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Ogm liberi, gli Stati UE contro le nuove regole

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Sembra destinata ad avere vita breve la proposta di un nuovo regolamento della Commissione europea che lascia ai singoli Stati membri la possibilità di decidere se limitare o proibire l’uso di Ogm sul proprio territorio, anche se autorizzati a livello comunitario.
La soluzione avanzata dall’esecutivo europeo lo scorso 13 luglio al Consiglio dei ministri dell’Agricoltura dei 28 è stata sottoposta ad una raffica di pareri contrari, incluso quello dell’Italia (leggi anche “L’accordo c’è ma col tranello”). Dall’altra parte della barricata il commissario europeo alla Salute, Vytenis Andriukaitis, rimasto fermo fino all’ultimo sulle sue posizioni: «Non c’è un piano B, siamo pronti a discutere la proposta, ma dal nostro punto di vista si tratta di una soluzione bilanciata e proporzionata». Stando al dibattito di oggi però la stessa base giuridica della proposta dell’esecutivo Ue non convince nessuno e il leit motiv della maggioranza degli Stati membri è stato quello dei dubbi sulla compatibilità delle nuove norme con il mercato unico europeo, le regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio e accordi internazionali. A questo va aggiunta la richiesta, quasi unanime, di «un piano di valutazione d’impatto» del regolamento sul mercato europeo, oltre che della definizione d’uso degli Ogm e delle possibili motivazioni valide a livello legale per gli Stati membri per scegliere un opt-out rispetto all’import di biotech. A partire all’attacco è stata l’Austria, decisamente contraria agli Ogm, che ha definito la proposta dell’esecutivo Ue «indifendibile, tattica e rapida», a cui è seguita la Germania, secondo cui le nuove regole «sollevano più questioni di quante non ne risolvino». Non meno tenera è stata la Danimarca, che si è detta «estremamente scettica» al riguardo.   Anche l’Italia «non è d’accordo» ha detto l’ambasciatore Marco Peronaci, rappresentante permanente aggiunto d’Italia presso l’Ue. Durissima la Francia, che dopo aver definito la proposta «inutile e non praticabile», ha spiegato che il paradosso è che la nuova normativa, nata con l’obiettivo di risolvere uno stallo dei 28 a livello decisionale nel processo di autorizzazione degli Ogm, è riuscita invece a riunire «una grande maggioranza, ma contraria». «È tempo che ognuno si assuma sue responsabilità» ha ribattuto Andriukaitis, ricordando che con la procedura di autorizzazione attuale i Paesi Ue finora hanno avuto la possibilità di esprimersi per 67 pareri su cibi e mangimi Ogm, senza mai raggiungere una maggioranza qualificata, dando così la palla alla Commissione europea. Il tutto nonostante «l’Unione europea dipenda pesantemente dall’import di soia – al 90% Ogm – per i suoi allevamenti, che sono anche in Paesi contrari» al biotech, ha attaccato il commissario europeo alla Salute.  La partita non finisce qui: il prossimo round è previsto mercoledì prossimo all’Europarlamento, quando toccherà alla Commissione ambiente, salute e sicurezza alimentare discutere lo stesso dossier, orientato per ora ad una nuova bocciatura.
Mentre il commissario europeo alla salute, Vytenis Andriukaitis ripete che «non c’è un piano B», alcuni gruppi di eurodeputati (liberali, verdi, sinistra unitaria e quello euroscettico dei Cinque Stelle) hanno cercato di fare pressing perché invece una nuova proposta arrivi, visto che quella attuale non convince nessuno. A prevalere nel voto in commissione ambiente previsto il 12 ottobre prima e poi in quello della plenaria, probabilmente però sarà la maggioranza, costituita da popolari, socialisti e conservatori, che intende rigettare la proposta e basta.  «Il rischio è che si mantenga lo status quo – riferiscono fonti comunitarie – in cui i Paesi decidono di non decidere». Stati membri e eurodeputati esprimono gli stessi dubbi sul nuovo regolamento, relativi alla compatibilità delle nuove norme con il mercato unico europeo, le regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio e accordi internazionali, oltre all’assenza di possibili motivazioni chiare per un opt-out degli Stati membri. A questo si aggiunge la mancanza di una valutazione d’impatto e di chiarezza anche nella stessa definizione di cosa significhi «uso» degli ogm.  A rispondere al fuoco di fila degli eurodeputati Ladislao Miko, direttore generale della Commissione europea, che ha spiegato che una valutazione d’impatto «può essere realizzata solo quando si sa quanti Paesi intendono avvalersi dell’opt out, per quanti dei 67 ogm approvati e per quali territori, cosa che per ora non è chiara». I Paesi Ue finora hanno avuto la possibilità di esprimersi per 67 pareri su cibi e mangimi Ogm, senza mai raggiungere una maggioranza qualificata, dando così la palla alla Commissione europea. Nel frattempo il 90% della soia che l’Ue usa ogni anno per allevamenti e vacche da latte è già ogm.  La resa dei conti è prevista in autunno, con l’esecutivo Ue che rischia di ritrovarsi, ancora una volta, con il cerino in mano.

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