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In America vincono gli ogm

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Con il referendum del 6 novembre scorso i cittadini hanno scelto di non essere informati se un prodotto contiene o no ogm. Una vittoria per le multinazionali del cibo transgenico
Incredibile ma vero. Tra le varie questioni per cui si è votato il 6 novembre negli USA, c’è stato un referendum che ha avuto meno eco di quelli a favore dei matrimoni gay o contro la pena di morte. In California la Proposta 37 chiedeva di esprimersi sul rendere obbligatoria l’etichettatura dei cibi contenenti organismi geneticamente modificati. Ebbene hanno vinto i No, con uno scarto di 560 mila voti su 9 milioni di votanti. Un risultato che i commentatori ritengono, prevedibile considerando la sproporzione delle forze in campo. L’iniziativa popolare infatti si è fronteggiata con i soldi della grande industria: la campagna per il No contava sugli ingenti finanziamenti delle grandi aziende, Monsanto in primis, ed è riuscita a raccogliere 46 milioni di dollari contro i 7 totalizzati dagli attivisti del Sì. Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare di come l’amministrazione Obama si sia adoperata a comunicare un diverso stile alimentare, evidentemente questo tipo di cambiamento impone però dei tempi molto lenti.
Eppure, anche se non è passato, il tam tam suscitato dal referendum ha rappresentato un momento importante per chi ha a cuore un cibo prodotto in maniera sostenibile. Come sostiene Michael Dimock, presidente di Roots of Change, una delle organizzazioni più attive nella battaglia per il Sì: «Ogni tanto è positivo perdere una battaglia: ti dà una svegliata e capisci che devi giocare meglio le tue carte. Questo referendum è una chiamata per i food movements: è un segno che stiamo diventando un soggetto politico». La campagna per il Sì aveva anche ricevuto una sorta d’investitura da Michael Pollan, autorevole pensatore di sostenibilità alimentare, che dalle pagine del New York Times Magazine aveva esortato i vari food movements, spesso attivi in ordine sparso, a unirsi in un’unica battaglia politica: non solo una crociata anti-OGM, ma una lotta per il diritto di informazione dei consumatori.
Fonte: Sloweb

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