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Ilva: inquinare ad oltranza?

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Mentre il gip respinge la richiesta di dissequestro della merce confiscata, 5 grandi aziende impugnano la legge regionale sulla valutazione del danno. Attorno all’Ilva si consuma il conflitto tra le ragioni del profitto e il diritto alla salute
Ormai non si può neanche più parlare di conflitto tra lavoro e ambiente. Attorno all’Ilva si consuma il conflitto tra le ragioni del profitto e il diritto alla salute dei cittadini. Il gip del tribunale di Taranto ha respinto l’istanza dell’Ilva. Non potrà rientrare nel possesso dei prodotti finiti e semilavorati sequestrati il 26 novembre scorso. L’istanza era stata presentata una settimana fa dall’Ilva alla procura sulla base del decreto legge varato il 3 dicembre. La merce, pari a 1.700.000 tonnellate circa, ha un valore di un miliardo di euro ed è in giacenza sulle banchine dell’area portuale dell’Ilva: i prodotti stavano per essere commercializzati quando è arrivato il decreto di sequestro del gip Todisco.
Tutto questo succede mentre 5 grandi aziende provano ad annullare la legge regionale sulla valutazione del danno sanitario. Sotto la regia di Confindustria Puglia – ha spiegato il consigliere regionale pugliese, Alfredo Cervellera – cinque grandi industrie hanno presentato ricorso al Tar
Per la procura, ai prodotti Ilva non si può applicare il decreto legge del 3 dicembre dal momento che la legge non ha effetto retroattivo. «L’attività con la relativa produzione avvenuta prima dell’emanazione del decreto – ha scritto la Procura – non è soggetta alle regole ivi contenute». A quanto si è saputo per ora, l’argomentazione del gip si articola su un’analoga motivazione. Il divieto di retroattività della legge è «fondamentale valore di civilità giuridica e principio generale dell’ordinamento»: lo scrive il gip Patrizia Todisco nell’ordinanza con la quale ha respinto la richiesta dell’Ilva di dissequestro della merce sulle banchine dell’area portuale. Il giudice fa riferimento a quanto previsto dall’articolo 3 comma 3 del decreto legge sull’Ilva che dispone la reimmissione della società nel possesso dei beni «a decorrere dalla data di entrata in vigore» dello stesso provvedimento, il 3 dicembre scorso. La merce giacente sulle banchine, prodotti finiti e semilavorati, è destinata alla vendita o al trasferimento in altri stabilimenti del gruppo Riva.
Intanto il Consiglio dei ministri ha deciso che il Governo presenterà un emendamento interpretativo al decreto salva-Taranto. Ad annunciarlo il ministero dell’Ambiente, secondo cui l’azienda potrà commercializzare quanto prodotto prima del decreto.

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