È solo una sorta di nostalgia, o è un sentimento più profondo quello che spinge ogni anno centinaia di migliaia di persone a cercare un’esperienza agricola con cui confrontarsi, crescere, imparare qualcosa di più dalla vita? Se ci pensiamo bene, non siamo tutti un po’ orfani della terra e della civiltà contadina? Se l’agricoltura industriale ha estromesso gli esseri umani dalle campagne e ci ha allontanati dall’attività primaria è del tutto normale la voglia di viaggiare si intrecci con quella di tornare alla terra, per costruire relazioni sane e dare un senso alla nostra vita tornando a produrre almeno un po’ del cibo che ogni giorno consumiamo.
Sono ormai passati cinquantadue anni da quando iniziarono le prime esperienze WWOOF in Inghilterra. L’acronimo che sta ad indicare Worldwide Opportunities on Organic Farms, opportunità di scambio e relazione all’interno di fattorie e aziende biologiche di tutto il globo. In questa formula c’è l’incontro tra due bisogni fondamentali, quello di fare un’esperienza di viaggio e quello di condividere fatiche e passioni, all’interno di fattorie inclusive e aperte al mondo tra campi coltivati, orti familiari o animali al pascolo. Questo incontro possiamo prepararlo al meglio grazie a una solida rete di contatti selezionati da chi vive sul territorio e dalle rispettive associazioni nazionali. Contatti che vengono resi disponibili attraverso un’agevole piattaforma online. È così che una comunità di più di centomila persone, tra cui moltissimi giovani, possono immergersi nella vita quotidiana di oltre dodicimila realtà rurali (host) che coltivano con i metodi naturali. Durante il loro soggiorno i viaggiatori, chiamati comunemente con l’appellativo di wwoofer, ricevono vitto e alloggio gratuito e si rimboccano le maniche prestando il proprio servizio, che rimane libero e volontario, all’interno della realtà agricola.
Comunità globale e reti locali
Fare “wwofing” non significa lavorare, quanto piuttosto partecipare un’esperienza educativa, aver voglia di mettersi in gioco e rendersi utile. Non ci sono obblighi di produttività, nessuna subordinazione o gerarchia, e nessuna retribuzione. L’intento è quello di promuovere uno scambio educativo e costruire una comunità globale consapevole delle pratiche agricole ecologiche. Le varie associazioni nazionali, tra cui quella italiana, si occupano proprio di garantire questo tipo di rapporto con trasparenza: l’effettivo esercizio di pratiche agricole e sociali sostenibili da parte degli host, e lo spirito mutualistico e non monetario del rapporto di scambio.
Dal 3 al 5 marzo a Villa Prelato (Fano) si è tenuta l’assemblea nazionale di Wwoof Italia. Oltre a promuovere e a gestire diversi progetti ambientali e di promozione sociale l’associazione italiana garantisce ai soci volontari la copertura assicurativa dei rischi connessi alla loro attività nei centri educativi gestiti dagli host. A settembre è invece prevista la riunione mondiale in Canada, in cui si celebra il decimo anniversario dalla fondazione della Federazione delle Organizzazioni WWOOF (FoWO). Una realtà nata nel 2013, come organizzazione democratica che costituisce il quadro di riferimento per tutti i WOOF presenti in ogni continente in circa 130 nazioni, dall’Estremo Oriente all’America Latina. La federazione si occupa di dare un indirizzo generale e mette a disposizione una piattaforma internet comune, che consente ai viaggiatori di trovare e contattare gli host. Il sistema funziona come una mappa per dialogare con gli agricoltori biologici, capirne le esigenze e le caratteristiche. Alla consultazione potrà seguire il contatto diretto per accordarsi su tutti i dettagli operativi. Per aderire è richiesta l’iscrizione all’associazione nazionale di riferimento (la tessera in Italia costa 35€) in modo da ottenere anche la copertura assicurativa. L’iscrizione dei Soci Viaggiatori dura un anno a partire dal giorno dell’iscrizione, al termine del quale può essere rinnovata entro sei mesi dalla scadenza.
La costruzione di relazioni e comunità sostenibili
Il nostro contatto di riferimento per Wwoof Italia è Claudio Pozzi, da diversi anni impegnato a tirare le fila dell’associazione e a garantire un suo profilo partecipativo e progettuale. “Il 2023 sembra essere un anno di bilanci” racconta. “Abbiamo attraversato anni di forti trasformazioni, a cui il mondo dei Woofer, al di là delle differenze nazionali, sembra rispondere bene. La federazione internazionale costituitasi nel 2013 si sta consolidando sempre più ed è stato fatto un grosso sforzo per creare un database condiviso tra tutte le associazioni nazionali. Oggi abbiamo una piattaforma internet comune su cui tutti i Paesi stanno convergendo. L’Italia l’ha già fatto”. Pozzi sottolinea anche un’importante passaggio culturale: se negli anni addietro l’esperienza veniva venduta come vitto e alloggio in cambio di lavoro, ora si dà maggiore risalto alle relazioni di scambio per la costruzione di una comunità sostenibile, un approccio a cui la rete italiana ha dato un contributo decisivo.
