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Campagne sempre più silenziose: dov’è finita la biodiversità?

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Le popolazione di uccelli agricoli sono diminuite del 36,19% dal 2000 a oggi: è quanto emerge dal Farmland Bird Index, lo studio della LIPU che calcola l’andamento delle popolazioni degli uccelli comuni delle aree agricole. Dati ancora peggiori in pianura.
Campagne sempre più silenziose: dov’è finita la biodiversità?
Le popolazione di uccelli agricoli sono diminuite del 36,19% dal 2000 a oggi: è quanto emerge dal Farmland Bird Index, lo studio della LIPU che calcola l’andamento delle popolazioni degli uccelli comuni delle aree agricole.
«Un dato ancora peggiore, e ricorrente, proviene dalle aree di pianura, dove la pressione dell’agricoltura intensiva è maggiore e i suoi effetti si fanno più sentire. Lì il calo tocca quota -50,05%, il che significa, letteralmente, il dimezzamento del numero di uccelli – scrive Federica Lioni, responsabile agricoltura di LIPU – È difficile, se non impossibile, affermare che la nostra agricoltura goda di buona salute e comunque sia amica della natura. Uso eccessivo di pesticidi, distruzione degli elementi del paesaggio, insistenza sulle monocolture e sullo stress del terreno non possono che portare ad una crisi della biodiversità, che negli uccelli trova un indicatore indiscutibile. La scomparsa dei canti del saltimpalo (-73%), dell’allodola (-54%), dell’averla piccola (-72%), della cutrettola (-49,5%) e della passera d’Italia (-64%), ossia gli uccelli più strettamente legati al contesto agricolo, è un fatto che non possiamo ignorare o derubricare a evento secondario». 
«Un altro dato preoccupante che emerge dallo studio 2023 è che non sono soltanto le pianure a presentare numeri drammatici. La situazione non migliora di molto in ambienti come i mosaici mediterranei o gli ambienti collinari, dove i segni di un crescente e pericoloso degrado sono altrettanto (o quasi) evidenti. In ripresa leggera è invece l’indice delle praterie montane, migliorate rispetto allo scorso anno ma il cui dato si attesta ancora sul valore negativo di -23,79%» affermano ancora dalla LIPU. 
«Motivi di speranza e possibilità di ripresa, tuttavia, ce ne sono. Dove nel nostro Paese l’agricoltura si presenta con forme meno industriali e più estensive, si conservano preziose sacche di biodiversità e non è difficile immaginare che ai benefici per la natura si affianchino quelli per la qualità della stessa agricoltura e dei suoi prodotti. Questo mostra che conciliare produzione e conservazione della natura non solo è possibile ma è la scelta giusta». 
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