L’oro blu non è una risorsa infinita e “fra le sfide emergenti” in Italia c’è quella di continuare a mantenere una adeguata qualità dell’acqua potabile. A dirlo è Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea).
L’oro blu non è una risorsa infinita e “fra le sfide emergenti” in Italia c’è quella di continuare a mantenere una adeguata qualità dell’acqua potabile. A dirlo è Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), secondo cui il fattore inquinamento, unito alla diminuzione della portata di laghi e fiumi, non farà che aumentare la concentrazione di sostanze chimiche e di farmaci nell’acqua, che andrà sempre più diluita per raggiungere la qualità adeguata come acqua potabile. “In Italia – spiega il direttore esecutivo dell’Aea – vediamo tre grossi problemi: prima di tutto un aumento del livello di perdita dei sedimenti a causa delle alluvioni, che sta distruggendo i tradizionali corsi dei fiumi e portando via suolo fertile ai terreni agricoli, che si deposita nell’Adriatico”. Inoltre “rileviamo un aumento – afferma McGlade – di flussi ridotti dei bacini, che può provocare problemi potenziali per l’acqua potabile, perchè se hai un aumento di concentrazioni di sostanze, allora c’è un’esposizione maggiore a prodotti farmaceutici e altro”, con un potenziale impatto sulla salute. L’ultimo rapporto dell’Aea sulle acque europee “è critico – afferma McGlade – sul fatto che serve attenzione sul da farsi, a partire dall’avere maggiori informazioni sulla presenza dei prodotti chimici”. Poi c’è la questione dei cambiamenti climatici, che pone problemi diversi a seconda delle aree. “In Nord Europa – spiega l’esperta – si tratterà di fronteggiare maggiori flussi d’acqua, mentre al Sud di come evitare la loro riduzione”. Di questo dovrà tenere conto anche la nuova legislazione che la Commissione Ue sta mettendo a punto, considerando le diverse necessità per area geografica. Secondo il direttore dell’Aea in Europa “non possiamo continuare ad assorbire quantità illimitate di inquinanti senza danneggiare le risorse e gli ecosistemi da cui dipendiamo”. Nel quadro complessivo europeo, “il 48% delle nostre acque non rispettano i criteri per essere considerati in buona salute – afferma McGlade – e gran pate di questo deriva dalla presenza di sostanze chimiche e sostanze pericolose. Quel che è triste è che nel 40% dei casi non abbiamo informazioni sulle risorse idriche, anche se esiste una legislazione”. Occorre quindi che l’Unione europea “faccia veramente un passo avanti”. Per il direttore esecutivo dell’Aea, una delle cause della cattiva salute dei corpi idrici arriva dall’agricoltura, i cui pesticidi e fertilizzanti causano l’eutrofizzazione degli ecosistemi e un’altra è il cambiamento del flusso naturale dei bacini. “Più manipoliamo e generiamo servizi artificiali, ad esempio per creare nuove rotte fluviali, meno buona è l’acqua” afferma McGlade. Oltre alla qualità c’è anche il problema della quantità in Europa: sono oltre il 20% i fiumi che stanno vivendo una portata ridotta, che non significa siccità, ma un livello sufficientemente basso per avere un impatto sull’energia, pesci e fauna.
Fonte: Ansa