“A noi è sempre interessato che tutti gli interessati a viaggiare sappiano di aderire a un associazione con dei principi e delle regole” prosegue. “I viaggiatori e gli host devono approvare i valori di fondo, con l’intenzione di condividere per un certo periodo l’esperienza, lo stile di vita e l’attività quotidiana all’interno della rete. È un processo da tenere sotto controllo. Attorno al 2015 le adesioni stavano aumentando troppo avevamo cercato persino di mettere qualche barriera, per rendere difficile l’iscrizione con un solo click. Al di là del vitto e alloggio gratuito, l’obiettivo è quello di creare una rete di supporto sul territorio. Non c’è un vincolo contrattuale di lavoro, né uno scambio di mano d’opera o di servizi. La partecipazione prevede la disponibilità a mettersi in gioco e a confrontarsi tra i diversi bisogni.
Lo scorso anno in Italia ci sono stati circa seimila woofer in giro per le realtà agricole. Molti di loro sono giovani stranieri, che cercano il loro modo di aprirsi al mondo con responsabilità. Ma non ci sono limiti di età, tant’è che si contano diversi volontari italiani di lungo corso. “Molte persone si iscrivono per formarsi e per diventare a loro volta agricoltori, altri girano da luogo a luogo come stile di vita” dice Claudio Pozzi. “Ci sono giovani che non hanno ancora trovato una dimensione lavorativa soddisfacente, ma anche ultracinquantenni usciti dal mercato del lavoro che cercano di vivere con dignità mettendo in gioco le proprie competenze”.
Conoscere gli host
Come si trova la realtà che fa al caso nostro? Il primo filtro che l’associazione consiglia di adottare, è quello temporale. La piattaforma permette di scartare gli host che sono già al completo e non possono ospitare in un dato periodo. Successivamente si potranno applicare altri filtri per scegliere in base al luogo di interesse o al tipo di conduzione agricola o familiare, perché ciò che si va condividere è anche la progettualità delle persone.
Anche sul lato dei soggetti ospitanti ci sono criteri e impegni precisi. Possono iscriversi alla rete tutti quei soggetti che svolgono un’attività agricola a carattere familiare, professionale o comunitario, con uno stile di vita coerente con lo statuto ed i valori di Woof Italia, rendendosi disponibili allo svolgimento delle attività e compiti educativi, di gestione, promozione e accoglienza. Per quanto riguarda il metodo agricolo il “biologico” all’interno della rete Woof italiana non è stato mai legato in modo stretto alla certificazione. “Per noi la certificazione è il rispetto di uno standard minimo” spiega Claudio Pozzi. “Guardiamo a un tipo di agricoltura più evoluta, dalla biodinamica alla permacultura, ai metodi rigenerativi. Se facciamo le verifiche? Il tutto si basa sulla fiducia e sulla trasparenza. Le migliaia di volontari per noi sono i migliori controllori”.
Non basta però essere dei semplici produttori. Tutti gli host per statuto si costituiscono in Centri Educativi. Ciò sta a significare che aprono i loro spazi di vita e di lavoro allo scambio umano, culturale, di competenze e di pratiche. L’associazione italiana si avvale di coordinatori locali, soci come altri che si mettono a disposizione per accogliere nuovi host. Nella Penisola ce ne sono circa una quarantina in tutto, divisi nelle varie regioni italiane, anche se non in modo omogeneo, con una prevalenza in regioni come la Toscana e la Sicilia. Nel tempo Woof Italia ha portato avanti diversi progetti. Ad esempio il finanziamento di impianto di alberi a mo’ di risarcimento simbolico dall’impatto dei viaggi aerei dei viaggi di volontari ma anche Un Albero nel Cuore per ripiantumare piante autoctone in Sicilia, o l’allestimento del software di Ammappalitalia da cui si è sviluppato il progetto VieWWOOF, per collegare le fattorie Wwoof italiane, creando una rete di vie di comunicazione da percorrere a piedi o in bici, trovando ospitalità nelle soste o mete del viaggio.
Sul sito di Woof Italia ci balza all’occhio anche una lista di host che non fanno uso di internet. Non è una nota di “folklore” ma una scelta di un approccio umano più “analogico”, meno digitale. È quella che il nostro Claudio Pozzi definisce “una presenza storica della compagine associativa e che purtroppo non riusciamo a valorizzare quanto vorremmo. Persone che partecipano regolarmente alle riunioni o che vivono lo scarto generazionale, ma a cui crediamo sia importante riuscire a dar voce”.
Indirizzi
www.wwof.net portale della Federazione internazionale con la mappa che reindirizza a tutti gli host e ai paesi del mondo inseriti nella rete
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L’articolo è tratto dal numero di marzo della rivista Terra Nuova e lo condividiamo con piacere anche con chi ci segue sul web.
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