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Greenpeace e ReCommon portano Eni in tribunale

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Greenpeace e ReCommon, insieme a dodici cittadini, molti provenienti da aree già colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici, hanno deciso di portare Eni in tribunale affinché «riveda la la propria strategia industriale per ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020», spiega l’associazione.
Greenpeace e ReCommon portano Eni in tribunale
Greenpeace e ReCommon, insieme a dodici cittadini, molti provenienti da aree già colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici, hanno deciso di portare Eni in tribunale. L’associazione ha notificato l’atto di citazione «sia nei confronti della società, che del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., in qualità di azionisti che esercitano un’influenza dominante sulla società».
L’iniziativa prende il nome di #LaGiustaCausa e i promotori chiedono al tribunale di Roma:
  • l’accertamento del danno e della violazione dei diritti umani alla vita, alla salute e a una vita familiare indisturbata. 
  • che ENI sia obbligata a rivedere la propria strategia industriale per ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, come indicato dalla comunità scientifica internazionale per mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi Centigradi secondo il dettato dell’Accordo di Parigi sul clima.
  • la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze, azionista influente di ENI, ad adottare una politica climatica che guidi la sua partecipazione nella società in linea con l’Accordo di Parigi. 
«Faccio causa a Eni e alle realtà statali che la controllano perché le loro strategie non rispettano gli accordi di Parigi in termini di emissioni di CO2», ha spiegato Vanni, uno dei cittadini con cui è stata fatta partire la causa. «L’operato di ENI contribuisce ad aggravare notevolmente la crisi climatica, con conseguenze sempre peggiori per me e per il mio territorio, il Polesine. Nei pressi del Delta del Po, il mare avanzerà sempre di più nelle nostre terre, e con la risalita del cuneo salino rischiamo di trovarci a vivere in un vero e proprio deserto o di essere costretti abbandonare la nostra casa e la nostra terra».
 «La Regione in cui vivo, il Piemonte, subisce già oggi gli effetti di una drammatica siccità, come dimostra il bassissimo livello delle precipitazioni registrato quest’inverno», ha racconta invece Rachele. «Un problema che probabilmente si aggraverà in futuro. Ecco perché ho deciso di partecipare a questa azione legale in qualità di parte lesa. Non ritengo giusto che il principale fornitore di energia italiano, di cui lo Stato tra l’altro è il maggiore azionista, possa portare avanti anno dopo anno un programma di investimenti che va contro gli obiettivi fissati dall’ultimo rapporto dell’IPCC, massima autorità scientifica globale in fatto di cambiamenti climatici».
«L’attuale strategia di decarbonizzazione di ENI è palesemente in violazione degli impegni presi in sede internazionale dal governo italiano e dalla stessa società – spiega Greenpeace – È inaccettabile che, a fronte di extra profitti record realizzati nel 2022, Eni continui a investire nell’espansione del suo business fossile, a danno del clima e delle comunità locali che in tutto il mondo subiscono gli impatti del riscaldamento globale».
Greenpeace ha anche avviato una raccolta di firme QUI

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