Un viaggio di ricerca per conoscere da vicino gli stili di vita e le forme di produzione agricola genuine, lungimiranti, coraggiose, costellato non solo di contadini e allevatori, ma anche di musicisti, scrittori, ricercatori, professori universitari, medici. Come tedofori dalle candele accese, le persone che abbiamo incontrato lavorano tutti i giorni in controtendenza all’opportunismo messo a sistema dal settore agroalimentare, ricreando spazi di libertà e autonomia….e dando a noi consumatori la possibilità di scegliere veramente cosa mangiare!
Chiedendo di raccontarci il loro rapporto con il cibo, con la terra, con i compaesani, con il passato, con i figli, abbiamo sperimentato in che modo l’Uomo dà concretezza al proprio senso di appartenenza: territorio, comunità, salute, e soprattuttatto ricerca della vera bellezza. Una
web-story già on-line, un film documentario in fase di montaggio, e uno spettacolo teatrale che da gennaio ha iniziato a girare l’Italia, sono le tre forme artistiche con cui stiamo raccontando tutte queste cose.
In viaggio tra campi di zucche, recinti di maiali e strade di campagna si può osservare come il senso di appartenenza sia fondamentale per vivere: quanto vi stiamo per riportare è l’incontro fatto ad Osimo (An) con Lorenzo Fiorenzi, tra il mercato e i campi.
Come ai tempi degli antichi romani che ne coniarono il nome, il Foro Boario di Osimo è un’area pubblica particolarmente suggestiva. Oggi ospita il mercato contadino e biologico e le iniziative di
SemInterrati, la rete nata nelle Marche dal movimento Genuino Clandestino.
Quando arriviamo, e fino a quando non ce ne andiamo almeno 7 ore dopo, piove a dirotto senza interruzioni: 60 millimetri d’acqua sono scrosciati, come scopriremo poi.
E’ il 10 ottobre e siamo al Foro per vivere in prima persona l’occasione del mercato, quello etico e sano dei contadini e piccoli trasformatori della zona che coltivano senza l’uso della chimica e preparano formaggi, confetture e panificati con le ricette della tradizione locale.
Incontriamo Fabrizio, calabrese, un narratore d’altri tempi, un affabulatore che tra aneddoti e sue riflessioni di vita ci racconta di come ci si puo innamorare delle diversità culturali se ci si riconosce nello spirito della terra. Parliamo con Mariano, verace cuoco marchigiano, lui ci descrive come i suoi piatti nascono dalla cultura del territorio, dove spesso povertà e intelligenza erano gli ingredienti base per ogni specialità. Conosciamo Michele, archeologo, un attivista di SemInterrati che avendo viaggiato molto, anche fuori dall’Europa, sottolinea come le nostre contraddizioni quotidiane, spinte da comportamenti consumistici, si siano globalizzate ovunque come merci. Michele collabora al progetto Radio Libera Risonanza, e cosi dopo le prime chiacchiere e la sensazione comune di sintonia, parte
una breve intervista sul progetto Viaggio Tra Terra e Cielo.
Costantemente al riparo dalla pioggia, incontriamo Lorenzo Fiorenzi e Caterina Giacco, genitori di tre meravigliose creature e sinceri contadini biologici. Ci ospiteranno per la nottata e ci accompagneranno l’indomani a visitare l’Azienda Agricola Madonna delle Api.
Il giorno successivo al mercato, come da tabella di marcia, si parte, Lorenzo ci porta tra i suoi campi coltivati, la serra, e poi tra gli animali, come fossero membri della famiglia. Conosciamo Franca (il maiale) e le strepitose capre a quattro corna, bestie rare al mondo, quasi mitiche!
“Con la terra ho cominciato da zero, completamente. Ho sempre vissuto in campagna e sono sempre stato attratto dalla natura selvaggia. Ho viaggiato tanto, sono stato due anni in giro per l’Africa e diverse volte in Sud-America. Cercavo la foresta. Quindi crescendo ho capito che mi piaceva tanto il contatto con la natura…anche il mare, ho fatto pure lo skipper! Poi è arrivata l’occasione di affittare queste terre e mi sono stabilito. Ho iniziato facendo tante stupidaggini ma chiedendo il più possibile agli anziani. Mi sono avvicinato alla permacultura poi al biodinamico. Ho fatto un mix di informazioni e da tutte le scuole di pensiero cerco tuttora di prendere ciò che funziona su questa terra argillosa.”
E proprio da una lunga osservazione che nasce in Lorenzo l’opinione che tra contadini si perda troppo tempo a competere, e troppo poco a collaborare.
