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La risposta moderna ad un bisogno antico

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Un passo tratto dal libro “Cohousing e condomini solidali”, una guida pratica alle nuove forme di vicinato e vita in comune con allegato il documentario “Vivere in cohousing”.
Quello del cohousing, per molti versi, non è un concetto nuovo. Un tempo, la maggior parte della gente viveva in villaggi o in quartieri urbani, dove tra la gente esistevano legami molto forti. Ancora oggi, la popolazione dei paesi meno industrializzati vive in piccole comunità collegate al loro interno da molti legami di interdipendenza. In simili comunità, i membri si frequentano permolti anni, conoscono le rispettive famiglie e le loro storie, le debolezze e le capacità di ognuno. Si tratta di un tipo di relazioni molto strette in cui ognuno è chiamato a rispondere delle proprie responsabilità e che, in cambio, offre sicurezza e senso d’appartenenza. Il cohousing propone un modello valido per i nostri tempi in grado di ricreare questo senso d’appartenenza a un luogo e a una comunità e, allo stesso tempo, cerca di venire incontro alle esigenze odierne di un ambiente sociale meno opprimente.
La risposta moderna ad un bisogno antico
Nei villaggi, la gente lavorava insieme per costruire una scuola o un fienile, per il raccolto e per celebrare le feste. Analogamente, i residenti di un cohousing godono dei benefici della cooperazione affrontando insieme i problemi legati al tempo extra scolastico dei bambini, i pasti, le attività sociali e molto altro. In entrambi i casi, si costruiscono rapporti sociali solidali lavorando assieme per soddisfare alcune necessità pratiche.
Nelle comunità preindustriali il lavoro era integrato col resto della vita. I piccoli centri urbani non erano suddivisi in aree specializzate: residenziali, commerciali e industriali. Anzi, spesso le abitazioni erano edificate sopra i negozi e i laboratori, e in tutto il quartiere fiorivano piccole attività produttive domestiche. Analogamente, i cohousing di oggi, seppure abbiano principalmente destinazione residenziale, cominciano a sviluppare modelli che tornano a intrecciare nuovamente lavoro e vita domestica. La maggior parte dei residenti di un cohousing svolge la propria attività professionale al di fuori della comunità, ma esistono anche forme di scambio professionale informale all’interno della comunità.
Un residente, medico, cura il bambino del vicino che si è sbucciato un ginocchio cadendo. Un altro aiuta a riparare l’auto. Alcuni residenti collaborano per produrre insieme una piccola quantità di vino. Una donna che lavora la terracotta ha i suoi migliori clienti proprio tra i vicini, che acquistano volentieri le sue creazioni ogni qual volta debbono fare dei regali. In questo modo, ognuno conosce le capacità del vicino e in genere nessuno, in caso di necessità, ha problema a chiedere aiuto perché sa che un giorno potrà contraccambiare il favore. I progressi della tecnologia consentono sempre di più di lavorare da casa a tempo pieno o part-time, ma questa possibilità, nella maggior parte delle situazioni abitative dei nostri giorni, può essere causa di grande isolamento.
L’ambiente del cohousing dà ai residenti i benefici del lavoro a domicilio, evitando allo stesso tempo questo rischio. Dal momento che la tendenza al lavoro a domicilio continua a crescere, in Danimarca le comunità di cohousing stanno considerando di aggiungere ai servizi comuni alcuni spazi dedicati a chi lavora da casa. Restrizioni nell’ottenimento dei permessi e difficoltà a reperire i finanziamenti, non hanno finora permesso lo sviluppo di laboratori, uffici o spazi commerciali all’interno dei cohousing, ma una volta risolte le questioni burocratiche, è probabile che questo modello si potrà adattare con grande facilità a una più ampia gamma di funzioni.
Anche se incorpora molte delle qualità delle comunità tradizionali, il cohousing presenta un suo approccio decisamente contemporaneo, basato sui valori della libera scelta e della tolleranza. Ogni membro sceglie quando e quanto spesso partecipare alle attività comuni e ricerca la vicinanza anche delle persone più diverse. In definitiva, il cohousing offre i vantaggi pratici ed economici di una comunità tradizionale, ma con in più le opportunità offerte dalla vita odierna.
Caratteristiche comuni
Sebbene le varie esperienze di cohousing differiscono tra loro per dimensione, ubicazione, tipologia di proprietà, aspetti progettuali e priorità, nella nostra ricerca abbiamo identificato quattro caratteristiche comuni:
1. Partecipazione. I residenti organizzano e partecipano ai processi di pianificazione e progettazione dell’operazione immobiliare e sono responsabili in modo collegiale delle decisioni finali.
2. Progettazione intenzionale. Il cohousing è progettato in modo da incoraggiare un forte senso di comunità.
3. Ampi servizi in comune. Gli spazi comuni sono parte integrante del cohousing e sono progettati per un uso quotidiano a integrazione degli spazi privati.
4. Gestione diretta da parte dei residenti. I residenti gestiscono la struttura prendendo le decisioni in comune durante incontri periodici.
Vediamo nello specifico ciascun punto:
1. Il processo di partecipazione
Uno dei punti di forza del cohousing è la partecipazione attiva dei residenti, dalle prime fasi della pianificazione fino alla conclusione dei lavori di costruzione o ristrutturazione. Il desiderio stesso di vivere in una comunità di cohousing fornisce la forza per realizzare il progetto e nella maggior parte dei casi sono i residenti stessi a dar vita all’iniziativa stessa. Il numero dei membri che partecipano al processo di pianificazione e costruzione varia notevolmente a seconda delle situazioni.
