il Green Finance Observatory sottolinea che “non esiste un uso plausibile dei crediti per la biodiversità al di fuori di quello dell’offset”».
«La terza falsa affermazione sulla finanziarizzazione della natura è che “i meccanismi di mercato offrono risultati superiori rispetto alla regolamentazione tradizionale”. I mercati, però, non hanno dimostrato di proteggere la biodiversità. Oggi, l’80% della biodiversità mondiale risiede nel 22% delle terre gestite dalle popolazioni indigene. Le loro economie di cura hanno superato le economie di avidità dei mercati, che hanno invece promosso la deforestazione, le monocolture e la perdita di biodiversità».
Nel rapporto si legge ancora: «La quarta falsa affermazione è che “i crediti per la biodiversità genereranno ulteriori fonti di reddito per le popolazioni locali”. Questi programmi, invece di offrire maggiori mezzi di sostentamento, portano in realtà a un aumento dell’accaparramento di terre, a maggiori violazioni dei diritti umani e a redditi sempre più volatili per i piccoli agricoltori».
«La quinta falsa affermazione perpetrata dal settore privato e dai mercati finanziari è che “solo la finanziarizzazione salverà la biodiversità”. Si tratta di una manipolazione di stampo prettamente coloniale, che paradossalmente porta a eradicare dai territori i piccoli agricoltori, le donne, i popoli indigeni e le molteplici culture che da sempre proteggono la biodiversità e gestiscono efficacemente la complessa rete della dei propri ecosistemi locali. Proprio quelle realtà, eredità e tradizioni, che sono di gran lunga superiori ed efficaci. Per questa ragione è fondamentale smantellare il presupposto secondo cui l’unica via da percorrere sia quella basata sugli stessi meccanismi che storicamente hanno saccheggiato e mercificato la natura».
«Per affrontare davvero la crisi della biodiversità, dobbiamo trasformare radicalmente il nostro rapporto con la Terra e le sue diverse forme di vita. Rigenerare la biodiversità non è semplicemente una questione di “conservazione” – scrive Navdanya – Si tratta di recuperare la nostra connessione intrinseca con la Terra, produrre cibo in armonia con la natura e nutrire gli ecosistemi che sostengono la vita. Questa è la strada della biodemocrazia. Dobbiamo provvedere al ricentramento delle economie affinché siano locali, circolari e rigenerative, in linea con i ritmi e i limiti ecologici che supportano queste relazioni simbiotiche».
«Abbiamo bisogno della biodiversità per sostenere l’integrità delle funzioni sane degli ecosistemi. Siccome esiste una grande quantità di paesaggi e habitat diversi, ecologie e specie diverse, abbiamo bisogno di una varietà di modi per prendercene cura. È necessario preservare le comunità che consentono alla biodiversità di prosperare, riconoscendo e sostenendo queste culture e questi custodi dei territori che per molto tempo hanno vissuto in pace su questa Terra. Sono soprattutto le donne e i piccoli agricoltori che mantengono vivi i sistemi di biodiversità, grazie ai sistemi di conoscenza indigeni, che nascono da una profonda e lunga comprensione dei principi ecologici delle leggi della natura e della sostenibilità ecologica. Queste conoscenze applicate hanno saputo assicurare la sopravvivenza delle popolazioni e assicurare sistemi di vita sani nel corso dei secoli. La difesa della biodiversità è oggi più importante che mai, poiché rappresenta la difesa del nostro rapporto con la vita stessa» conclude Navdanya.
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Letture utili
Manuale di RESISTENZA ALIMENTARE. Con un intervento di Franco Berrino.
Una vera rivoluzione oggi può e deve partire dalla produzione del cibo, un grande campo di azione dove il sistema agroalimentare globalizzato ha cancellato la biodiversità, avvelenato il suolo e reso la nostra dieta sempre più omologata e insostenibile.
Il cambio di paradigma si impone anzitutto nella produzione agricola e nella salvaguardia dell’ambiente, da cui dipende il mantenimento degli ecosistemi e della salute dell’uomo.
Gli autori del libro, tra cui spiccano le figure di Vandana Shiva e Franco Berrino, tracciano un’inversione di rotta a cominciare dal nostro stile di vita: bisogna dire sì ai sistemi agricoli naturali su piccola scala, per recuperare la vitalità del cibo e garantire un accesso più democratico alle risorse della terra.
E bisogna dire no all’avanzata di un modello produttivo basato sullo sfruttamento dei popoli e degli ecosistemi.
In gioco c’è la nostra salute e la sopravvivenza pacifica sul pianeta Terra.
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AGROECOLOGIA E CRISI CLIMATICA
Le soluzioni sostenibili per affrontare il fallimento dell’agroindustria e diffondere una nuova forma di resilienza.
La crisi ambientale, sociale ed economica che viviamo oggi ha un principale colpevole: l’attuale modello agroalimentare, che espone l’intero Pianeta ai pericoli di una nuova estinzione di massa, depredando le risorse naturali, come l’acqua e la fertilità dei suoli. In questo nuovo libro, Vandana Shiva e Andre Leu presentano i risultati delle ultime ricerche scientifiche, dimostrando che un altro modello agricolo non solo è possibile, ma anche necessario, per combattere la fame, frenare i cambiamenti climatici e arginare la devastazione del Pianeta.
La questione ha anche una valenza di ordine sociale e politico. L’agricoltura industriale, basata su monocolture, pesticidi e biotecnologie, rende sempre più dipendenti e indebitati gli agricoltori consegnando i saperi, i mezzi di produzione e gli stessi semi nelle mani di poche multinazionali, con una concentrazione di potere senza precedenti nella storia.
In un testo destinato a fare storia, gli autori smontano un modello produttivo a lungo celebrato come efficiente, ma che ad uno sguardo più attento si mostra del tutto incapace ad affrontare le sfide della crisi climatica, la fame nel Sud del mondo e la malnutrizione cronica nei paesi cosiddetti sviluppati. La soluzione è nelle pratiche agricole sostenibili supportate da nuove conoscenze agronomiche in grado di valorizzare la complessità del vivente, garantire cibo sano per tutti e una nuova democrazia per il futuro del Pianeta.