Il 25 ottobre è una data che le associazioni dei produttori dell’industria alimentare convenzionale hanno scelto per il World Pasta Day. La pasta è un alimento molto presente in Italia, ma se la si sceglie al posto dei cereali integrali in chicchi, allora che sia biologica e prodotta con grani che rispettano la biodiversità e la ricchezza delle varietà.
Un piatto di pasta per nutrire il pianeta: è lo slogan utilizzato dai produttori dell’industria alimentare convenzionale, Aidepi (Associazione Industrie Dolce e Pasta Italiane) e IPO (International Pasta Organisation), per promuovere il
World Pasta Day, che è arrivato alla diciannovesima edizione. Pur essendo la pasta un alimento tipicamente italiano, oggi solo 1 piatto su 4 nel mondo è prodotto da pastifici italiani e ci sembra un dato sul quale riflettere. Così come riteniamo “significativo” il fatto che quest’anno i “festeggiamenti” si terranno a San Paolo del Brasile, città alla quale spetta nel 2017 la “corona” di capitale della pasta.
Facciamoci dunque una domanda: quanto è italiana la pasta che mangiamo?
Quelle navi cargo cariche di grano in attesa di attraccare nei nostri porti sono l’immagine evidente di una disfunzione prima di tutto economica. Le importazioni di grano da Canada, Turchia, Ucraina sono in costante aumento, favorite da leggi che agevolano il commercio a dazio zero senza riguardo per i nostri produttori.
Il primo risultato è che dietro un pacco di pasta non ci sono più le nostre colline, i paesaggi del Meridione, non c’è il lavoro dei nostri agricoltori. Le quotazioni per il grano duro, fissate lo scorso luglio a circa 18 euro al quintale, non consentono più alla granicoltura di stare in piedi, se non con la stampella degli aiuti comunitari. La protesta degli agricoltori si fa eclatante nel periodo della mietitura, in prossimità dei grandi porti commerciali, soprattutto a Bari, terra di pastai, dove attraccano le navi cariche di grano straniero. Il grano duro, che serve per fare la pasta, è una merce come tutte le altre, e i prezzi sono in balia delle onde
L’industria vuole i grani di forza, prodotti a ritmo industriale in paesi come il Canada, con un indice di glutine particolarmente alto, caratteristica amata da pastifici e panifici industriali, e meno da chi si occupa di nutrizione. Semole e farine tenaci ed elastiche in grado di reggere lavorazioni brevi e impetuose.
La legge non tutela abbastanza la nostra salute e le nostre colture. Allo stato attuale l’unica etichetta che garantisce un minimo di tracciabilità geografica del prodotto e consente al consumatore di fare una scelta di campo rimane quella del biologico.
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