C’è chi ricorderà l’estate 2004 per le vacanze al mare o in montagna, chi per le olimpiadi di Atene e chi per l’aumento del prezzo del petrolio… Ma proprio sotto i nostri occhi, è accaduto un fatto straordinario ed estremamente preoccupante
C’è chi ricorderà l’estate 2004 per le vacanze al mare o in montagna, chi per le olimpiadi di Atene e chi per l’aumento del prezzo del petrolio… Ma proprio sotto i nostri occhi, è accaduto un fatto straordinario ed estremamente preoccupante, anche se a prima vista potrebbe apparire come una delle tante notiziole che meritano poco più di un trafiletto sul quotidiano nazionale: una specie di piccoli pesci è sparita dal Mar del Nord! In realtà questo avvenimento fornisce una dimostrazione molto preoccupante di quanto sia importante comprendere la complessa rete di relazioni che mette in connessione tutti gli esseri viventi.
Alla base di tutto c’è il riscaldamento globale: è un fatto accertato che la temperatura del Mar del Nord è aumentata di 2 °C negli ultimi venti anni. Il plancton, l’insieme di organismi acquatici che sta alla base della piramide alimentare, non ha voluto indugiare a lungo in quest’acqua fastidiosamente calda ed ha traslocato verso nord. Tra le specie che si cibavano del plancton c’erano le larve dei banchi di cicerelli, pesci della famiglia degli Ammoditi non più lunghi di 18 cm, nutrimento fondamentale per centinaia di migliaia di uccelli marini nelle isole Orcadi e Shetland. Già da alcuni anni il numero di cicerelli ha subito una notevole diminuzione. Quest’anno, all’improvviso e drammaticamente, sembrano essere svaniti del tutto. Di conseguenza, la scorsa estate gli uccelli marini sono rimasti senza cibo e non sono riusciti a riprodursi, dando luogo ad una catastrofe ambientale senza precedenti. È probabile che il massiccio crollo delle deposizioni di uova si rivelerà come uno dei segnali più significativi del cambiamento climatico in atto sul vecchio continente, in quella che potrebbe essere parte della trama del recente colossal hollywoodianoL’alba del giorno dopo.Tutto lascia intendere che l’attuale incremento della temperatura marina abbia portato alla misteriosa scomparsa di un anello fondamentale della catena alimentare.
I dati del collasso nella riproduzione, in particolare per le Shetland, sembrano incredibili: nell’ultimo censimento nazionale,Seabird 2000,i cui risultati sono stati pubblicati quest’anno, sono state registrate più di 172.000 coppie di Urie: «Ebbene, quest’estate il numero dei piccoli è tendente a zero» afferma Peter Ellis, responsabile dell’area Shetland per l’RSPB, l’associazione nazionale per la protezione degli uccelli. Martin Heubeck dell’Università di Aberdeen, che ha monitorato gli uccelli marini degli Shetland nei passati 30 anni, ha ribadito: «Il collasso nella riproduzione delle Urie non ha precedenti in Europa».
Nelle Shetland sono state registrate più di 6800 coppie di Stercorari, che quest’anno hanno dato vita ad appena una manciata di pulcini, forse meno di 10. Nella più grande colonia al mondo di Stercorari artici (un totale di 1.120 coppie censite), nell’isola di Foula sono sopravvissuti solo due nuovi giovani esemplari e nessuno nelle altre isole; la mancanza di cibo ha costretto alcuni Stercorari addirittura a cibarsi dei piccoli di altri uccelli marini, e in alcuni casi anche di membri della stessa specie. Le 24.000 coppie di Sterni artici e le 16.700 coppie di Gabbiani tridattili hanno «probabilmente sofferto un fallimento completo nella riproduzione» ha affermato Ellis. Nelle Orcadi i dati sono in linea con quelli delle Shetland; si sta parlando del collasso completo di un ecosistema che ha migliaia di anni.
Il fenomeno non si limita alle isole scozzesi: anche le coste dello Yorkshire e in particolare la riserva naturale delle Scogliere di Bempton hanno registrato perdite simili. Oltre alla mancanza di cibo, il crollo delle nascite, può essere stato favorito secondo alcuni osservatori anche dal tempo più instabile e violento che sia stato mai registrato da molti anni.
In questa regione i Gabbiani tridattili sono sempre serviti come «indicatori» della salute del mare, allo stesso modo dei canarini che per la loro sensibilità ai gas nocivi, venivano utilizzati dai minatori per individuare tempestivamente la presenza di gas e battere in ritirata. «In questo caso è come se stormi di canarini stessero precipitando dal cielo, in avvertimento di quello che abbiamo di fronte», ha detto Duncan
McLaren, direttore esecutivo diAmici della Terra Scozia.«Se, come appare dai dati disponibili, questo massiccio crollo della riproduzione degli uccelli marini è la conseguenza del cambiamento climatico, la Gran Bretagna dovrà raddoppiare i propri sforzi nell’ottenere l’accordo mondiale per un’azione drastica. Si tratta, infatti, di un vero e proprio disastro per l’equilibrio biologico, con serie conseguenze per l’industria della pesca e del turismo. Il governo scozzese deve dare ascolto a questo avvertimento, promuovendo un programma efficace per la riduzione dei gas serra».
E le conseguenze – come sostiene McLaren – non sono solo di carattere ecologico. Certo, non ci cibiamo di Urie, Stercorari o Gabbiani, ma l’abbondanza di uccelli marini nelle isole scozzesi è un ingrediente fondamentale dell’economia locale. I turisti delbirdwatching«migrano» qui ogni anno proprio come uccelli, per osservare le specie rare nel loro habitat naturale selvaggio e bellissimo, sostenendo così l’industria del turismo.
Nonostante il quadro offerto da molti ambientalisti appaia allarmante, è comunque essenziale ascoltare anche le ragioni di chi, come il professor Boyd (vedi sotto), parla di un fenomeno temporaneo, non raro su scala mondiale e non associabile al cambiamento climatico. Alla fine, infatti, il rischio maggiore sarà quello di lasciarsi coinvolgere dall’argomentazione più catastrofica oppure da quella più tranquillizzante, senza valutare quale delle due si avvicini di più alla realtà delle cose.