La norma sullo spargimento dei fanghi sui terreni agricoli contenuta nel cosiddetto Decreto Genova ha sollevato critiche e polemiche da parte di associazioni ambientaliste e movimenti ecologisti. Il ministro Sergio Costa replica: «Vi spiego cosa è accaduto. E il testo sarà migliorato».
Aggiornato il 4 novembre 2018
“Sono consapevole che non sia stata la mediazione migliore, ma quel testo inserito in quel decreto arriva in Parlamento e può essere migliorato, e io ne sarei ben lieto. Nel frattempo non stiamo assolutamente a guardare”: sono le parole del ministro dell’ambiente Sergio Costa dopo
le critiche e le polemiche per la norma riguardante lo spargimento dei fanghi di depurazione sui suoli agricoli.
«Nessun codicillo nascosto o occultato. Mai ce ne saranno finché sarò Ministro dell’Ambiente. Abbiamo inserito l’articolo sui fanghi di depurazione nel decreto Genova perché c’erano le condizioni della decretazione di urgenza» prosegue Costa che ha replicato con un post su Facebook.
Sfiorato il disastro ambientale
«Sì – spiega – quest’estate siamo stati in emergenza, con tonnellate di fanghi accumulate soprattutto nelle regioni del Nord, e abbiamo sfiorato un disastro ambientale per l’accumulo nei depositi di stoccaggio dei fanghi industriali. È vero
quanto ha scritto il collega Danilo Toninelli: siamo arrivati al Governo in un momento di grande confusione sotto il profilo giuridico e amministrativo, con una sovrapposizione di sentenze della magistratura e interventi normativi d’urgenza – come la delibera della regione Lombardia, poi annullata dal TAR, che riprendeva proprio il testo Galletti e consentiva un livello di idrocarburi nei fanghi 10 volte superiore a quello contenuto nel decreto. Erano 10.000 mg/kg contro 1000. Con onestà intellettuale, chi ricostruisce la vicenda dovrebbe farlo fino in fondo, con completezza».
«Devo necessariamente fare un passo indietro – aggiunge ancora Costa – La gestione dei fanghi è stata regolata per 25 anni da un decreto che non conteneva limiti per gli idrocarburi. Nessun limite per 25 anni! Nessuna rivolta, nessuna protesta. Poi la Cassazione, in assenza di una norma specifica, ha indicato espressamente la necessità che si intervenisse con una nuova norma. Arriva lo schema di decreto predisposto da Galletti che aveva esattamente il limite di 1000 mg e anche qui, nessuno ha gridato al disastro ambientale. Questa la situazione che abbiamo trovato a luglio».
L’accordo interno
Aggiunge il ministro dell’Ambiente: “La mia intenzione era di modificare il testo per renderlo più coerente con le esigenze di tutela della salute, ma i tempi erano stretti ed è stato necessario trovare un accordo all’interno della maggioranza per potere superare l’emergenza. L’alternativa sarebbe stata quella di lasciare un limite imposto dalle sentenze che – allo stato attuale – nessun gestore sarebbe stato in grado di rispettare con il risultato di accumulare pericolosamente i fanghi con la speranza di individuare soluzioni alternative come la discarica o gli inceneritori. Per non parlare del rischio del blocco dei depuratori”.
«Il testo può essere migliorato»
“Sono consapevole – è la conclusione di Costa – che non sia stata la mediazione migliore, ma quel testo inserito in quel decreto adesso arriva in Parlamento e può essere migliorato, e io ne sarei ben lieto. Nel frattempo non stiamo assolutamente a guardare. Il ministero sta già lavorando al nuovo decreto, che avrà senz’altro valori più rigorosi. Ma dobbiamo dire con chiarezza che ci sono tempi tecnici da rispettare e, con il passaggio all’Ispra e quello in Conferenza Stato Regioni, prima di qualche mese non potrà essere emanato. Nel frattempo, ribadisco, se non avessimo trovato quella mediazione sarebbe stato molto peggio: avremmo dovuto mantenere la versione “Galletti” del decreto senza alcuna possibilità di modifica. Stiamo lavorando tutti per dare il massimo e io continuo ad impegnarmi in questa direzione. Sono dell’idea che questa norma possa essere migliorata già durante l’esame del Parlamento, che è sovrano e il mio auspicio è che faccia la scelta giusta nell’interesse dell’ambiente e dei cittadini”.
Le preoccupazioni di FederBio
«Quanto previsto nell’ articolo 41 del “Decreto Genova” contiene preoccupanti previsioni di ammissibilità all’utilizzo dei Fanghi da depurazione in agricoltura che possono determinare l’accumulo di sostanze di cui non si conosce l’effettivo impatto sul suolo e sulle filiere produttive – non manca di spiegare Federbio, la Federazione dei produttori del biologico – La tutela del suolo per la produzione di cibo sano è il fondamento dell’agricoltura biologica e per questo la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica esprime la propria preoccupazione per quanto impropriamente inserito nel “Decreto Genova”».
«In agricoltura biologica è ammesso esclusivamente l’utilizzo di fanghi provenienti dalla lavorazione della barbabietola negli zuccherifici e derivanti dalla produzione del sale alimentare, privi di sostanze tossiche dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente, ma la nostra preoccupazione riguarda la possibile contaminazione di falde acquifere e suoli che la norma potrebbe comportare in un’ottica di futura conversione al biologico».
«È un tema estremamente delicato che occorre affrontare tenendo presente l’obiettivo prioritario di tutela del suolo agricolo e del cibo che viene prodotto. Per questo è assolutamente necessario un effettivo riordino della materia senza seguire scorciatoie dettate dalle emergenze, ma basandosi su un’effettiva valutazione tecnica e giuridica di tutti gli elementi e attivando un percorso normativo adeguato che coinvolga tutti i portatori d’interesse».