Spesso un gruppo composto dalle sei alle dodici famiglie sviluppa un programma, trova il sito, assume gli architetti e poi cerca altre persone interessate. Altre volte, il progetto viene avviato da un folto gruppo che si assottiglia mano a mano che il progetto va a definirsi meglio. Di solito, tutte le abitazioni sono vendute o affittate prima che il progetto sia ultimato. In qualche caso, il gruppo dei residenti collabora con un’impresa edile non profit o con un imprenditore privato, ma anche in questi casi è il gruppo a prendere le decisioni più importanti.
Ovviamente, un processo di partecipazione così esteso presenta sia vantaggi che svantaggi, ma nessun cohousing, almeno in Danimarca, è mai stato realizzato in modo diverso. Anche se il cohousing sta avendo un comprovato successo, in genere, gli imprenditori edili esitano a realizzarne per conto proprio. L’esperienza dimostra che solo persone che cercano per se stesse nuove opzioni abitative hanno le motivazioni necessarie a tener duro durante il difficile processo di pianificazione e progettazione, senza compromettere gli obiettivi iniziali. Spesso, un ostacolo è costituito dai problemi posti dalla commissione edilizia del posto e dalle associazioni di vicinato, spaventati a causa di infondati pregiudizi riguardo al cohousing. É un problema comune a ogni nuova costruzione, ma la mancanza di familiarità della gente nei confronti del cohousing può rendere le cose ancora più difficili. I vicini possono essere preoccupati dall’arrivo di “persone strane” che potrebbero avere un effetto negativo e far deprezzare il valore degli immobili del quartiere. Ovviamente si tratta di paure del tutto infondate.
I residenti di un cohousing tendono ad essere cittadini coscienziosi, che pagano le tasse e rivestono ruoli attivi nella scuola e nella comunità. In realtà, molto spesso, le comunità di cohousing rendono più vivibili e interessanti i quartieri in cui sorgono. Altri ostacoli alla realizzazione di un cohousing possono derivare dalle leggi sulla destinazione d’uso e i regolamenti edilizi. Per esempio, in Danimarca, è obbligatorio negli spazi comuni l’impianto anti-incendio, con un conseguente notevole aumento dei costi. Inoltre è obbligatorio creare 1,5 posti auto per ogni unità abitativa, anche se ai residenti non serve un numero così elevato di parcheggi. L’asilo organizzato dai residenti nella casa comune, viene considerato attività commerciale, entrando così in conflitto con la destinazione d’uso abitativa dell’area. Malgrado tutte queste difficoltà, molti gruppi hanno portato avanti i loro progetti superando il labirinto di ostacoli posti dalla burocrazia.
Quando, in un caso, l’amministrazione locale ha negato l’autorizzazione a un progetto di cohousing, i promotori hanno realizzando un plastico e promosso numerosi incontri con le autorità finché non sono riusciti a convincere l’amministrazione della validità della loro iniziativa. In un altro caso, quando le banche hanno dubitato della fattibilità di un progetto di cohousing, i promotori hanno messo in gioco i loro averi personali per convincere gli istituti di credito a concedere i prestiti necessari per la realizzazione.
In un altro caso ancora, quando, durante la costruzione, si sono dovuti apportare dei tagli alla spesa per non sforare il budget preventivato, i residenti hanno insistito con l’architetto per ridurre le dimensioni e semplificare le rifiniture delle abitazioni private, così da mantenere intatti i servizi comuni. Pochi imprenditori edili ed enti non profit, si accollerebbero tali rischi, ecco perché quasi sempre la realizzazione o la ristrutturazione dell’immobile destinato al cohousing sono gestite direttamente da coloro che saranno i futuri abitanti.
L’organizzazione e la pianificazione di una comunità di cohousing richiede un’enorme quantità di tempo per gli incontri del gruppo, per la ricerca e per l’assunzione delle decisioni. E ovviamente quelli che saranno i futuri residenti impegnano gratuitamente il loro tempo per la realizzazione di un ambito abitativo più soddisfacente. In alcuni casi, i membri più attivi possono arrivare a partecipare fino a quattro incontri settimanali durante il primo anno di progettazione, ma qualche volta è richiesto un impegno ancora più lungo nel tempo. Qualche volta, il processo può essere lungo e frustrante, ma se interpellate coloro che vivono in un cohousing, saranno tutti concordi nell’affermare che tale impegno viene poi più che ripagato dai benefici del vivere in cohousing. Il senso di comunità comincia ad emergere già nella fase preparatoria, quando i membri del futuro cohousing lavorano insieme alla stesura del progetto. Di solito, sono pochi i partecipanti che si conoscono prima.
Durante le fasi di pianificazione e di realizzazione è necessario trovare un accordo su molte questioni strettamente collegate con i valori personali di ognuno. E malgrado le inevitabili frustrazioni e i possibili disaccordi, l’intensità del periodo di programmazione è tale da creare forti legami tra i futuri residenti, ponendo così le basi della successiva vita in comunità. Impegnarsi e sacrificarsi assieme per creare il luogo in cui vivere fa nascere un senso di orgoglio che nessun imprenditore edile può inserire in un progetto “chiavi in mano”…
Testo tratto da pagina 24 e seguenti del libro ” Cohousing e condomini solidali“.
Il libro + DVD ” Cohousing e condomini solidali“, una guida pratica alle nuove forme di vicinato e vita in comune con allegato il documentario “Vivere in cohousing” a cura di Matthieu Lietaert, è in vendita in offerta su www.terranuovalibri.it

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