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Greenpeace: «Ecco perché il gas non è la scelta giusta per la transizione ecologica»

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«Il gas non è la scelta giusta per la transizione ecologica. Qualunque sia la sua provenienza, il suo impiego per il riscaldamento o per la produzione di energia elettrica, il gas fossile ha un elevato impatto in termini di emissioni di gas serra. Se oltre al suo impiego si prende in considerazione l’intero processo di estrazione e di trasporto, si hanno elevate emissioni (comprese quelle accidentali) di metano in atmosfera»: così l’associazione Greenpeace.
Greenpeace: «Ecco perché il gas non è la scelta giusta per la transizione ecologica»
«Se da un lato l’IPCC e la comunità scientifica  concordano sulla necessità di non utilizzare più i combustibili fossili, dall’altro anche l’Agenzia internazionale dell’energia, lo scorso dicembre, ha lanciato un monito sul GNL. Nel report “ How avoid gas shortages in the European Union”, l’agenzia avverte che le forniture di GNL non sono illimitate e che con l’aumento previsto dell’import cinese a causa della ripresa delle attività produttive, il gas a disposizione potrebbe essere insufficiente per coprire tutte le richieste e si rischiano nuovi aumenti dei prezzi – scrive Greenpeace in una nota – Legarci al gas statunitense potrebbe dunque far aumentare le emissioni climalteranti. Si rischia inoltre un aumento dei prezzi (strettamente legato all’aumento della domanda), che potrebbe finire per gravare sulle bollette di cittadine e cittadini».
«Nonostante queste previsioni, anche l’Italia ha deciso di legarsi al gas statunitense. Una scelta suffragata da una massiccia campagna comunicativadell’industria fossile, che presenta questo gas (e quindi i rigassificatori che ci permetteranno di usarlo) come la “salvezza energetica” per l’Europa – prosegue Greenpeace – Il gas non è la scelta giusta per la transizione ecologica. Qualunque sia la sua provenienza, il suo impiego per il riscaldamento o per la produzione di energia elettrica, il gas fossile ha un elevato impatto in termini di emissioni di gas serra. Se oltre al suo impiego si prende in considerazione l’intero processo di estrazione e di trasporto (tramite gasdotti o navi gasiere), si hanno elevate emissioni (comprese quelle accidentali) di metano in atmosfera. Le cosiddette emissioni fuggitive del metano devono essere prese in considerazione e contabilizzate poiché, in un arco di tempo di vent’anni, il potere climalterante del metano (GWP 20) è 85 volte superiore a quello dell’anidride carbonica. Aumentare le estrazioni, il trasporto e l’uso del gas fossile è quindi un crimine nei confronti dell’ambiente e delle future generazioni».
«Se il gas è dannoso per il nostro futuro, quello statunitense, seppur venduto come “salvifico” per il nostro continente, è ancora più dannoso per il clima – prosegue ancora Greenpeace – La sua impronta di carbonio è molto più alta rispetto al gas fossile che arriva in Europa tramite i gasdotti. L’intensità di carbonio del GNL che giunge ai rigassificatori è quasi quattro volte superiore al gas trasportato tramite pipeline, questo perché vanno presi in considerazione anche le emissioni legate al trasporto, alla liquefazione e alla rigassificazione. Se l’impronta di carbonio media europea del gas commercializzato tramite gasdotto è di 35 kg CO2eq/boe (barile di petrolio equivalente),  quella del gas proveniente dagli Stati Uniti ha un valore medio di 75 kg CO2eq/boe. Quindi non solo abbiamo ceduto alle industrie fossili dimenticando la transizione per i loro interessi, ma stiamo anche legando il nostro Paese a un combustibile più impattante di quello che avremmo già dovuto abbandonare».
«Ma tutto questo gas ci serve e ci salverà o ci condannerà all’inferno climatico? Nella sola prima metà del 2022, gli Stati Uniti sono risultati il ​​principale fornitore di GNL dell’Unione Europea, con  quasi il 50% delle importazioni totali. Negli ultimi quattro anni l’aumento di import di GNL statunitense da parte dell’UE  è stato pari al 1767%, e del 140% nel solo 2021 – scrive ancora l’associazione – La situazione italiana è del tutto analoga a quella dell’Europa: nel 2022 il nostro Paese è stato il quarto Stato europeo per import di gas americano (quinto se si considera anche il Regno Unito); prima di noi solo Francia, Spagna e Paesi Bassi. L’import dagli Stati Uniti è aumentato del 630% in 5 anni e  del 240% nel solo 2022; di tutto il GNL proveniente dagli Stati Uniti, il 4% (3,25 miliardi di metri cubi) arriva in Italia».
«Questo gas non ci serve e potremmo farne a meno. Nell’ultimo anno i consumi di gas in Italia  sono diminuiti del 9,8% e, secondo dati di Elettricità Futura, sbloccando le autorizzazioni per le nuove rinnovabili  potremmo installare 85 GW in otto anni riducendo le importazioni di gas di 160 miliardi di metri cubi e risparmiando 110 miliardi di euro. Il gas non è quindi la soluzione di cui abbiamo bisogno: serve sbloccare le rinnovabili, incentivare le installazioni e puntare sul risparmio energetico. Legarci ancora una volta a un combustibile altamente climalterante proveniente dall’estero dimostra che non abbiamo imparato dal passato e non crediamo veramente nella transizione energetica. Gli studi lo dimostrano: un futuro senza combustibili fossili è possibile, ma si deve agire ora con coraggio» conclude Greenpeace. 
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