Grani antichi, l’importante è che ci sia evoluzione
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La produzione segue un disciplinare che impone tecniche agricole e di trasformazione ben precise. Nei campi si parte con i dettami dell’agricoltura biologica o biodinamica, e poi si procede, a valle della filiera, con macinazione a pietra e lievitazioni con lievito madre. I protagonisti di questa felice riscoperta, che crea nuove opportunità di mercato per l’agricoltura dell’Emilia Romagna, oltre ovviamente ai contadini e agli studiosi che si sono occupati del progetto, sono i frumenti a taglia alta. I cosiddetti grani antichi, recuperati e rimessi nel campo. Quelli selezionati dal Progetto Virgo si chiamano Andriolo, Inallettabile, Verna, Gentil Rosso e Frassineto. Ma andiamo per ordine, riavvolgendo il nastro e cercando di spiegare bene la genesi del progetto.
Dinelli ci confessa che per metà della sua vita accademica si era occupato di erbicidi, facendo spruzzare veleni per lungo e per largo in Emilia Romagna . La svolta nel 2000, alla nascita di un figlio, quegli eventi che ti fanno dire basta e ti fanno cambiare vita, oltre che modo di pensare. Da allora ha scelto di dedicarsi all’agricoltura biologica. E ad oggi rimane uno dei pochi docenti su scala nazionale che si occupa solo di biologico.
L’intento iniziale di Dinelli e il suo team, era quello di cercare delle varietà più funzionali all’agricoltura bio. Perché tutti i semi che vengono utilizzati in agricoltura, di fatto, sono funzionali alle scelte varietali dell’agricoltura convenzionale. La chiave di volta andava ricercata nel passato, perché fino al 1950 tutto era biologico, la chimica nei campi non veniva somministrata, e il grano cresceva lo stesso!
Tutto l’azoto raccomandato dalle multinazionali delle sementi e dai produttori dei grandi pastifici, di fatto non vengono assorbiti dalle piante, e finiscono come residui nelle acque, nei fiumi e nei mari, dove si crea il fenomeno dell’eutrofizzazione. Le conseguenze e i costi di queste pratiche sono enormi: alla fine i privati, in questo caso le industrie agricole massimizzano i profitti a scapito della collettività, scaricando i costi sul settore pubblico”.
Inizialmente Dinelli, che ha all’attivo diverse pubblicazioni scientifiche in materia, era partito con lo studio di una trentina di varietà di antica costituzione, per poi selezionarne 5 che sono state confrontate con quella che si è manifestata la migliore della varietà a taglia bassa, il palesio, varietà introdotta nel 2004, a granella rossa, che ha sempre risposto bene anche in agricoltura biologica. Il confronto sui valori nutrizionali è davvero impietoso: le varietà antiche hanno un contenuto di metaboliti secondari superiore, oltre che a una diversa struttura del glutine, che li rende meglio assimilabili e meno tossici per l’organismo.
Nelle aziende di riferimento, sono in tutto 11, si coltivano le varietà in due modalità differenti. Da una parte si lavora per la produzione, attraverso i miscugli dei cereali, dall’altra si fa un lavoro di conservazione in parcelle, dove le varietà vengono coltivate in purezza. La cosa più interessante però è il miscuglio, che permette al grano di evolversi in modo diretto e indipendente, a seconda delle condizioni ambientali in ogni singola azienda. “Ci attendiamo che questi miscugli creino un’evoluzione adattata al luogo. Siamo partiti da 5 varietà, ma diventeranno sicuramente un qualcosa di diverso, perché ogni anno c’è un 5% di incroci e si crea variabilità. Da una parte gli agricoltori conservano, ma contemporaneamente vanno avanti. “L’agricoltura è sempre stata evoluzione” spiega Dinelli. “Il gentilrosso, come varietà, è stato selezionato alla fine dell’Ottocento. Ma se si guarda alle temperature medie del 1870 ci accorgeremo che oggi abbiamo una differenza di 4 gradi in più. Allora d’inverno c’erano 14 giornate con temperature medie sotto lo zero, oggi nemmeno una. Non si può pretendere di recuperare antiche varietà e riproporle tali e quali nei nostri campi. C’è bisogno di biodiversità e di evoluzione. La diversità, del resto, si conserva nei campi, non certo nelle banche del seme congelato”.