Vai al contenuto della pagina

Dove sono finiti i sali minerali?

homepage h2

Una nuova ricerca inglese lancia l’allarme sull’impoverimento nutrizionale di carne e latticini.
Negli ultimi sessant’anni si è verificato un crollo nella presenza di elementi nutritivi di carne e formaggi: a lanciare l’allarme è la Food Commission, organismo inglese di controllo della qualità dei cibi, che già un anno fa aveva segnalato la diminuzione del 20% dei sali minerali in frutta e verdura. L’autore della ricerca, David Thomas, ha comparato i dati delle analisi di carne e prodotti caseari relativi agli anni ‘30 (pubblicati nel 1940 da McCance & Widdowson) con quelli governativi del 2002. Risultati sorprendenti Le conclusioni dello studio, come potete osservare nelle due tabelle, sono allarmanti: prendendo in esame quindici diversi tipi di carne, Thomas ha verificato un crollo medio nelle percentuali di ferro del 47%, con picchi dell’80%. Il contenuto di ferro nel latte è diminuito di più del 60% e per quanto riguarda la panna e otto tipi di formaggio la perdita è di più del 50%. Solo la perdita di calcio nel latte è stata lieve, mentre nei formaggi fa registrare una media del 15%. Anche i contenuti di rame e magnesio, essenziali per il funzionamento degli enzimi, presentano una riduzione nelle carni (rispettivamente 10% e 60%) e nei prodotti caseari (25% e 90%). Nessuno ha ancora provato a spiegare il dato relativo al parmigiano, che avrebbe perso il 70% del calcio e del magnesio. Il direttore del consorzio del parmigiano, Leo Bertozzi, commenta: «Il nostro metodo di produrre il formaggio non è cambiato, ma il latte del 1940 non era la stessa cosa del latte di oggi. Oggi le mucche producono cinque o sei volte di più e il loro mangime è diverso, con i cereali e la soia aggiunti al fieno. Ma trovo comunque sorprendenti questi risultati».
analisi per i sali minerali facili da applicare» spiega il direttore Tim Lobstein. «È quasi impossibile che i metodi di misurazione siano cambiati tanto da spiegare l’enorme differenza riscontrata negli alimenti a distanza di sessant’anni; mentre è risaputo che l’agricoltura convenzionale impoverisce il terreno e d’altra parte i fertilizzanti chimici non sono in grado di restituire al suolo l’ampia gamma di elementi nutritivi di cui hanno bisogno gli esseri umani e le piante». Biologico è meglio La Soil Association, la principale organizzazione inglese per la certificazione del biologico, avverte: «Oggi si presta poca attenzione alla vitalità del suolo. Mantenere vitale la popolazione di microorganismi è fondamentale». Robin Maynard, dirigente della Soil Association, aggiunge: «Solo l’anno scorso una ricerca dell’Università di Newcastle ha confermato che il latte prodotto dalle mucche allevate biologicamente con tiene il 50% in più di vitamina E, il 75% in più di beta carotene e da due a tre volte in più di antiossidanti». Attualmente abbiamo un’aspettativa di vita più lunga e, almeno nel nord del mondo, un’elevata quantità di cibo: dovremmo allora essere preoccupati per il decadimento del valore nutrizionale degli alimenti? Certamente sì. I sali minerali e i microelementi hanno un ruolo determinante per la salute psicofisica e il consumo di massa di prodotti alimentari provenienti dal l’industria rischia di creare una popolazione sovralimentata, ma allo stesso tempo malnutrita.

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!