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Julia Hill, successo a Firenze

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Grande successo il 19 settembre per la serata all’Odeon di Firenze con Julia Hill, la ragazza che trascorse 2 anni su una sequoia salvando una foresta in California. L’evento era organizzato da Terra Nuova e cinema Odeon Firenze.

Tanto pubblico e tanto calore hanno accolto lunedì sera 19 settembre Julia Hill  al cinema Odeon di Firenze, evento organizzato da Terra Nuova insieme all’Odeon stesso. Julia è grande sostenitrice di Terra Nuova e a lei è dedicato l’ultima libro della collana Terra Nuova dei Piccoli, “Julia e la sequoia”. Ha raccontato la sua militanza, il sio impegno e ha invitato tutti a “fare la differenza”.

Vi proponiamo l’intervista a Julia Hill pubblicata sul numero di settembre 2016 di Terra Nuova.
You make the difference, tu fai la differenza. Lei l’ha fatta e questo monito è il suo mantra, fin da quando, nel 1997, ha deciso di scalare Luna, una sequoia millenaria alta sessanta metri minacciata dal disboscamento massiccio che era in atto in ampie aree della California. Julia “Butterfly” Hill è scesa da quella sequoia due anni dopo, cambiata profondamente da un’esperienza quasi mistica di fusione con la natura che aveva vissuto con lo spirito di una missione. I detrattori dell’epoca le diedero dell’invasata, ma alla fine quell’azione di disubbidienza civile pacificamente rivoluzionaria ha fatto la differenza: ha permesso di salvare non solo Luna, ma tutto l’ecosistema circostante.
Da allora, in un’analogia di situazioni e stati d’animo senza soluzione di continuità, Julia Hill ha vissuto e lottato per cambiare le cose, per fare ed essere la differenza e per dimostrare che ciò è possibile per tutti noi, nessuno escluso.
«Mettetevi in gioco» spiega. «Credete nei vostri sogni e nel vostro potere di cambiare il mondo. Non permettete che la paura vi fermi, confidate nel vostro intuito. Siate tanto grandi quanto riuscite ad esserlo, ma rimanete al contempo umili». Così lei ha agito e vissuto, continuando a sostenere le cause ambientaliste, le azioni per la tutela delle foreste, i movimenti per la difesa dei diritti delle donne e dei popoli nativi, le comunità di comunione spirituale dove fortissimi sono il senso di appartenenza a Madre Terra e il rispetto per tutte le creature viventi.
Ciascuno di noi può fare la differenza e tu sei stata un esempio vivente di questo impegno quotidiano che può trasformare la vita nostra e di chi ci sta intorno. L’eco di quei 700 giorni sulla sequoia è stato deflagrante, attivando sensibilità, attenzione, consapevolezza. Cosa è successo dentro di te in quei due anni? La tua vita è cambiata?
«Molto della mia vita ha subìto una trasformazione sia durante la mia azione sull’albero che una volta scesa.  Nel profondo sono sempre la stessa persona ma, come una farfalla, la mia esperienza mi ha trasformato in qualcosa di migliore. Ho imparato a prestare attenzione ad ogni singolo pensiero, parola, azione e a riconoscere quanto essi siano potenti e di conseguenza quanto potente ognuno di noi possa essere veramente».
Impegno e disobbedienza civile hanno caratterizzato anche le tue scelte di vita dopo i fatti del ‘97-‘99. Quali esperienze hai vissuto? Sei stata protagonista di altre battaglie e mobilitazioni?
«Da quando l’esperienza sulla sequoia si è conclusa, ho partecipato a molte azioni dirette e di disobbedienza civile. Sono stata in Ecuador a sostenere la protesta contro l’oleodotto che minacciava gran parte delle foreste in quel paese e mi hanno anche arrestata e deportata. Mi sono schierata in prima linea negli Stati Uniti contro la guerra in Iraq e ho scelto di diventare una war-tax resister, ossia di destinare ogni centesimo delle mie tasse a cause a cui tengo, rifiutandomi di pagarle all’Ufficio delle Entrate. Sono salita di nuovo su un albero a Los Angeles in California nel tentativo di salvare il giardino urbano più grande degli Stati Uniti minacciato da una grande catena di centri commerciali. Queste sono solo alcune azioni, ma sono molte le cause che seguo e sostengo».
Ritieni che in certe mobilitazioni e attivismi pro-ambiente ci sia il rischio di derive violente o potenzialmente pericolose per la collettività? Dove è bene porre il limite?

