In una lettera agli amministratori delegati di nove grandi supermercati del Regno Unito, 26 firmatari del mondo associativo e accademico – tra i quali Tim Lang, professore di politica alimentare alla City University of London, famoso per il concetto di “food miles”, tradotto in Italia con “chilometro zero” – avvertono che un accordo commerciale con gli Stati Uniti potrebbe aprire le porte all’importazione di alimenti – in particolare carne, uova e latticini – prodotti secondo standard inferiori.
I principali rivenditori di prodotti alimentari del Regno Unito (Tesco, Waitrose, Marks and Spencer, Asda, Sainsbury’s, Morrisons, Aldi UK, Lidl UK e Co-op UK) sono stati esortati dai firmatari della lettera «a non vendere alimenti importati che siano stati prodotti secondo standard inferiori a quelli applicati nel Regno Unito, come potrebbe accadere nell’ambito di un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Gli USA hanno infatti standard più bassi rispetto al Regno Unito in diverse aree: sicurezza alimentare, benessere degli animali, somministrazione degli antibiotici e standard ambientali», dicono i promotori della iniziativa.
Le questioni sollevate nella lettera includono:
1) L’importazione di carne bovina trattata con ormoni, allevata in allevamenti di bovini statunitensi a bassi standard di benessere animale e ambientali.
2) La somministrazione di ractopamina, per promuovere la crescita dei suini, consentito negli Stati Uniti ma proibito nel Regno Unito per motivi di salute umana. La carne di maiale importata dagli USA può provenire anche da allevamenti in cui le scrofe sono confinate in stalle strette durante la gravidanza – una pratica illegale nel Regno Unito dal 1999.
3) L’uso di somatotropina bovina (BST), un ormone geneticamente modificato, somministrato ai bovini da latte statunitensi per aumentare la produzione di latte, è vietato nel Regno Unito per motivi di benessere degli animali.
4) L’importazione di carne di pollo lavata con il cloro, o altri disinfettanti chimici, utilizzati per mascherare le condizioni di sporcizia nella produzione, macellazione e lavorazione, vietati nel Regno Unito perché sostengono metodi di allevamento intensivo con bassi standard di igiene e benessere.
5) Le uova in polvere che arrivano nel Regno Unito da galline allevate in batteria negli Stati Uniti.
6) Elevati livelli di uso di antibiotici da allevamento negli Stati Uniti rispetto al Regno Unito, sollevando serie preoccupazioni sullo sviluppo di pericolose resistenze antimicrobiche.
«Queste importazioni ‘economiche’ dagli Stati Uniti possono sembrare un buon affare, ma hanno un costo elevato, per il benessere degli animali, la salute umana e l’ambiente», ha detto Peter Stevenson, Chief Policy Advisor dell’associazione Ciwf, Compassion in World Farming. «C’è il rischio reale che queste importazioni compromettano i mezzi di sussistenza degli agricoltori del Regno Unito e abbassino la qualità di alcuni alimenti disponibili per i consumatori. Incoraggiamo i rivenditori a impegnarsi a mantenere gli attuali standard alimentari e a non vendere alimenti di bassa qualità importati nell’ambito di accordi commerciali».
Tim Lang, professore di politica alimentare presso il Centre for Food Policy della City University of London, che ha contribuito a coordinare la relazione della lettera ha dichiarato che: «Con il governo che si è messo d’accordo con i paesi che hanno standard più bassi, i rivenditori hanno ora una scelta. Manterranno gli standard attuali o saranno spinti dal governo a creare un mercato a due livelli? Molti accademici di diverse discipline sono perfettamente consapevoli che non sono in gioco solo la salute, l’ambiente e il benessere degli animali, ma anche la fiducia del pubblico nei dettaglianti stessi. Questo è un test per Food Brexit Britain».