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Come difenderci dall’eccesso di cibo. Intervista a Gabriele Bindi

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Il cibo è ovunque, celebrato, esaltato, ritualizzato, confidiamo anche gustato. Come difendersi dall’eccesso di cibo? Ce lo spiega Gabriele Bindi, autore di  Il cibo ribelle (Terra Nuova edizioni) in questa intervista realizzata da Isabella Vendrame per Veggie Channel.
Come difenderci dall’eccesso di cibo. Intervista a Gabriele Bindi
Il cibo è ovunque, celebrato, esaltato, ritualizzato, confidiamo anche gustato. Come difendersi dall’eccesso di cibo? Ce lo spiega Gabriele Bindi, autore di  Il cibo ribelle (Terra Nuova edizioni) in questa intervista realizzata da Isabella Vendrame per Veggie Channel.
Come difendersi da questa continua, esasperata sovraesposizione di cibo ovunque, dall’eccesso di cibo?
Quando mi sono messo a scrivere il libro  “Il cibo ribelle”non potevo non affrontare questo tema ed è stato proprio l’aggancio. La domanda centrale era: perché un nuovo libro sul cibo, perché dovremmo parlare ancora di cibo? Non se ne parla già abbastanza? La risposta me la sono data: sì, se ne parla anche troppo di cibo. Il cibo è costantemente scodellato davanti al nostro sguardo, cattura la nostra attenzione sui principali canali televisivi, su tutte le reti, su internet. Siamo tempestati di messaggi che riguardano il cibo, le diete, fino a farla diventare anche una vera e propria ossessione. Ma quello che mi spaventa maggiormente è questa tendenza, comunque a ritualizzare il cibo non modo esagerato, in modo sovraesposto. Una continua sovraesposizione del cibo che è fatta in realtà di artifici, di manipolazione della realtà. 

Quando in una pubblicità vediamo un famoso attore che raccoglie la farina tra le mani per far vedere quello che vuol dire la macinazione a pietra, in realtà molti di noi non si sono accorti che quello che stavamo vedendo non era un mulino ma era un frantoio. Cosa ci dice? Ci dice che c’è questo ricorso all’artificio, a volte anche un po’ grossolano. Per cui si vuole trasmettere un’idea di naturalezza, di genuinità, di creatività del cibo, tutto quello che vogliamo, e poi il cibo non lo conosciamo.

Vediamo piatti continuamente, ricette, reality, trasmissioni televisive. Andiamo in libreria e probabilmente andiamo anche ad acquistare o consultare ormai sezioni enormi e grandissime di libri. Ma come dici tu, il cibo non lo conosciamo. E facilmente ci lasciamo fare lo sgambetto dall’industria alimentare poi.
Sì, usando tra l’altro degli artifici, dei mezzi che vanno a toccare i tasti sensibili: la nostra ricerca di naturalezza, la ricerca di cibo sano. Quello che stavo dicendo prima rispetto ai mulini, che sono per me un motore centrale di questa riscoperta del cibo ribelle, non siamo più vicini a chi produce. Non sappiamo distinguere un mulino del frantoio, non sappiamo distinguere una mela da una pera e pensiamo che le fragole crescono sugli alberi. Questo riguarda ovviamente l’educazione rispetto al cibo. Quella che forse la mia generazione ha continuato a vedere: i nonni che coltivavano, cosa vuol dire coltivare un prodotto.
Qual è il vero cibo autentico?
Intanto è un cibo che possiamo produrre da noi, possiamo coltivare o comunque un cibo che possiamo cucinare da noi. È un cibo che si manifesta nella sua semplicità. Il problema dell’artificio che stavo dicendo è il voler sempre camuffare un prodotto che di fatto è sempre più povero. Abbiamo impoverito la nostra tavola. Faccio un esempio specifico: si coltivano poche varietà di grano oggi, mentre ne abbiamo un’infinità. Per fortuna c’è anche una riscoperta di antiche varietà e di prodotti diversi. Però di fronte a questa “pochezza” poi dobbiamo insaporire tutto quel grano che non sa più di niente, la pasta che non ha sapore. La stessa cosa vale, non solo con i cereali, ma vale anche con la frutta che si riduce ad acqua e zucchero. Non siamo abituati nemmeno a percepire i sapori per quello che ci possono regalare, per quello che ci possono dare anche in termini di salute. Perché un determinato sapore corrisponde anche a un messaggio, ad un’informazione, corrisponde anche ad una diversità di principi nutritivi, che poi va a dare anche lo spessore e anche la ricchezza al nostro microbiota intestinale. Quindi il messaggio da parte mia è quella di riscoprire davvero cosa vuol dire coltivare e quindi coltivare anche varietà nel campo. Avere anche inventiva nella cucina a casa e quindi non “appiattirsi”…
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