L’arte del non acquisto
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L’esperienza di Sabrina Sganga:
Gli ostacoli più duri da superare sono gli sguardi imbarazzati di amici e parenti di fronte all’annuncio: «ho deciso di non comprare niente per 5 mesi, voglio consumare il meno possibile, acquisterò solo quello che di cui non posso proprio fare a meno».
C’è chi ti guarda impietosito pensando: «eccone un’altra delle sue, e così pensa di cambiar quacosa, ma che vuole dimostrare?». Altri che istintivamente chiedono: «e come fai con il cibo?», confondendo la scelta del non acquisto con il digiuno ghandiano, altri ancora che ti accusano di contribuire alla crisi che ha colpito migliaia di persone rimaste senza lavoro. Oppure, molto più semplicemente, ti danno della scroccona!
In famiglia cercano di attribuire significato alla cosa, sperando di non doverci fare i conti direttamente. Non è facile spiegare ad una bambina di dieci anni circondata da compagne e compagni dotati di cellulare e Nintendo Wii che è giusto astenersi dall’acquisto di qualsiasi cosa sia superfluo. Cerchi di barattare il desiderato oggetto del momento con una passeggiata al parco, o una giornata particolare fuori porta, ma ad un certo punto ti chiede: «scusa mamma, ma la scelta l’hai fatta tu, mica io… posso chiedere al babbo oppure utilizzare i soldi che mi ha regalato la nonna!».
Nel nostro caso, abbiamo dovuto fare i conti anche con gli ascoltatori di Controradio. Saputo della scelta di impostare l’edizione 2009 di «Questione di stili» sul non acquisto, alcuni ci hanno scritto per manifestare le proprie perplessità. «Non è fattibile!», oppure: «Se tutti facessero come voi chissà dove si andrebbe a finire…», o ancora: «E le tasse? Senza soldi non esisterebbero tasse e dunque nemmeno i servizi pubblici!». E poi c’è chi protesta: «Già il consumo critico è una sensibilità di nicchia, figuriamoci il vivere senza soldi! State facendo i balocchi?».
Mettere in discussione l’utilizzo del denaro significa mettere in discussione un consolidato e radicato sistema di potere che pervade da sempre la nostra vita. È questo il problema….
L’esperienza di Camilla Lattanzi:
Il legame tra capacità di spesa e potere è particolarmente evidente quando si affronta il difficile tema del dono. Paradossalmente, quando vengono sperimentate forme di gratuità la maggiore difficoltà la riscontrano coloro cui spetta il ruolo del chiedere e del prendere. Ha a che fare con l’individualismo e l’egoismo il fatto che nel nostro ambiente siano molte le persone disposte a dare qualcosa gratuitamente e poche quelle che sono disposte gratuitamente a ricevere?
C’è l’attenuante del gusto estetico personale, d’accordo, e c’è l’esserci abituati al nuovo come valore in sé, ma poi c’è anche il timore di sembrare inadeguati: in un
sistema basato sul consumo forsennato, scendere dalla giostra equivale a una sconfitta, a una forma di asocialità.
Così io mi sono concentrata proprio sul chiedere, cominciando da scarpe e stivali, perché non avendo potuto approfittare dei saldi ero a corto di calzature. Pur essendo un oggetto così personale, anche per via delle misure, me ne sono arrivate ben tre paia. E quando, spinta da una vecchia abitudine, ho chiesto «cosa posso darti in cambio?», mi sono subito resa conto di quanto tale domanda fosse stonata.
Ma perché ogni dono deve mettermi addosso assieme alla gioia liberatoria di ricevere, un immediato senso di riscatto? Le ragioni ci sono, antropologicamente parlando, ma Anna di Montagnana, dopo avermi donato un paio di scarpe da ginnastica rosa e argento nuovissime e perfette per il mio generoso numero di piede, mi ha dato una bella risposta: «La gratuità crea un sistema più ampio, all’interno del quale tu oggi dai, ma la catena continuerà e un giorno da qualche altra parte, in qualche altro luogo e da qualche altra persona, riceverai qualcosa».
Se Anna ha ragione, e io penso che l’abbia, è possibile allargare lo sguardo e capire che la disponibilità verso il prossimo non è una merce, ma una forma di auto-realizzazione, un esplorare nuove forme di socialità, un cominciare qui e adesso a costruire quel mondo diverso in cui forme di liberazione dall’individualismo, e dai consumi forzati, sono già possibili.
A lungo ho riflettuto su quello che per me poteva essere definito superfluo…..
La versione completa dell’articolo, con il racconto dell’esperienza di non acquisto delle due conduttrici radiofoniche, è disponibile nel numero di Settembre 2009 di Terra Nuova disponibile anche nel formato eBook.
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