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Vino: la truffa dei solfiti dichiarati

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A proposito del trafiletto “Il vino e i solfiti” pubblicato sul numero di luglio/agosto (pag. 5), vorrei dire che il problema solfiti non riguarda solo il bio, riguarda tutti i vini.
L’aggiunta di solforosa al vino, fatta durante la fermentazione, poi durante l’affinamento e soprattutto all’atto del confezionamento (bottiglia, brik o damigiana) è necessaria per la buona evoluzione e conservazione del vino, ma dipende in modo deciso dalla modalità di conduzione del vigneto. Esistono vari produttori biodinamici, biologici o in agricoltura mista che usano pochissima solforosa o non aggiungono affatto. […] Anche i produttori tradizionali, di alto livello qualitativo, usano oggi sempre meno chimica nel vigneto e meno SO2 in cantina.
In generale meglio è gestito il vigneto, meno uva viene fatta per pianta; più è completa la maturazione delle uve, maggiore è la selezione delle uve, migliore è pulizia in cantina  ecc., meno serve la SO2 . Tutto questo però costa lavoro, costa minore produzione per ettaro, quindi denaro. La conseguenza è che i “vini buoni” sono in genere con poca solforosa, i vini mediocri, per consumo di massa (brik ecc.) a basso costo, bio o no, sono spesso molto carichi di SO2. Trovo di conseguenza una “truffa” a tutti i consumatori la scritta, oggi obbligatoria su tutte le bottiglie di vino : “contiene solfiti”. Se fosse indicata la quantità di solforosa presente all’atto dell’imbottigliamento, molti dei vini a basso costo (e non solo) avrebbero seri problemi di vendita. Questo spiega bene perché non è indicata la quantità in etichetta! 
Roberto (Roma)

Roberto si occupa a livello professionale di vino da 11 anni. Lo ringraziamo per la sua condivisione.

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