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Cosa mangiare dopo Fukushima?

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Con l’ultimo incidente alla centrale nucleare in Giappone, si ripropone il problema della contaminazione attraverso gli agenti atmosferici e il cibo. Ecco alcuni semplici consigli per difendersi dall’inquinamento radioattivo, evitando al contempo inutili allarmismi.
Ci ha messo un po’ di tempo, ma poi la nube di Fukushima è arrivata anche in Italia, compiendo in pochi giorni il giro del Pianeta. Spinta dai venti, ha attraversato il Pacifico, sorvolato la California, dove è stata intercettata tra il 18 e il 22 marzo, attraversato l’Atlantico e infine è approdata in Europa.
Le prime tracce di radioattività in Italia sono state rilevate tra il 23 marzo e il 2 aprile. I dati resi pubblici sono abbastanza rassicuranti: secondo gli esperti si tratta di una contaminazione 10 mila volte inferiore a quella causati dall’incidente di Chernobyl, e pertanto non rilevante dal punto di vista radiologico e tale da non rappresentare alcun rischio di tipo sanitario. Possiamo dunque stare tranquilli? La contaminazione radioattiva, anche se infinitesimale, è comunque una forma d’inquinamento difficilmente quantificabile. Essa coinvolge tutti gli esseri viventi e tutto ciò che è indispensabile alla loro vita sulla Terra: il suolo, le acque e anche l’ecosistema marino.

E se da una parte è bene evitare ogni allarmismo, dall’altra non è male ricorrere anche nell’alimentazione a qualche precauzione in grado di rinforzare le difese dell’organismo nei confronti dei radionuclidi. Oltre a non consumare direttamente prodotti alimentari di provenienza recente dal Giappone (pesce, crostacei, soia ecc.), vediamo in che modo la dieta può aiutarci a contenere al minimo i rischi.

Testimonianze che arrivano da lontano
A questo proposito ci sembra significativo quanto affermato da Michio e Aveline Kushi circa le proprietà di alcuni alimenti, tipici della cucina orientale nella cura delle conseguenze prodotte da una esposizione a radiazioni. Nel suo libro La dieta per la prevenzione del cancro, Michio Kushi racconta che nel 1945, all’epoca del lancio della bomba atomica su Nagasaki, il dipartimento di medicina interna del St. Francis Hospital della città, era diretto dal dottor Tatsuichiro Akizuki. La maggior parte dei degenti dell’ospedale, situato a circa un miglio dal centro dell’esplosione, sopravvissuta agli effetti devastanti della bomba atomica, cominciò presto a manifestare sintomi di malessere legato alla radioattività rilasciata dall’esplosione.
Il dottor Akizuki iniziò a curare i propri pazienti somministrando loro alimenti tipici della dieta macrobiotica, come miso, riso integrale, tamari, alghe wakame e altri tipi di alghe marine, zucche Hokkaido e sale marino integrale. Proibì invece l’uso di zucchero raffinato e altri dolci e dolcificanti. Nel suo ospedale, il dottor Akizuki riuscì a salvare tutti, mentre molti altri abitanti della zona morirono a causa delle radiazioni…

Sempre nell’articolo:

>> Il beneficio delle alghe

>> Le alghe consigliate: kombu, nori, dulse

>> Come ci aiutano a difenderci dalla reattività grazie alla fucoidina, allo iodio e all’alginato di sodio

>> L’Alga Klamath che arriva dall’Oregon

>> L’azione contro i radicali liberi e le radiazioni

>> Gli effetti del miso

>> La macrobiotica ricordando Hiroshima e Nagasaki

>> Miso: eliminazione naturale di metalli pesanti e scorie radioattive

>> Altri alimenti utili per contrastare le radiazioni

>> Attenzione alla provenienza

>> Spazio alle ricette:
– Orecchiette integrali piccanti con ciliegini, capperi e nori
– Zuppa di miso
– Insalata di riso estiva con verdure e dulse
– Infuso di Kombu

La descrizione completa dell’articolo è disponibile nel numero cartaceo di  Terra Nuova – Maggio 2011 in vendita anche nella versione eBook.

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