«Quando si sceglie l’azione diretta esistono sempre dei rischi, ma tutte le più grandi conquiste della nostra società sono state raggiunte per merito di persone che hanno scelto di assumersi tali rischi. Arriva un momento in cui è necessario mettere il nostro corpo esattamente dove risiede ciò in cui crediamo».
I media ti hanno sempre sostenuta o hai avuto anche esperienze negative, di opposizione? Il fatto di essere comunque una “celebrità” ti crea o ti ha creato problemi?
«I media non sempre mi hanno aiutato, sono più interessati a vendere un prodotto ai consumatori che a educare veramente la gente e quindi, di conseguenza, non dicono mai tutta la verità su nessuna questione. Essere una “celebrità” ha reso la mia vita molto più difficile perché la gente ha tante opinioni e convinzioni su di me, tante pretese e attese. Ma, a differenza di una star del cinema o di una musicista famosa, la notorietà non ha fatto e non fa di me una persona ricca.  Mi sono dunque ritrovata a dover affrontare tutti gli svantaggi dell’essere una celebrità senza godere dei vantaggi. L’unica ragione per cui ho scelto di affrontare la ribalta nonostante tutto è il fatto che mi permette di aiutare a diffondere consapevolezza e fiducia nell’azione e a destinare fondi alle cause a cui tengo. Se non fosse per questo, semplicemente scomparirei e nessuno sentirebbe più parlare di me».
Tu ti definisci una life coach. In cosa noi dobbiamo essere allenati o allenarci per imparare a vivere una vita “utile”? Come sposare impegno sociale e stile di vita? Che ruolo ha il modo di fare la spesa, alimentarsi e curarsi nella tua idea di “fare la differenza”?
«In qualità di life coach aiuto le persone a vivere le loro vite secondo uno scopo, con passione e consapevolezza. Ogni singola scelta che compiamo fa la differenza. Ciò che scegliamo o non scegliamo di comprare; la decisione di adottare un modo di vivere semplice invece di pensare continuamente di aver bisogno di nuove cose per essere felici; le nostre abitudini alimentari e il loro enorme impatto sul pianeta, sugli animali e sul nostro futuro. Io, per esempio, sono una vegana felice perché mi rendo conto che una dieta a base vegetale e che privilegia prodotti locali è una delle scelte più consapevoli e importanti che posso fare; e ancora, camminare, andare in bicicletta, usare i mezzi pubblici ogni volta che è possibile invece di utilizzare l’automobile. Ogni piccola azione conduce sempre ad un grande cambiamento».
È sempre più difficile passare alle nuove generazioni, bambini e adolescenti, l’idea di prendersi cura del pianeta. Cosa suggerisci?
«Il miglior metodo di insegnamento è quello di essere un esempio. Ogni volta che dimostriamo che tenere al pianeta, agli animali e l’uno all’altro è qualcosa di divertente, creativo e che ci fa stare bene, allora riusciamo a coinvolgere anche altri e a spingerli a condividere con noi un’idea o un’azione. Quando invece cerchiamo di predicare e imporre, otteniamo solitamente l’effetto opposto e la gente si allontana. A nessuno piace sentirsi dire ciò che deve fare. Quando invece incoraggiamo gli altri attraverso scelte che noi stessi facciamo in prima persona e mostriamo loro come tali scelte ci rendano felici, positivi, divertenti e inclusivi, allora sempre più persone vogliono partecipare».
L’amore per il pianeta e la sensibilizzazione per una vita sostenibile  appartiene sia agli attivisti militanti come te, che ad attivisti 
più “spirituali”, che lavorano molto sulla diffusione della  consapevolezza attraverso la parola e l’esempio di una vita retta, sobria e rispettosa, come il monaco zen Thich Nhat Hanh per esempio. Quali analogie e quali differenze riscontri con persone come lui? 
«Mentre ero su Luna ho iniziato a parlare di un processo che io chiamo “attivazione spirituale”. Si tratta della combinazione tra una pratica spirituale/meditativa (come meditazione, yoga o le pratiche di risveglio della consapevolezza) e la scelta di mettersi al servizio degli altri. Sono convinta che il mio lavoro e il mio impegno siano rivolti ad aiutare a guarire ciò che vedo come una profonda crisi spirituale nel mondo contemporaneo. La chiamo sindrome della disconnessione. Ogni questione che ci troviamo ad affrontare oggi, dalla distruzione ambientale, all’oppressione e alla violenza contro le persone, alla contaminazione del cibo e dell’acqua, e la lista è molto lunga, è un sintomo; è la manifestazione di una sindrome di profonda disconnessione tra noi e il mondo che ci ospita. Dobbiamo lavorare per guarire le ferite dentro noi stessi così da poter essere più sani ed efficaci nel guarire le ferite del pianeta e del nostro mondo».
«L’impresa che mi ha cambiato la vita»

Julia Hill aveva 23 anni il 10 dicembre 1997, quando salì su una sequoia millenaria nella foresta di Headwaters in California, dichiarando che non ne sarebbe scesa fino a quando la compagnia che aveva deciso il suo abbattimento non avesse modificato la sua decisione. Si trattava della Pacific Lumber Company, potente industria americana del settore. Una vasta area era già stata quasi totalmente disboscata e una parte della montagna era franata sulla cittadina di Stafford. Julia ha trascorso 738 giorni su una piccola e traballante piattaforma a 60 metri dal suolo,sull’albero che aveva scelto a simbolo della sua lotta.«Avevo appena scoperto che il 97% delle sequoie originarie era ormai stato distrutto, dovevo fare qualcosa di decisivo» spiega Julia. «Ho affrontato le peggiori tempeste della storia della California, i tentativi della compagnia di legname di farmi cadere dall’albero usando un elicottero e di farmi morire di fame impedendo ai miei amici di portarmi i rifornimenti. Ho praticamente gestito una campagna di protesta dall’albero, usando un telefono a ricarica solare, rilasciando interviste, parlando con le istituzioni governative e anche alle Nazioni Unite e parlando agli studenti delle scuole di mezzo mondo». È scesa da quell’albero il 18 dicembre 1999, dopo avere ottenuto ciò per cui aveva lottato. Un’impresa divenuta simbolo del movimento ambientalista mondiale.

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