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ENI chiede maxi risarcimento a Greenpeace e ReCommon

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Greenpeace e ReCommon avevano diffuso una nota menzionando una causa di risarcimento danni per diffamazione intentata da ENI dopo l’atto di citazione delle due associazioni per una causa civile per chiedere l’accertamento dei danni derivanti dai cambiamenti climatici. ENI ha ribadito, come spiegano le associazioni, che si tratta di una mediazione obbligatoria con richiesta di risarcimento. (aggiornato il 31 luglio)
ENI chiede maxi risarcimento a Greenpeace e ReCommon
Greenpeace e ReCommon avevano diffuso una nota menzionando una causa di risarcimento danni per diffamazione intentata da ENI dopo l’atto di citazione delle due associazioni per una causa civile per chiedere l’accertamento dei danni derivanti dai cambiamenti climatici. ENI ha ribadito, come spiegano le associazioni, che si tratta di una mediazione obbligatoria con richiesta di risarcimento. (aggiornato il 31 luglio)
Questa la nota delle associazioni del 26 luglio.
«Lo scorso 10 maggio, insieme a 12 cittadine e cittadini, abbiamo notificato al gigante fossile un atto di citazione per il lancio di una civile davanti al Tribunale di Roma per chiedere l’accertamento dei danni derivanti dai cambiamenti climatici, a cui ENI ha contribuito negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili – spiegano da Greenpeace – Chiediamo anche che ENI sia obbligata a rivedere la propria strategia energetica per rispettare gli impegni internazionali dell’Accordo di Parigi sul clima. Si tratta della prima climate litigation italiana contro una società privata e ha avuto una vasta eco sui media internazionali, spingendo ENI a reagire nei nostri confronti con un evidente intento intimidatorio».
«Proprio nei giorni in cui migliaia di persone vivono sulla propria pelle gli effetti disastrosi della crisi climatica, con un tempismo davvero sconcertante ENI pensa di zittirci minacciando una causa di risarcimento danni per diffamazione – dichiara Chiara Campione, responsabile dell’Unità Clima di Greenpeace Italia – I vertici di ENI devono sapere che questa richiesta di risarcimento non farà che motivarci ancora di più nella nostra battaglia in difesa del clima e delle generazioni presenti e future».
«Sapevamo a cosa andavamo incontro quando abbiamo lanciato la Giusta Causa e abbiamo scelto di farlo perché nessun rischio è più grande di quello climatico. Intendiamo resistere a questo tentativo di intimidazione da parte di ENI e chiediamo il sostegno di tutte le persone e gli enti pubblici e privati che hanno a cuore la causa della giustizia climatica, a partire da chi vive e opera nei territori che stanno vivendo sulla propria le conseguenze catastrofiche della crisi», dichiara Antonio Tricarico di ReCommon. 
«È paradossale che la più importante multinazionale italiana, partecipata dallo Stato, chieda un risarcimento danni a chi non ha fatto altro che sollecitare un reale cambiamento nelle sue politiche fossili che minacciano il pianeta e la sicurezza delle persone – prosegue ancora Greenpeace – ENI non ha ancora quantificato le richieste economiche alle due associazioni ma, a quanto si legge nell’atto notificato saranno superiori a 50 mila euro per ciascuna organizzazione. Cause come questa che ENI ha annunciato contro Greenpeace Italia e ReCommon vengono denominate SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation, o cause strategiche contro la pubblica partecipazione). Si tratta di cause civili che, sebbene siano spesso basate su accuse infondate, sono intentate da grandi gruppi di potere per disincentivare la protesta pubblica, sottraendo risorse economiche alle parti chiamate in causa. In altre parole, si tratta di uno stratagemma ormai ben collaudato per soffocare sul nascere ogni critica e ogni forma di protesta, ma che conosciamo bene. Non basterà a fermare la nostra richiesta di abbandonare il gas e il petrolio per salvarci dall’inferno climatico!».
AGGIORNAMENTO DELLE DUE ASSOCIAZIONI del 27 luglio
Greenpeace Italia e ReCommon prendono atto della comunicazione di ENI, che nega di aver intentato alcuna causa per diffamazione alle due associazioni, ma ribadiscono con forza che la mediazione obbligatoria richiesta da ENI costituisce premessa necessaria per l’instaurazione di una causa civile di risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa.
Se così non fosse stato, ENI avrebbe potuto intavolare una mediazione semplice. Quando lo scorso maggio Greenpeace Italia e ReCommon hanno intentato una “climate litigation” nei confronti di ENI, Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti, le due associazioni non erano tenute a esperire la mediazione obbligatoria, perché la loro azione legale non la prevede. Nell’azione di ENI, invece, l’oggetto della causa, cioè la diffamazione a mezzo stampa, la rende obbligatoria.
È dunque evidente l’intenzione non conciliativa e intimidatoria di ENI, che ha richiesto un risarcimento di almeno 50 mila euro a ciascuna organizzazione, nonostante il colosso petrolifero, nella sua risposta al comunicato stampa di Greenpeace Italia e ReCommon, abbia tentato  di negare, o quanto meno contraddire, quanto si legge negli atti.
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LETTURE CONSIGLIATE

Sofia, la giovane protagonista di questo libro, è in sintonia con i tantissimi studenti che in tutto il mondo stanno scendendo in piazza chiedendo che gli adulti facciano qualcosa contro il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Gli scioperi per il clima e il movimento che si è creato intorno ai FridaysForFuture testimoniano la nascita, nelle generazioni più giovani, della consapevolezza che se non interveniamo ORA, il pianeta e tutti i suoi abitanti non avranno futuro.

Insieme per salvare il mondo è una storia a lieto fine, ma anche un pretesto per spiegare ai ragazzi le cause e le conseguenze del riscaldamento globale, per raccontare che cosa sta succedendo al Pianeta, quali specie sono a rischio di estinzione e quali le popolazioni in pericolo. Un invito a prendere coscienza e a modificare il nostro stile di vita: la posta in gioco è la salvezza del pianeta e di tutti noi.
Nella parte finale del libro sono presenti spiegazioni scientifiche utili sul cambiamento climatico e il riscaldamento globale, e approfondimenti che analizzano cosa sta succedendo ad alcune specie a rischio di estinzione: l’orso polare, la tigre del Bengala, la tartaruga di Kemp, le api e il fenicottero andino. Ma anche alcuni insediamenti umani sono gravemente a rischio: ad esempio la popolazione della Repubblica della Kiribati, i contadini siriani e i pescatori del New England potrebbero diventare presto i nuovi rifugiati climatici a causa della distruzione delle condizioni che consentono loro di sopravvivere nei luoghi di nascita.

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