“Il detto “l’erba del vicino è sempre più verde” purtroppo ha avuto molto appeal nelle Marche. Tutti qui sono invidiosi del lavoro altrui. Sembra una stupidaggine ma quello che ho visto è che si lavora sempre per essere migliori dei vicini, non per essere migliori di sé stessi, facendo un prodotto migliore dei propri precedenti. Perché c’è competizione e l’invidia ha fatto davvero parecchi danni: guardando sempre e solo alle produzioni altrui, facendo la corsa al trattore più grosso, si è snaturato il potenziale del territorio.”
“Questa competizione, questa invidia porta a non tenere da conto i metodi di produzione perché tutto ciò che conta è avere il frutto più grosso. E allora tutti giù a spargere prodotti fertilizzanti…poi vienimi a dire che quello del vicino è più buono del mio che è biologico, anche se più piccino!”
L’attività dell’Azienda Madonna delle Api, in linea con la condotta etica delle altre aziende incontrate in Viaggio Tra Terra e Cielo, vuole generare un movimento di dialogo tra produttori, di confronto produttivo.
Proprio tramite gli incontri con altri contadini, e grazie al forte senso di appartenenza che lo lega al territorio osimano, Lorenzo coltiva diversi ettari con ortaggi, grano, granoturco, canapa e frutta. Tutto rigorosamente biologico, con una forte preferenza per le sementi locali.
“La maggior parte dei semi sono antichi, ce li scambiamo tra contadini della zona. Hai mai sentito parlare del “pomodoro bistecca”? Delle bestie così!” dice Lorenzo allargando le mani e il sorriso. Si inoltra nella serra, alle spalle abbiamo la cittadina di Osimo inerpicata sulla collina, che dall’alto si staglia ed è bellissima. “A febbraio qui in serra c’è una temperatura di 15°, davvero non male, grazie al letame che fermenta da sotto. Tutte le piantine si trovano seminate sul plateau sopra: ho messo un migliaio di piantine, per l’orto estivo. Una bella soddisfazione!”.
In fondo alla serra vediamo cassette di pannocchie di granoturco colorato, piccoline e bellissime.
Lorenzo ha fatto qualcosa di quasi miracoloso con le pannocchie, salvando quei semi e la cultura della biodiversità che li accompagna dal macero e dall’oblio. Racconta così: “Madonna delle Api, la nostra azienda, collabora saltuariamente con degli studenti e ricercatori universitari di Ancona. Cinque o sei anni fa collaboravamo per cercare delle varietà di fagioli resistenti. Visto che mentre si lavora si parla anche, vengo a sapere che trent’anni fa un ragazzo fece una ricerca su tutte e quattro le province marchigiane. Andò da tantissimi contadini chiedendo informazioni sul granturco, facendo una catalogazione e una collezione incredibile dei vari semi. Nessuno però ha mai dato importanza a questa ricerca e stavano per buttare la collezione! Quindi sono intervenuto io dicendo “State bruciando una biblioteca enorme, non ci sono più semi così in giro! Ve lo do io un posto in cui buttare quei semi…nel mio campo!” Dunque abbiamo iniziato a selezionare questa infinita varietà di semi e ne ho tenute nove: “Otto file”, “Dieci file”, “Dodici file” nei colori rosso, arancione e giallo.
Ormai da 5 anni moltiplichiamo diverse varietà di granturco. Ogni anno seleziono il seme, poi li pianto con tempi separati. Piano piano ho selezionato le piante che si adattavano meglio a questa zona, che si ammalavano meno, e quest’anno sono arrivato a coltivarne un ettaro. I semi li mischio solo per fare la polenta, che fa paura da quanto è buona!”.
L’attenzione per la qualità e l’origine dei semi è di un’importanza centrale per l’attività agricola di Lorenzo, che afferma che “ci auto-riproduciamo tutto, i semi sono tutti nostri, e così sappiamo tutto: la materia viva con la quale lavoriamo, le caratteristiche della pianta, che negli anni si adatta a questo specifico territorio”.
Forse noi consumatori spesso distratti facciamo fatica a capire il senso di tutti questi sforzi per salvare i semi antichi, per comprendere questa tenacia che non deve essere confusa con ottusità. Da frequentatori di supermercato quali la maggior parte di noi è, è difficile comprendere appieno perché è fondamentale coltivare varietà diverse di frutta e verdura.
