La denuncia dell’oncologa Patrizia Gentilini, membro dell’associazione Isde Medici per l’Ambiente: «Temiamo che il Piano per l’utilizzo dei pesticidi in Toscana contenga decine di sostanze vietate da Arpat».
A ricostruire l’analisi dei documenti raccolti è l’oncologa Patrizia Gentilini, membro dell’associazione Isde Medici per l’Ambiente: «Grazie a una richiesta di accesso agli atti presentata dall’associazione Alleanza Beni Comuni di Pistoia, avanzata per venire a conoscenza di atti o pareri redatti da Asl e Arpat in relazione al PUFF (Piano di utilizzo sostenibile prodotti fitosanitari e fertilizzanti) della Regione Toscana, siamo venuti in possesso di
documenti molto interessanti che rendono purtroppo
la situazione creatasi ancor più inquietante di quanto già emerso ».
«Con posta certificata nel corso del mese di giugno abbiamo infatti acquisito due documenti, disponibili con i relativi allegati (vedi in fondo): uno di ARPAT del 2015, dunque antecedente e preparatorio al PUFF, e uno del Dipartimento di Prevenzione rilasciatoci dall’azienda USL Toscana Centro, entrambi molto interessanti e che meritano di essere conosciuti nel dettaglio. Il documento ARPAT del 2015 ha come titolo “Contributo ARPAT alla redazione del piano utilizzazione fitofarmaci per la disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano (articolo 94D. Lgs.152/2006)”».
Cosa dice Arpat
«In esso si ricorda innanzi tutto la particolare criticità delle acque superficiali destinate al consumo umano – prosegue Gentilini – dato che nel triennio 2012-2014 in circa il 60% delle stazioni di monitoraggio si sono riscontrati residui di pesticidi, con livelli pari o superiori al limite di legge nel 35% di esse. Si rammenta che non si dispone di dati certi sull’effettivo impiego dei pesticidi e che la norma di divieto al loro utilizzo nell’area di salvaguardia nel territorio regionale è “con molta probabilità diffusamente violata” per cui si raccomanda che “il piano di utilizzazione dei fitofarmaci che la Regione Toscana si accinge ad adottare (…) debba continuare a mantenere il divieto di utilizzo di quei fitofarmaci che hanno rappresentato o potrebbero rappresentare un problema di inquinamento per le acque destinate alla produzione delle acque potabili”».
Le sostanze da vietare
«ARPAT propone quindi un elenco di circa 130 principi attivi di cui mantenere il divieto sulla base di specifici criteri (a rischio per acque, già rilevata in falde superficiali o profonde, sostanze identificate come “prioritarie” per determinare lo stato chimico o ecologico etc.). Orbene, TUTTE le sostanze ammesse dal PUFF nell’area di salvaguardia erano per ARPAT da vietare! A parte le quattro (azinofos etile, azionfos metile, demeton-S metile, ometoato) che essendo state già revocate prima del 2015 dal Ministero della Salute, ARPAT neppure nominava – prosegue l’oncologa di Isde – Per quanto riguarda la relazione fornita dal Dipartimento di Prevenzione USL Toscana Centro dal titolo: “Osservazioni a D.P.G.R. 30 luglio 2018, n43/R e richiesta di chiarimenti”, deduciamo che si tratta di un documento redatto dopo l’approvazione del PUFF e nessun parere o documento preparatorio al PUFF ci è stato fornito».
«Poca chiarezza»
«Un’attenta lettura ha ulteriormente aumentato le nostre preoccupazioni e ci chiediamo innanzi tutto se i chiarimenti che la stessa ASL chiedeva abbiano fino ad ora avuto risposta. Nel documento viene segnalata la poca chiarezza del PUFF e la sua difficile interpretazione e si solleva una questione davvero cruciale, in quanto si può intendere che sono ammesse non solo le 32 sostanze già segnalate nell’allegato 1 del PUFF ma, addirittura, anche tutte quelle ammesse dai disciplinari di difesa integrata volontaria non esplicitamente vietate dal PUFF, in quanto non nominate – aggiunge Gentilini – Secondo questa interpretazione le sostanze consentite sarebbero oltre un centinaio! Nella sezione A dell’allegato A1 si afferma infatti che nelle aree di salvaguardia delle captazioni è ammesso: “l’utilizzo delle sostanze attive individuate nei disciplinari della difesa integrata volontaria, di cui all’art 25/1999…”».
«Se è la stessa ASL a porre il quesito e a chiedere maggior chiarezza, cittadini e associazioni non possono che associarsi a tale richiesta e pretendere che dalla Regione la questione venga al più presto pubblicamente chiarita! Fra l’altro nei disciplinari di lotta integrata volontaria non è previsto alcun limite temporale per l’utilizzo del glifosate, di cui si ammette l’uso di 5 litri/HA per ogni specie orticola coltivata, e sempre a proposito dell’erbicida troviamo scritto: “ci saremmo aspettati una regolamentazione finalizzata a escludere l’uso del glifosate nelle zone di rispetto”, integrando il parametro della distanza con la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi».
«Infine – conclude l’oncologa – nel documento dell’ASL si sottolinea che sul totale delle sostanze presenti nella tabella 1 del PUFF, pari a 110, quelle non rilevabili né da ASL e ARPAT né da Publiacqua sono 46, di cui ben 11 sono fra quelle ammesse nelle aree di salvaguardia dei punti di captazione da falde profonde! Delle rimanenti 64 che possono essere analizzate, solo 10 lo sono sia dagli organi di controllo (ASL e ARPAT) che da Publiacqua: come possono a questo punto i cittadini della Piana essere sicuri che quando aprono il rubinetto non esca anche un cocktail ai pesticidi?».