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Il collettivo di artisti che progetta il riutilizzo delle opere pubbliche incompiute

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Il collettivo di artisti Alterazioni Video, che ha raccontato le opere pubbliche incompiute italiane (ben 752), propone un approfondito momento di confronto costruttivo a Matera per elaborare il riutilizzo creativo degli edifici abbandonati e degli spazi pubblici. In una prospettiva di resilienza.
Una mappa dell’Italia fatta di puntini neri emerge dal fondo bianco come dal nulla: sono i punti che indicano le opere pubbliche incompiute di cui è costellata la nostra nazione. 752 fra teatri, svincoli autostradali, ospedali, brandelli di palazzi mai portati a termine che, secondo l’elenco stilato dal Sistema Informativo Monitoraggio Opere Incompiute (S.I.M.O.I), occupano il territorio nazionale dal dopoguerra a oggi.
La mappa è stata disegnata dal collettivo di artisti Alterazioni Video a partire dai dati del Ministero dei Trasporti, dalle indicazioni di singoli cittadini e da una ricerca sul campo durata più di un decennio, confluita nel libro Incompiuto siciliano, la nascita di uno stile, edito da Humboldt Books, in collaborazione con Fosbury Architecture.
Il volume è un’indagine su quello che provocatoriamente viene definito dagli autori come il più importante stile architettonico italiano degli ultimi 50 anni, “Lo stile che racconta il prezzo della pace sociale, pagata con la collusione e lo scambio di favori, di voti” scrivono Filippo Minelli e Davide Giannella nel testo introduttivo.
Le politiche deviate, la fallacia di una certa idea di “sviluppo” e la noncuranza nel bruciare inutilmente risorse e ambiente emergono da questo lavoro, che testimonia la storia di un paese in cui la continuità, organica a tutto il territorio, è data dal materiale che ritorna: il cemento armato.

La narrazione delle opere incompiute

Come in un moderno Grand Tour da cui nessuna regione è risparmiata, il libro ci porta fra i resti di un’Italia in cantiere, delineando attraverso i diversi linguaggi che lo compongono una narrazione non didascalica della contemporaneità.
Una carrellata di 160 foto di opere incompiute sottrae lo spettatore allo sguardo distratto con cui attraversa gli spazi urbani e non, all’assuefazione con cui passiamo di fianco agli scempi del paesaggio a cui ormai siamo abituati, restituendoci una visione fortemente impattante.
“Attraverso l’accostamento di un numero elevato di foto volevamo dare un senso di vertigine” spiega Andrea Masu, membro di Alterazioni Video e fra gli ideatori del progetto. “Come quando vediamo emergere il Paese attraverso la mappa dell’Italia costituita delle opere incompiute: un Paese che non esiste”.
Se ognuno di noi convive ogni giorno con elementi incompiuti che ci invecchiano accanto, la ricerca è un tentativo di raccontare il fenomeno nella sua ampiezza.
Il linguaggio dell’arte contemporanea e l’approccio provocatorio che da sempre contraddistingue il lavoro del gruppo è stato il perno per promuovere una rilettura in chiave estetica, permettendo la riapertura di un dialogo sull’argomento.

