Federico Valerio, chimico, già ricercatore del Cnr e impegnato sui temi ambientali, spiega «cosa si nasconde dietro il nuovo inceneritore realizzato in Danimarca che viene pubblicizzato come talmente sicuro che… ci si può persino sciare sopra».
A Copenhagen è stato realizzato un inceneritore con recupero energetico, di ultimissima generazione, «la cui sicurezza è sottolineata dalla possibilità di sciarci sopra con una pista appositamente realizzata» spiega Federico Valerio.
«Siamo sull’isola di Amager, a quasi due chilometri di distanza dalla Sirenetta e a quattro chilometri dal centro della città, isola da sempre utilizzata per scopi industriali e che ospita anche l’aeroporto internazionale. Il nuovo inceneritore, nelle inedite vesti di parco dei divertimenti, brucerà 325.000 tonnellate anno di scarti prodotti dai danesi ma, per le leggi della chimica, questa massa non sarà trasformata tutta in energia e l’inceneritore produrrà un bel pò di rifiuti: 66.500 tonnellate di cenere pesanti e 6.500 tonnellate di ceneri leggere e quest’ultime, prodotte dai sistemi di filtrazione dell’aria, sono inevitabilmente cariche di sostanze pericolose e quindi, a tutti gli effetti, sono rifiuti tossici da smaltire con molta attenzione e con elevati costi».
Rifiuti tossici
«Trasformare rifiuti urbani, al massimo puzzolenti, in rifiuti tossici a me non sembra una grande furbata – prosegue Valerio – A riguardo, posso fornire qualche dato sui nostri inceneritori, pardon, “termovalorizzatori”: in media in un chilo di ceneri pesanti prodotte dai nostri impianti si trovano 34 nanogrammi di diossine, in un chilo di ceneri leggere, i nanogrammi di diossine salgono a 311. Per la cronaca, in un chilo di rifiuti nostrani si trovano, in media, 2 nanogrammi di diossine».
«Lascio ai miei lettori la valutazione di quanto sia furba la scelta di privilegiare la “termovalorizzazione” al riciclo – prosegue il chimico napoletano – E ritorniamo al termovalorizzatore con pista da sci: quanto gli costa? Questa meraviglia ha richiesto 520 milioni di euro, a cui si devono aggiungere i costi di esercizio, di manutenzione e quelli per la inertizzazione e lo smaltimento delle ceneri. Una bella cifra. che i danesi dovranno pagare producendo tutti i rifiuti che servono ad alimentare l’impianto e questo per almeno 25 anni, quanti ne servono per ammortizzare l’investimento».
«Con la scelta di teleriscaldare i danesi con 27 inceneritori in funzione, i cittadini di Copenhagen e tutti i Danesi possono dare un addio a serie politiche di riduzione dei rifiuti e di riciclo. Un danese produce ogni anno 788 chili di scarti urbani, di cui il 54% è incenerito e il 42% riciclato, un vero record europeo. Noi italiani, con tutti i nostri difetti, di scarti ne produciamo quasi la metà (488 chili), di cui ricicliamo il 47,5% (meglio dei danesi) e se i Cinque Stelle al governo riuscissero a realizzare quanto previsto nel contratto, ovvero estendere a tutto il paese il sistema di raccolta “porta a porta ” adottato nel Trevigiano, con oltre il 65% di raccolta differenziata, potremmo certamente chiudere tutte le discariche e dare un addio ai termovalorizzatori nostrani».
La scelta della Liguria
«Per la cronaca è quello che ha deciso di fare la regione Liguria: nessun inceneritore, bocciati per i costi eccessivi, differenziata al 65% con il porta a porta, produzione di metano da immettere in rete dalle frazioni organiche, massimo recupero di materiali da usare in nuove produzioni. E questa scelta la possiamo fare, proprio grazie al fatto che una decina di anni fa abbiamo bloccato un inceneritore (anche lui su modello danese) sotto la Lanterna ( il faro simbolo della citta) e anche perchè la grande discarica di Scarpino, alle spalle della città, finalmente è stata messa in regola e non potrà più ricevere gli scarti indifferenziati».
In Italia, fa osservare ancora Valerio, per legge i nostri scarti sono diventati una fonte di energia rinnovabile. «Questa norma, che la solita anonima manina ha introdotto quando abbiamo recepito una norma europea per incentivare le energie rinnovabili, ci costa 390 milioni di euro all’anno, tanto vale il regalo fatto ai gestori degli inceneritori nostrani. Sono soldi pagati, a loro insaputa, da tutti gli italiani con la bolletta della luce, nella voce A3 delle tasse a carico».