Greenpeace, in questi giorni all’isola d’Elba per la spedizione di ricerca “Difendiamo il mare”, ha reso noti i primi risultati dei monitoraggi sugli ecosistemi marini costieri svolti nell’area insieme al DiSTAV dell’Universita’ di Genova nell’ambito del progetto “Mare caldo”. I segni del’impatto sono evidenti. Per alcune specie algali sui fondali si è registrata una morìa fino al 50%.
Greenpeace, che si trova all’Isola d’Elba per la spedizione di ricerca “Difendiamo il Mare”, ha reso noti i primi risultati dei monitoraggi sugli ecosistemi marini costieri svolti nell’area insieme al DiSTAV dell’Universita’ di Genova nell’ambito del Progetto “Mare Caldo”.
Chiari segnali degli impatti dei cambiamenti climatici sui nostri mari arrivano sia dai termometri installati lo scorso inverno dall’associazione in mare a varie profondita’ sia dalle osservazioni preliminari fatte durante le immersioni. Sono stati osservati fenomeni di necrosi in specie simbolo dei fondali come la gorgonia gialla (Eunicella cavolini) e la gorgonia bianca (Eunicella singularis): in alcune aree la moria ha colpito fino al 50 per cento delle colonie. Nel caso delle gorgonie rosse (Paramuricea clavata) il 10 per cento circa di quelle osservate e’ risultata impattata, e fa temere il fatto che la maggior parte delle colonie siano state trovate ricoperte da mucillagine.
All’Isola d’Elba e’ stata rilevata una copertura quasi totale dei fondali monitorati tra i 10 e i 30 metri da parte della mucillagine, fenomeno in parte correlato proprio all’aumento delle temperature e che contribuisce alla morte degli organismi per soffocamento.
Diversa la situazione osservata sui siti monitorati all’Isola di Pianosa, area totalmente protetta, dove l’assenza di impatti antropici locali ha favorito il mantenimento di vere e proprie foreste algali, habitat ormai rari in quasi tutto il Mediterraneo, e dove sono state osservate meno mucillagini sul fondo. Gli effetti diretti del cambiamento climatico e delle anomalie termiche pregresse sono stati invece osservati sia all’Isola d’Elba sia a Pianosa, come lo sbiancamento o la morte del corallo madreporaro mediterraneo (Cladocora caespitosa) e delle alghe corallinacee, nonche’ la morte di numerosi individui del grosso bivalve Pinna nobilis, colpiti negli anni passati da una moria di massa dovuta a un consorzio di patogeni la cui diffusione e’ favorita proprio dell’aumento di temperatura dell’acqua.
“Le prime osservazioni fatte durante i monitoraggi sembrano indicare come l’aumento delle temperature stia causando impatti evidenti anche all’Elba e a Pianosa, con la morte o lo sbiancamento di alcune specie piu’ sensibili e la diffusione di specie termofile, che arrivano da mari piu’ caldi. La maggiore biodiversita’ e la presenza ridotta di mucillagine a Pianosa sono un chiaro segnale che, laddove il mare e’ totalmente protetto, le specie hanno una maggiore resilienza al cambiamento, che purtroppo e’ gia’ in atto”, dichiara Monica Montefalcone, responsabile scientifico del progetto “Mare Caldo” per il DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Universita’ di Genova.
Proprio vicino alla costa dell’Isola d’Elba Greenpeace, insieme all’Universita’ di Genova, aveva posizionato lo scorso novembre una stazione pilota per misurare le variazioni delle temperature del mare a diverse profondita’. In questi giorni sono stati scaricati i primi dati dei termometri che indicano, oltre a un aumento repentino delle temperature che attorno ai 35 metri di profondita’ sono arrivate fino a 20°C a inizio giugno, anche un aumento delle temperature invernali, con una temperatura media minima tra dicembre e marzo di 15°C, di ben un grado piu’ alta delle medie registrate in superficie fino al 2006.
Questo riscaldamento delle acque favorisce lo spostamento verso nord delle specie termofile, come confermano le osservazioni fatte durante i monitoraggi, che hanno evidenziato la presenza di pesci normalmente abbondanti in aree piu’ calde del Mediterraneo, come la donzella pavonina (Thalassoma pavo) o alcune specie di stelle marine (Hacelia attenuata) o specie considerate “aliene” come l’alga verde Caulerpa cylindracea, originaria delle coste occidentali dell’Australia.