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Nuovi OGM: Francesco Paniè ai microfoni di “Giù la maschera” su Rai Radio1

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I nuovi OGM, conosciuti come NGT, sono basati su tecniche imprecise e raffazzonate, generano mutazioni non desiderate nel DNA, mutazioni di cui si sa molto poco e su cui si fa ancora pochissima ricerca. E gli effetti possono essere molto negativi. Eppure la Commissione UE ha proposto di deregolamentarli, eliminando tracciabilità, etichettature e  valutazione del rischio. Francesco Paniè, collaboratore della rivista Terra Nuova e ricercatore per il Centro Internazionale Crocevia, lo ha spiegato martedì 7 novembre ai microfoni di “Giù la maschera” su Rai Radio 1.
Nuovi OGM: Francesco Paniè ai microfoni di “Giù la maschera” su Rai Radio1
Le tecniche di manipolazione genetiche che vanno sotto il nome di nuovi OGM, conosciuti come NGT, vengono raccontate come precise e puntuali, ma è più che noto (l’ultimo articolo in proposito è uscito online su  Nature il 31 ottobre) che sono invece imprecise e piuttosto raffazzonate. Generano mutazioni non desiderate nel DNA, mutazioni di cui si sa molto poco e su cui si fa ancora pochissima ricerca. E gli effetti possono essere molto negativi. Eppure la Commissione UE ha proposto di deregolamentare i prodotti NGT, esentandoli dalla normativa oggi in vigore per gli OGM, eliminando la tracciabilità, l’etichettature e la valutazione del rischio. Francesco Paniè, collaboratore della rivista Terra Nuova e ricercatore per il Centro Internazionale Crocevia, lo ha spiegato martedì 7 novembre ai microfoni di “Giù la maschera” su Rai Radio 1, in una intervista che ha messo in luce gli aspetti estremamente preoccupanti di un iter che la UE sta addirittura accelerando. E lo ha fatto riprendendo i contenuti della sua inchiesta sul tema, pubblicata sul numero di ottobre della rivista Terra Nuova.
«In questo modo si calpesta il principio di precauzione che finora l’Italia ha difeso e che sta per essere abbandonata dopo venticinque anni in un cambiamento che per l’Europa è epocale» ha spiegato Paniè.
«Ne faranno le spese i piccoli contadini, che oggi sono la spina dorsale dell’agricoltura italiana, tutta l’agricoltura biologica e perfino quella convenzionale che si fregia di essere libera da OGM. Insieme a loro, ne faranno le spese anche i consumatori, che non avranno più elementi per scegliere cosa mangiare».
NGT alleati del clima? Falso
«E non corrisponde certo al vero presentare queste biotecnologie come alleate della lotta al cambiamento climatico. Una molteplicità di geni collabora nel fornire alle piante resistenza a siccità e climi estremi, così come il contrasto agli insetti patogeni è possibile quando si pratica una agricoltura diversificata, ecologica, in armonia con gli ecosistemi. Non è modificando un pezzo di DNA che si generano piante capaci di resistere in climi aridi o piovosi. La resilienza e la capacità di adattamento c’è solo quando in campo c’è diversità genetica, consociazioni virtuose e cura del suolo. Le scorciatoie della biotecnologia non hanno mai aiutato in passato, né lo faranno questa volta. Crediamo invece che continueranno a fare quel che gli riesce meglio: concentrare il potere in mano a pochi soggetti che detengono i brevetti sui caratteri geneticamente modificati e alimentare un’agricoltura industriale fatta di monocolture» aggiunge Paniè.
Brevetti e cibo “di proprietà”
«Le associazioni di categoria si sono dette disponibili ad accettare la liberalizzazione dei nuovi OGM a patto che non vengano messi i brevetti sulle piante che gli venderanno le multinazionali. Ma questa è una cosa impossibile!» spiega ancora Paniè, «perché le invenzioni biotecnologiche sono brevettabili, a differenza degli organismi viventi. E ciò creerà solo problemi, rischiano di accorgersene quando sarà troppo tardi. Tutto sarà in mano alle multinazionali; gli OGM sono brevettabili e i brevetti danno la proprietà esclusiva dell’invenzione a chi la deposita per 20 anni. Con il rischio che gli agricoltori OGM free, oltre a subire la contaminazione nei loro campi, vengano portati in tribunale dalle imprese sementiere con l’accusa di violazione di un brevetto. Come Centro Internazionale Crocevia abbiamo calcolato quasi mille brevetti tra pendenti e già rilasciati su processi e prodotti delle New Genomic Techniques; 140 sono in mano alle 4 multinazionali che da sole coprono due terzi del mercato globale delle sementi: Bayer-Monsanto, Basf, Corteva e Syngenta. Molti degli altri sono brevetti su processi di manipolazione genetica sviluppati da centri di ricerca che però hanno stretto accordi di licenza multimilionari per cedere le tecnologie a queste quattro multinazionali. In pratica, c’è una comunità di intenti preoccupante tra parte del mondo scientifico e multinazionali agrochimiche, che rende difficile pensare a una indipendenza della ricerca favorevole alle NGT».