Progetto partito dalla Sicilia

Il progetto ha mosso i suoi primi passi qualche anno fa in Sicilia, la regione con il più alto numero di opere mai realizzate (sono circa 250) e in particolare a Giarre, dove se ne trovano 9. Proclamata dal collettivo la capitale dell’Incompiuto, è qui che nel 2010 è iniziato un confronto con il territorio e con il comune, che ha portato all’istituzione del Parco dell’Incompiuto e all’organizzazione del primo festival delle incompiute della città. A Giarre sono nate anche le importanti collaborazioni con Gabriele Basilico, che ha realizzato il saggio fotografico presente nel volume e Marc Augé, che firma uno dei contributi che compongono la sezione testi insieme, tra gli altri, al collettivo di scrittori Wu Ming, il flosofo Paul Virilio, l’archeologo Salvatore Settis e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
Quest’ultimo racconta di come la riapertura del teatro lirico del capoluogo siciliano, dopo 24 anni di inattività, sia diventata il simbolo della rinascita della città.
Rinascita che non sono riusciti a incarnare altri fabbricati che compongono il variegato panorama del Paese in potenza: edifici moderni come la piscina Efsa di Parma o il cinema teatro di Molinella, in provincia di Bologna o fatiscenti come il centro di calcolo delle ferrovie dello stato di Milano e la sede delle agenzie delle entrate ad Azzano San Paolo, provincia di Bergamo. Oppure i tratti di viadotto che finiscono nel nulla, come quello a Macchia di Isernia, a Cherasco, nel Cuneese o a Cagliari.
Il cemento e il metallo arrugginito che da essi fuoriesce sembra lo scheletro scoperto delle costruzioni impersonali che frequentiamo ogni giorno, come i centri commerciali, a ben guardare non meno oscene di quelle di cui la natura si sta riappropriando, cancellandole pian piano, “ricoprendole pudicamente in certi punti di un velo di vegetazione” per dirla con le parole di  Augè.

I “non luoghi”

Sono i non luoghi di cui parla il sociologo francese, in questo caso “arrivati troppo presto in un mondo che non era pronto ad accoglierli”; “Niente affatto banali, o insignificanti” gli fa eco Wu Ming sempre dalle pagine del volume: “Un passo avanti ulteriore, forse decisivo, rispetto ai non luoghi, quelli di transito e consumo, che hanno dominato e dominano la scena del pianeta contemporaneo: aeroporti, stazioni, autostrade, centri commerciali. Dopo aver anestetizzato prima, eliminato poi, le percezioni – durata, distanza, identità, sapori, odori – si giunge all’abolizione stessa dell’umano”.
Il paesaggio catturato dalle foto non rappresenta mai persone: “Pur essendo colui che ha attivato tutto, l’umano è estromesso, non esiste, scompare dalla scena: rimane solo la colonizzazione vegetale che trasforma le strutture, le forme, in un lungo processo che si sviluppa: uno dei pochi che possiamo osservare” spiega ancora Andrea Masu.
E’ proprio da questa visione che Alterazioni Video e gli Architetti di Fosbury Architecture sono passati da una fase di osservazione e narrazione ad una di intervento, in cui si cerca di aprire al pubblico alcuni di questi luoghi, come per esempio la diga di Blufi, in Sicilia.
Qui, con il coinvolgimento della comunità adiacente ottenuto anche grazie alla Summer School organizzata la scorsa estate dal collettivo, si vorrebbe istituire un parco agricolo ricreativo e sportivo, che ripristini uno stato naturale antecedente all’intervento umano, ma che faccia i conti anche con la struttura che vi sorge.
“Il problema del crescente consumo di suolo ci costringe a cambiare il modo in cui guardiamo al territorio” spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, associazione che qualche tempo fa ha stilato una mappa delle opere, mai realizzate o in progetto, che sarebbero davvero utili al nostro Paese (#Sbloccafuturo, Viaggio nell’Italia bloccata: 101 opere incompiute, utili al territorio e ai cittadini). “Se in alcuni casi è auspicabile l’abbattimento delle incompiute, il riutilizzo di alcune di queste significa ripensare i luoghi nel presente e mettere in moto le opportunità dei territori, come avviene in tutte quelle esperienze nate all’interno di edifici abbandonati e che oggi sono patrimonio delle città. Se riuscissimo ad aprirci a questa modalità non sempre in forma casuale, ci sarebbe più spazio per promuovere idee di artisti, di architetti e di soggetti territoriali” conclude Zanchini. Ed è così che possiamo iniziare ad intendere oggi una prospettiva di resilienza per la salvaguardia del paesaggio e del territorio.
La seconda edizione della Summer School, una settimana per riflettere sulla definizione dello spazio pubblico comune e del lavoro collettivo sul territorio si terrà a Luglio a Matera presso la piscina incompiuta di Serra Rifusa: sono già aperte le iscrizioni.
Per informazioni scrivere a incompiutosiciliano@gmail.com

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