Grazie a un decreto del governo spagnolo che impone nuove norme per gli allevamenti, in Spagna è stato bloccato un maxi allevamento già avversato dalle comunità locali. Soddisfatta Greenpeace: «Da anni conduciamo insieme ad altre realtà una campagna contro gli allevamenti intensivi e contro questo specifico progetto spagnolo».
«Alla fine del 2022 il governo spagnolo ha approvato un decreto che stabilisce nuove norme per la gestione degli allevamenti di bovini, tra cui un tetto massimo al numero di animali allevati per i progetti di nuova costruzione o per l’ampliamento di allevamenti già esistenti. Un primo effetto è stato quello di bloccare un nuovo maxi-allevamento che avrebbe portato in Novierca(piccolissimo comune agricolo della Regione Castilla y Leon) oltre 20.000 bovini da latte, che aveva già visto l’opposizione di associazioni e delle comunità locali. In Spagna nuovi limiti prevedono infatti un massimo di capipari a 725 vacche adulte»:
lo scrive Greenpeace sul proprio sito.
«Una vittoria non solo per Greenpeace, che da anni conduce insieme a tante altre realtà una campagna contro gli allevamenti intensivi e contro questo specifico progetto spagnolo. Ma soprattutto per la popolazione locale, che sarebbe stata la prima a subire le conseguenze dell’inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque legato a un’attività come questa – prosegue l’associazione – Proprio in virtù degli impatti ambientali degli allevamenti intensivi, all’inizio del 2022 anche la Regione di Castiglia-La Mancha aveva varato una moratoria sugli allevamenti di suini in base alla quale non possono essere accettate nuove domande o concesse nuove autorizzazioni fino al 31 dicembre 2024, in attesa di regolare adeguatamente il settore. Entrambi i provvedimenti sono un importante passo avanti per la realtà spagnola, anche se il tetto previsto dall’ultimo decreto è ancora troppo alto rispetto alla consistenza media degli allevamenti nazionali. La moratoria sarebbe inoltre più efficace se applicata anche alle altre specie allevate e se prevedesse regole più stringenti su eventuali deroghe».
«Passi in avanti che in Italia non sembrano essere neanche presi in considerazione dai decisori politici nazionali o locali, sebbene la situazione dei territori a maggiore densità di allevamenti intensivi, come la Pianura Padana, avrebbe immediato bisogno di uno stop all’aumento del numero dei capi allevati. Per tutelare non solo l’ambiente, ma anche la salute dei residenti – prosegue Greenpeace – Gli allevamenti intensivi sono infatti la seconda causa di formazione di polveri fini (PM 2,5) e, in alcuni periodi dell’anno, nelle regioni padane possono causare la formazione di quasi il 50% di questo pericoloso inquinante».
«Ciò nonostante, in quegli stessi territori già al limite per il carico zootecnico presente, vengono rilasciate autorizzazioni per allevamenti di nuova costruzione o, sempre più spesso, per ampliamenti di allevamenti già esistenti, a volte dismessi da anni» spiega ancora l’associazione.
«Ma se i maxi allevamenti crescono, le piccole realtà, che spesso usano metodi più sostenibili, arrancano; tra il 2004 e il 2016 l’Italia ha perso il 38 per cento delle sue aziende agricole, ma ha visto aumentare il numero di quelle grandi e molto grandi. Del resto sono queste ultime a ricevere la maggior parte dei fondi pubblici destinati a sostenere il settore, dal momento che l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce nelle casse del 20% dei beneficiari – dice Greenpeace – Nel festeggiare questa importante vittoria ottenuta in Spagna, non possiamo quindi che denunciare l’urgenza di cambiare un sistema iniquo e inquinante, costruito su misura di grandi aziende a discapito delle comunità locali. Un’immediata moratoria che anche in Italia impedisca la realizzazione o la crescita di nuovi allevamenti intensivi, a partire dalle aree a maggiore densità di animali allevati, è un passo necessario e non più rimandabile».
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