«Stiamo rinunciando alla possibilità di una moratoria nazionale, cosa che oggi è possibile anzi è esercitata dal 2015. In più, il ministro dell’agricoltura rischia di avallare una proposta europea che prevede che la Commissione Europea possa ridefinire tramite atti delegati nel futuro cosa è considerato un OGM, senza passare per una consultazione politica con gli stati membri. A parole si sbandiera la sovranità alimentare, nei fatti si sta per mettere nelle mani della UE la facoltà di cambiare le regole anche dopo che sono state approvate». 
Rischi per ambiente e salute
Paniè, nella sua inchiesta pubblicata sul mensile Terra Nuova, non ha poi mancato di approfondire il problema dei rischi per l’agricoltura e la salute.
«Gli impatti sull’agricoltura riguardano principalmente la contaminazione delle colture non OGM tramite l’impollinazione che avviene grazie agli agenti atmosferici e gli insetti. Per il biologico questo può significare la fine di tutto, perché si regge su una certificazione che vieta l’impiego di OGM nei campi. Infatti il tentativo in corso è di convincere le organizzazioni del bio ad allentare i loro disciplinari per includere questi nuovi OGM. Siccome i decisori politici sanno che non possono evitare la biocontaminazione, tentano di smantellare il biologico» spiega Paniè.
«Per la salute, il rischio è che le piante geneticamente modificate sviluppino, nella loro evoluzione, nuove tossine o allergeni, per via di effetti non voluti della manipolazione in laboratorio. Questi effetti non sono studiati a dovere e una deregolamentazione farà in modo che non vengano mai studiati. Praticamente, si scarica l’onere della prova di eventuali problemi sanitari sulle persone. 
Sì invece all’agricoltura su piccola scala libera da OGM
«L’agricoltura familiare oggi, secondo gli stessi dati della FAO, è quella che pur coltivando una quota minoritaria dei terreni arabili, sfama la maggioranza assoluta della popolazione mondiale» aggiunge ancora Paniè. «Senza bisogno di OGM. La stessa FAO ci dice che già oggi produciamo cibo sufficiente per tutti, semplicemente ne sprechiamo un terzo e lo distribuiamo in modo diseguale. Per questo la fame aumenta invece di diminuire. Sempre in ambito ONU, c’è una pubblicazione dell’UNEP, il programma ambientale dell’ONU, che dal 2018 mette le NGT tra le questioni emergenti di preoccupazione ambientale. C’è un dato che spiega come gli OGM siano un fallimento su tutta la linea: oggi nel mondo ci sono circa 190 milioni di ettari coltivati a OGM, su 5 miliardi di ettari superficie agricola disponibile. Quindi pochissimi. Sono coltivati con 4 colture: soia, mais, colza e cotone. La maggioranza assoluta va in mangimi per animali rinchiusi negli allevamenti intensivi. Non credo che si possa sostenere che gli OGM possono sfamare il pianeta. Piuttosto, alimentano un modello agroindustriale insostenibile. Inoltre, sono piante che hanno due sole caratteristiche: la resistenza agli erbicidi o la produzione di una tossina che dovrebbe uccidere gli insetti indesiderati. Il problema è che la resistenza agli erbicidi è già stata superata dall’evoluzione naturale, per cui oggi abbiamo super-erbacce infestanti che si sono adattate e resistono alla chimica, con il risultato che le aziende devono usarne sempre di più (come ci dicono le statistiche della FAO). Invece gli OGM che producono il proprio insetticida da soli, ammazzano anche insetti benefici per l’agricoltura, contribuendo alla distruzione della biodiversità. Non proprio un ottimo affare».
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