La parola “biodiversità” è stata svuotata di senso da operazioni commerciali, da politiche nazionali ed europee non sempre lungimiranti e da kermesse internazionali che, spettacolarizzando il cibo, ne mistificano il valore letteralmente vitale, riducendolo ad oggetto di consumo.
Invece, e lo testimoniano con saggezza i contadini etici che abbiamo incontrato, e tutti quelli che in Italia fanno agricoltura sana e rispettosa dell’ambiente, siamo ancora in tempo per ridare lustro al concetto di “biodiversità”: ricordiamoci che il territorio nazionale è spontaneamente ricco e vario di piante, e che gli unici che salvaguardano il patrimonio commestibile sono i contadini che salvano i semi e li riproducono.
Come fa Lorenzo, che quando parlava di sementi autoctone ai primi incontri con i colleghi contadini…”mi davano del matto! Contadini e agricoltori come te che ti guardano e ti chiedono che senso abbia produrre con costi in più. E io che sbigottito rispondevo che il senso sta tutto nell’avere degli ortaggi sani, buoni, locali, che hanno il sapore della nostra terra. Perché dobbiamo mangiare tutti lo stesso tipo di pomodoro, quando ogni zona può coltivare e consumare il proprio, salvandolo dall’estinzione?”
Per fortuna – per noi consumatori, per l’ambiente e per i contadini – un movimento di produttori consapevoli e radicati sul territorio, insieme a buone pratiche logicamente-bio, ha cominciato a sviluppare una rete e a proporre mercati ed iniziative. Il manifestarsi della necessarietà del senso d’appartenenza! Ad Osimo c’è la rete di SemInterrati, che Lorenzo racconta così: “Oggi siamo più organizzati, facciamo rete, siamo in tanti a credere che sia possibile coltivare rispettando la terra in questa maniera. La comunità può rispondere a problemi che il singolo non può risolvere, in un sistema agricolo e sociale come quello di oggi. Costituendoci in un sistema coerente ai nostri principi, possiamo ricevere risposte a dubbi, problemi e mancanze. Vi faccio l’esempio del vivaio: dà molta sicurezza sapere che la comunità si può organizzare per scambiarsi piantine che vengono da semi “liberi”, cioè non modificati geneticamente né ibridi né trattati. Dà sicurezza perché chi cura il vivaio, membro della comunità, lo fa per tutti ma anche per sé e la sua famiglia, e questa è per tutti una garanzia di qualità.”
La voce di Lorenzo, nel suo marchigiano profondo, continua: “Non siamo tanti. Prima dell’esperienza di SemInterrati, dunque prima di un anno fa, eravamo tutti isolati e ti sentivi un po’ solo. Purtroppo non c’è tanta gente che ha una visione della campagna come la si realizza nel circuito delle reti di Genuino Clandestino. Costituire la rete locale a Osimo, è stato un forte collante, anche a livello interiore, psicologico e mentale. Ti dà forza pensare che non sei solo, che ci sono altre decine di contadini che coltivano come te.”
“Anche noi contadini stiamo male, ci ammaliamo, ci incupiamo. Ce lo chiediamo anche noi “perché?!”. Tutto questo lavoro non lo fai per te, lo fai per gli altri, e a volte è dura. Ma poi vedi che serve e che funziona e ti gratifichi, ti senti bene. Quindi veramente capisci che ciò che fai ha senso. Per questo è importante la comunità, perché dà senso al singolo.”
Alla sera, quando i bambini dormono, noi ci ritroviamo seduti in cerchio a rievocare le avventure di quando si era ragazzini, e a ricordare che le grandi imprese non appartengono solo al passato! Nasce spontanea una riflessione sul senso dello stare insieme.
Siamo consapevoli che è nella relazione con l’altro che diamo senso alla nostra esistenza eppure oggi qualcosa è profondamente cambiato nella natura delle relazioni umane: strumentalizzazione e individualismo sembrano aver spazzato via l’antica sapienza della condivisione e della collettività. La fame e la sete sono problemi che riguardano anche noi, nel nostro occidente così opulento, perche oggi più che mai c’è una gran sete di incontri sinceri e una fame di sentirsi appartenenti, ad una comunità e all’ambiente.
Eroicamente, tanti piccoli contadini sparsi per il mondo lavorano la terra per preservare tutto quel buono che l’agroindustria e noi consumatori inconsapevoli e voraci, stiamo disgregando. La grandezza di questi piccoli contadini sta nelle radici profonde dei loro saperi e nell’ottimismo con il quale difendono il futuro di tutti. Il lavoro da fare è tanto ma questo popolo contadino ci sta aprendo una via, tutta da percorrere, insieme.
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