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Legambiente: «Residui di pesticidi nel 41,3% dei campioni di cibi analizzati»

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«Il 41,3% dei campioni di alimenti analizzati contiene residui di pesticidi, la frutta è la categoria più colpita»: a dirlo è Legambiente nell’ultima edizione del rapporto “Stop pesticidi nel piatto”.

Legambiente: «Residui di pesticidi nel 41,3% dei campioni di cibi analizzati»

«Il 41,3% dei campioni di alimenti analizzati contiene residui di pesticidi, la frutta è la categoria più colpita. E il 26,3% dei campioni contiene più di un residuo, con il rischio di effetti additivi e sinergici che potrebbero compromettere la salute umana, in particolare nei casi di contaminazioni multiple come quelle rilevate in frutta e verdura»: a dirlo è Legambiente nell’ultima edizione del rapporto “Stop pesticidi nel piatto”. Pochissimi invece i residui nei prodotti biologici (il 7% dei campioni analizzati) e dovuti presumibilmente alla contaminazione accidentale, cioè alla contaminazione non intenzionale che si verifica quando terreni coltivati con pesticidi sono vicini a terreni coltivati con il metodo biologico.

«Tra gli alimenti più colpiti spicca la frutta, con il 74,1% di campioni contaminati da uno o più residui. Seguono la verdura (34,4%) e i prodotti trasformati (29,6%), i peperoni (59,5%), i cereali integrali (57,1%) e il vino (46,2%). L’uso di insetticidi e fungicidi, come Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil e Imazalil, resta prevalente, evidenziando quanto la protezione delle colture sia ancora fortemente legata a sostanze chimiche di sintesi – scrive Legambiente – Un campione di peperoncini ha mostrato la presenza di ben 18 residui diversi, mentre in due campioni di pesche sono stati rilevati rispettivamente 13 e 8 residui».

Fortunatamente c’è anche qualche segnale incoraggiante. Nel settore dei prodotti trasformati, l’olio extravergine di oliva si distingue con altissime percentuali di campioni privi di residui. Anche il vino mostra un trend in positivo: il 53,1% dei campioni analizzati è risultato privo di residui, segnando un miglioramento rispetto al 48,8% dell’anno precedente. 

Legambiente ribadisce «l’appello a ridurre l’uso di fitofarmaci, condizione necessaria per salvaguardare l’ambiente, la salute umana e la qualità delle produzioni» e ricorda che «l’agroecologia è l’unica via per tutelare gli ecosistemi e contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Buone pratiche come rotazioni, sovesci, consociazioni, abbinate all’uso di strumenti digitali e tecniche innovative, possono offrire un modello più sostenibile per il futuro del settore. Di contro, decisioni come quella europea di rinnovare l’autorizzazione al glifosato per altri dieci anni rappresentano ostacoli significativi alla transizione ecologica».

Commenta Stefano Ciafani, presidente di Legambiente: «La mancata adozione sia del Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei fitofarmaci (SUR) che di un nuovo Piano di Azione Nazionale (PAN), fermo alla versione del 2014, è un freno inaccettabile. È altresì urgente introdurre una norma che regolamenti il multiresiduo. Anche il Piano Strategico Nazionale (PSN) per l’attuazione della PAC, pur presentando alcuni segnali positivi, non sta ancora offrendo i risultati sperati». 

Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, aggiunge: «Una delle risposte è sicuramente l’agricoltura biologica, che rappresenta un modello virtuoso di transizione ecologica per le filiere produttive. Per incentivare una crescita maggiore di questo settore e colmare il divario tra domanda e offerta, è fondamentale introdurre strumenti che facilitino i consumatori (bonus per le categorie più fragili, mense bio in ospedali, scuole e università) e riducano i costi per i produttori, a partire dalla certificazione. L’altra proposta cruciale riguarda l’approvazione di una legge contro le agromafie».

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