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Aspartame: le ragioni del no

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L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha assolto il controverso dolcificante artificiale aspartame, ritenendo infondati i dubbi espressi dalla prestigiosa Fondazione Europea Ramazzini sulla sua sicurezza (vedi «Aspartame: un’epidemia senza clamore» su Aam Terra Nuova di dicembre 2005). La stampa e le associazioni dei consumatori si sono affrettate a diffondere questo messaggio tranquillizzante, trascurando però di riportare la replica di chi ha condotto lo studio più scrupoloso mai eseguito su uno dei più diffusi dolcificanti artificiali. Ci abbiamo pensato noi, interpellando direttamente il direttore scientifico della Fondazione, il dottor Morando Soffritti.
Dottor Soffritti, vorrei rivedere con lei punto per punto quelli che l’Efsa definisce «problemi che hanno reso difficile l’interpretazione dei risultati» del vostro studio. Leggo il primo punto del loro comunicato stampa: «Il leggero incremento dell’incidenza dei tumori noti come linfomi e leucemie osservato nei ratti trattati è stato ritenuto non correlato all’aspartame e molto probabilmente attribuibile all’elevata incidenza di fondo di alterazioni infiammatorie ai polmoni. Inoltre, non è stata rilevata una correlazione tra dose e risposta relativa all’incremento delle dosi di aspartame». Lei cosa risponde?
Bisogna innanzitutto considerare che la nostra Fondazione conduce i propri esperimenti su roditori che vengono lasciati in vita fino a morte naturale e l’infiammazione polmonare cronica è comune nella fase terminale. È consuetudine, soprattutto fra i consulenti dell’industria, correlare le infezioni da virus e batteri con l’insorgenza di tumori negli animali sperimentali; sta di fatto che, anche in questo caso, nei gruppi di animali che avevano assunto aspartame a varie concentrazioni, è stata registrata un’incidenza statisticamente significativa di linfomi e leucemie. Ricordo che l’incidenza dei linfomi e leucemie nei gruppi trattati variava dal 25% al 19%, rispetto all’8,7% nel gruppo di controllo.
Il secondo punto del comunicato dell’Efsa è il seguente: «I risultati relativi a rene, uretere e vescica, osservati soprattutto nei ratti di sesso femminile, non sono specifici dell’aspartame e sono stati osservati nella somministrazione ai ratti di molte altre sostanze chimiche a dosi elevate. Queste modificazioni sono generalmente il risultato di una lieve irritazione o di squilibri nel metabolismo del calcio, specifici del ratto e privi di rilevanza per l’uomo».
Anche in questo caso si tratta di una sorta di orpello dialettico. Innanzitutto, il fatto che l’insorgenza di tali tumori sia stata indotta sperimentalmente anche con altre sostanze chimiche, rafforza ulteriormente il significato biologico dell’effetto dell’aspartame riscontrato nel nostro studio. Inoltre, per quanto riguarda l’opinione che i tumori renali da noi osservati dipendano da un’alterazione dell’equilibrio metabolico del calcio, si deve tenere presente, come abbiamo riportato nelle nostre pubblicazioni scientifiche, che queste lesioni neoplastiche e preneoplastiche renali erano presenti anche in assenza di depositi di calcio e di lesioni infiammatorie.
Sempre secondo l’osservazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare: «Il numero di tumori maligni a carico dei nervi periferici era basso e non è rilevabile un chiaro legame dose-risposta in caso di variazioni di dosaggio elevate. Vi è anche incertezza riguardo la diagnosi di tali tumori».
Non avendo gli esperti dell’Efsa osservato i nostri preparati, non so come possano parlare di incertezza. Anche questa è un’ipotesi che dovrebbe essere dimostrata. Seconda cosa,la significatività è correlata all’effetto dose risposta, che è certamente un dato importantissimo nella valutazione del rischio, molto di più di quanto non sia la differenza statisticamente significativa di un gruppo trattato rispetto al gruppo di controllo.
Quindi siamo alle solite: uno studio di un prestigioso ente di ricerca, uno dei pochi ancora indipendenti, sottolinea la tossicità di un dolcificante diffusissimo e viene contestato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare che in teoria dovrebbe tutelare gli interessi del pubblico, ma che in pratica sembra curare sempre più spesso gli interessi dei gruppi industriali. A nostro avviso in questi casi ci si dimentica sempre del famoso principio di «precauzione» che tra l’altro eviterebbe il ricorso ai crudeli esperimenti sugli animali. Quando ci sono dei sospetti di tossicità su una sostanza questa dev’essere immediatamente bandita dal mercato fino a che non venga provata la sua innocuità. È così che dovrebbe funzionare ogni sistema credibile di tutela dei consumatori, tutto il resto è solo sollevare polvere per non fare veder bene cosa c’è all’orizzonte.
di Nicholas Bawtree

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