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Greenpeace: «Il Mare Adriatico ha bisogno di aree protette»

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«Durante l’ultima spedizione nell’Alto Adriatico, Greenpeace ha offerto la sua nave Rainbow Warrior come piattaforma di ricerca al Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova, che ha il compito di monitorare la popolazione di delfini e tartarughe in un’area da poco protetta proprio di fronte al Parco del Delta del Po.  I risultati della ricerca confermano la diffusa presenza di delfini e tartarughe: serve un’area protetta più ampia per difenderli!»: lo afferma Greenpeace.
Greenpeace: «Il Mare Adriatico ha bisogno di aree protette»
«Durante l’ultima  spedizione nell’Alto Adriatico, Greenpeace ha offerto la sua nave Rainbow Warrior come piattaforma di ricerca al Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova, che ha il compito di monitorare la popolazione di delfini e tartarughe in un’area da poco protetta proprio di fronte al Parco del Delta del Po. L’obiettivo è testimoniare la ricchezza di questo tratto di mare, colpito da impatti multipli: pesca eccessiva, trasporti, estrazione di idrocarburi, inquinanti portati dai fiumi e da altre fonti terrestri»: lo afferma Greenpeace sul suo sito web. L’associazione spiega che «i  risultati della ricerca confermano la diffusa presenza di delfini e tartarughe» e lancia la richiesta di «un’area protetta più ampia per difenderli».
dati raccolti «vanno oltre le attese e mostrano come quest’area, pur esposta a diverse tipologie di impatti ambientali, sia ricca di biodiversità – prosegue Greenpeace – I ricercatori, impegnati in una settimana di monitoraggi visivi ed acustici, hanno registrato: 14 avvistamenti di tursiopi e 8 di tartarughe marine nell’area protetta, a conferma dell’importanza di questo areale marino e della sua gestione per entrambe le specie; 5 avvistamenti di tursiopi e 7 di tartarughe marine nell’area, limitrofa al SIC, individuata per lo sviluppo del progetto Teodorico di estrazione di idrocarburi; la presenza di delfini giovani e cuccioli in entrambe le aree, a testimonianza della presenza di una popolazione attiva a livello riproduttivo».
«Dai dati acustici, inoltre, in particolare nell’area tra il SIC e il progetto Teodorico, emerge un comportamento degli animali riconducibile a socializzazione o ecolocalizzazione a fini alimentari – scrive ancora l’associazione – Questo suggerisce che il rumore prodotto dalle attività correlate al progetto Teodorico potrebbe avere un grave impatto sulla popolazione di delfini che vive in queste acque. Allo stesso modo, le registrazioni del rumore prodotto da natanti nelle vicinanze degli animali hanno evidenziato il disturbo ad opera del traffico marittimo in Adriatico Settentrionale sulla popolazione di cetacei. I dati raccolti confermano che l’ecosistema marino dell’Adriatico Settentrionale è unico nel suo genere, con habitat e specie chiave che vanno protette dalle attività umane, a partire dai progetti di estrazione che ne minacciano l’intero equilibrio».
«Particolare importanza ha il Delta del Po e l’area di mare che gli sta davanti, ricca di nutrienti che “attirano” numerose specie. Trivellare in quest’area genera rischi diretti: inquinamento, rumore e subsidenza (dopo le trivellazioni il terreno “sprofonda”), a cui si aggiungono quelli dell’estrazione e dell’impiego del metano, che è un pericoloso gas serra. Il cambiamento climatico minaccia già il Mediterraneo in generale e il delta del Po in particolare» conclude Greenpeace, secondo cui il mare Adriatico ha bisogno «di una corretta e sostenibile gestione dell’area protetta e di un suo ampliamento».

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