Il Rapporto è chiaro e indica che ormai non c’è più tempo e non si può più tergiversare. O si agisce subito o sarà troppo tardi. “Le attività umane si stima che abbiano causato approssimativamente 1 grado di riscaldamento globale dai livelli pre-industriali, con una variazione probabile da 0,8 gradi a 1,2 gradi – si legge nel rapporto – Il riscaldamento globale è probabile che raggiunga 1,5 gradi fra il 2030 e il 2052, se continua ad aumentare al tasso corrente”. “Il riscaldamento da emissioni umane dal periodo pre-industriale ad oggi – prosegue la ricerca – persisterà per secoli e millenni e continuerà a causare ulteriori cambiamenti di lungo periodo sul clima, come l’innalzamento del livello dei mari, con gli impatti relativi, ma queste emissioni da sole è improbabile che causino un riscaldamento globale di 1,5 gradi”. L’IPCC in pratica sostiene che, se oggi si cominciasse a ridurre drasticamente le emissioni e ad assorbire la CO2 esistente nell’atmosfera, si potrebbe raggiungere l’obiettivo di mantenere il cambiamento globale entro 1,5 gradi, poiché le emissioni del passato da sole non provocherebbero il superamento di questa soglia.
Le opzioni per tenere il riscaldamento entro 1,5 gradi
Sono quattro i percorsi possibili per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali e sono questi quattro scenari il punto centrale della
“Sintesi per i decisori politici” preparato dall’IPCC (la commissione dell’ONU sul cambiamento climatico) al meeting a Incheon in Corea del Sud. Lo studio (commissionato all’IPCC alla Conferenza di Parigi del 2015) è il frutto di due anni di lavoro di 91 ricercatori da 44 paesi, che hanno esaminato 6.000 studi in materia e valutato 42.000 recensioni di colleghi e governi alle loro conclusioni.
In tutti e quattro i percorsi la quantità di gas serra di origine umana nell’atmosfera (causa del cambiamento climatico) viene ridotta.
Due i modi: attraverso il taglio delle emissioni (passaggio a energie rinnovabili e veicoli elettrici, efficienza energetica, riciclo dei rifiuti, riduzione del consumo di carne) e attraverso la rimozione della CO2 (riforestazione, cattura e stoccaggio del carbonio, quest’ultimo un procedimento ancora sperimentale). Il primo percorso indicato dall’ONU è il più “verde”: prevede di puntare sul risparmio energetico e la riforestazione. Il secondo punta su una elevata sostenibilità di tutti i settori produttivi, con un limitato uso dello stoccaggio di carbonio (che ad oggi è fattibile tecnicamente, ma non ancora sostenibile economicamente). Il terzo scenario vede i settori dell’energia e industriale simili a oggi, ma con una maggiore attenzione alla sostenibilità e un ricorso significativo al “carbon storage”. Il quarto percorso (quello più caro all’amministrazione Trump, ma tecnicamente futuribile) prevede uno sviluppo basato sulle fonti fossili, con forti emissioni riassorbite dallo stoccaggio di carbonio.
Gli effetti del cambio climatico
“I rischi legati al clima per i sistemi umani e naturali sono più alti con un riscaldamento globale a +1,5 gradi dai livelli pre-industriali rispetto al presente, ma più bassi rispetto a un riscaldamento a +2 gradi”, si legge nel rapporto. Questi effetti sono “aumenti delle temperature medie nella maggior parte delle terre emerse e degli oceani, degli estremi di caldo nella maggior parte delle regioni disabitate, delle forti precipitazioni in diverse regioni, della probabilità di siccità e carenza di precipitazioni in alcune regioni”. “Al 2100 l’innalzamento medio globale del mare è previsto essere di 0,1 metri più basso col riscaldamento a +1,5 gradi rispetto a quello a +2 gradi”. L’IPCC prevede “da 0,26 a 0,77 metri al 2100 per un riscaldamento a +1,5 gradi”. Mantenere il riscaldamento al livello più basso previsto dall’accordo di Parigi eviterà l’acidificazione degli oceani e la riduzione dell’ossigenazione. “Sulla terra – continua lo studio – gli impatti sulla biodiversità e gli ecosistemi, comprese perdite di specie ed estinzioni, si prevede che saranno più bassi a 1,5 gradi di riscaldamento che a 2 gradi”. “I rischi legati al clima per salute, mezzi di sostentamento, sicurezza del cibo, fornite d’acqua, sicurezza umana e crescita economica si prevede che aumenteranno con un riscaldamento a +1,5 gradi e saliranno ulteriormente a +2 gradi”, scrivono i ricercatori. Gli sforzi per l’adattamento al cambiamento climatico infine “saranno inferiori con +1,5 gradi”.
La “strategia” dell’Ue per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra al 2050 sarà presentata a novembre. «Fra due mesi a Katovice ci sarà un’importante conferenza sul clima, dobbiamo prepararci a raggiungere un’economia carbon neutral il più presto possibile in questo secolo» hanno detto i commissari UE.
Le Ong: «Fare di più»
Le conclusioni del rapporto degli esperti Ipcc sul clima impongono all’Ue di “fare di più” e “accelerare” sull’azione climatica. Così le Ong ambientaliste europee reagiscono alla pubblicazione la notte scorsa del rapporto Onu sull’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale. “Il messaggio della scienza è di speranza e urgenza”, dichiara Wendel Trio del Climate Action Network, ricordando che “abbiamo ancora una possibilità di restare sotto 1,5 gradi e le soluzioni sono alla portata”. “Il rapporto ci dice che evitare il peggio è ancora possibile”, gli fa eco Jean-Pascal van Ypersele, già presidente dell’Ipcc fino al 2015 e oggi professore all’Università cattolica di Lovanio. Il rapporto degli scienziati dell’Ipcc impone all’Ue di “dire basta alla dipendenza dalle fonti fossili”, sottolineano da Friends of the Earth mentre per il Wwf i risultati dello studio rendono “imperativo” accelerare l’azione per il clima. Greenpeace Europa parla del rapporto come di un “calcio” ai governi Ue, che devono “aumentare radicalmente gli obiettivi al 2030 e impegnarsi per zero emissioni nette già nel 2040”. L’organizzazione fa riferimento alla strategia Ue per la lotta ai cambiamenti climatici fino al 2050, che la Commissione europea sta preparando e pubblicherà a fine novembre. “Nei trasporti le emissioni crescono più velocemente che in qualsiasi altro settore dell’economia”, ricorda Transport&Environment alla vigilia del Consiglio dei ministri dell’Ambiente che dovrebbe esprimere la posizione dei paesi Ue sugli obiettivi di riduzione delle emissioni per auto e furgoni al 2030.