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Clima impazzito: anche gli epidemiologi preoccupati

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La situazione drammatica della compromissione del Pianeta preoccupa da tempo anche gli epidemiologi, che si sono riuniti nei giorni scorsi a Lecce nel convegno dal titolo “Epidemiologia e diritto alla salute: riaffermare i principi del Servizio Sanitario Nazionale nello scenario attuale futuro”, organizzato dalla Società Italiana di Epidemiologia.
“La situazione italiana, così come quella mondiale – ha spiegato Filippo Catani dell’Università di Firenze – registra, dagli anni 60 ad oggi, un aumento delle catastrofi idrogeologiche, sia come frequenza che come intensità mentre i fattori determinanti sono per la maggior parte imputabili all’uomo”.
Ondate di calore, frane, alluvioni, incendi: emerge chiaramente la necessità della raccolta dati e dell’utilizzo intelligente delle nuove tecnologie per la loro elaborazione, con l’obiettivo di prevedere, con sempre maggiore precisione, i disastri ambientali. Mappe di precisione, sensori, modelli matematici, satelliti, le nuove tecnologie sono un supporto indispensabile e sempre più di precisione, utilizzate per comprendere l’evento ambientale e sapere quando e con quale intensità si manifesterà.
All’interno di questo scenario innovativo, quali dati epidemiologici possono fare la differenza nella prevenzione dei disastri? “Nelle politiche dei cambiamenti climatici – ha spiegato Matteo Scortichini del Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma1 – va senza dubbio incluso l’impatto sulla salute. La differenza può arrivare da nuove tipologie di dati da introdurre nei disegni di studio e nelle misure di sorveglianza per la prevenzione dei disastri. L’esempio arriva proprio dalla ASL Roma1 che da alcuni anni porta avanti un sistema di indagine incrociato che tiene conto sa del “Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (SISMG)” che degli accessi al pronto soccorso.
È stato evidenziato come l’epidemiologia svolga un ruolo chiave in tutte le fasi del processo che riguarda il disastro naturale: “Nella fase pre-disastro per la previsione, sorveglianza, analisi di vulnerabilità e resilienza della popolazione; nella fase del disastro, in tempo reale, per quanto riguarda la raccolta di informazione e valutazione dei danni sulla salute; nella fase post disastro, infine, per la valutazione degli effetti sanitari a breve e a lungo termine, la identificazione dei sottogruppi della popolazione più fragili, la valutazione di impatto sanitario, la valutazione degli interventi e dei piani di sorveglianza”.
“L’obiettivo è costruire una comunicazione più efficace su un tema, quello dei cambiamenti climatici, che già oggi produce delle conseguenze il cui impatto è riducibile – dichiara Edoardo Zacchini vicepresidente di Legambiente. La prevenzione è possibile, dobbiamo però cambiare le politiche e passare da una lettura settoriale ad una lettura di insieme”.
“Dobbiamo guardare al nuovo approccio che si sta diffondendo negli altri Paesi europei – continua Edoardo Zacchini – dove si è compreso che occorre fare delle scelte e procedere per priorità. Gli effetti climatici non sono uguali dappertutto e sappiamo esattamente quali sono i luoghi più a rischio: partire dalle città può dar vita a delle esperienze che consentono di superare l’approccio settoriale”.

L’ultimo SOS

Siamo a un passo del punto di non ritorno. Ancora poco e l’equilibrio che da migliaia (forse milioni) di anni regola il clima del pianeta subirà una transizione di fase irreversibile e tutti noi, anche nel caso riuscissimo ad abbattere completamente le emissioni antropiche di gas serra, ci ritroveremo in una hothouse earth, su una Terra torrida.

Cresce il numero degli scienziati che lanciano l’allarme, un allarme che è assoluta emergenza: siamo a un passo dal superare i dieci limiti ecologici invalicabili che ci porterebbero alla sesta grande estinzione di massa.
Sul numero di Terra Nuova di novembre trovate il dossier sulla situazione del Pianeta e sulla ragione per la quale ormai non c’è più nemmeno un minuto da pardere.
Bisogna cambiare radicalmente paradigma e farlo in fretta, sennò non avremo speranze di sopravvivenza.

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