La canapa nel tessile, tutti la vogliono ma…
homepage h2
“In Italia non esiste più la capacità di trasformare la fibra in filo” argomenta Vismara. “Si può coltivare la pianta ma manca la parte industriale, perché non ci sono più macchine che possano lavorarla”, spiega all’Adnkronos Mauro Vismara, imprenditore che produce tessuti e filati naturali: canapa, ortica, soia, crabyon, bambù, lino, cotone biologico, fiocco di Yak.Tessuti e filati a marchio Maeko vengono lavorati e rifiniti in Italia nel distretto torinese, nel rispetto dell’ambiente e dell’individuo. Ma la canapa deve essere mescolata ad altre fibre perché in Italia non esistono più le macchine in grado di produrre il filato 100% canapa.
“Il nostro Paese è stato, negli anni ’40, il secondo produttore al mondo di canapa subito dopo la Russia, e con il primato della migliore qualità al mondo, la fibra di Carmagnola”, spiega Vismara. Poi? “Complice l’avvento delle fibre sintetiche e la demonizzazione che ha finito per rendere la canapa sinonimo di droga, tutto questo è andato perduto”.
“Il nostro progetto è di riportare in Italia una filiera scomparsa, anche grazie al sostegno tecnico del Politecnico di Milano, per realizzare tessuti 100% Made in Italy e prodotti finiti che siano sicuri e ‘trasparenti’, dal campo al negozio. In più – aggiunge – la stessa filiera che serve per la canapa sarebbe in grado di lavorare anche altre fibre come bambù e ortica”. Nella speranza che qualcuno finalmente si attrezzi e che si faccia una seria pianificazione delle filiere, nel frattempo la canapa conosce un discreto successo anche nella trasformazione alimentare, con progetti sorti in Molise, e nella filiera dell’edilizia, con l’utilizzo sempre più diffuso di canapulo abbinato alla calce e ad altri leganti naturali.