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La rivolta del suolo. Intervista a Paolo Pileri

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L’intervista a Paolo Pileri, docente di pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, autore di numerose opere scientifiche e divulgative sull’uso e consumo di suolo, è tratta dal  numero di gennaio della rivista Terra Nuova
La rivolta del suolo. Intervista a Paolo Pileri
L’intervista a Paolo Pileri, docente di pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, autore di numerose opere scientifiche e divulgative sull’uso e consumo di suolo, è tratta dal numero di gennaio della rivista Terra Nuova.
Pileri si occupa di ideazione e pianificazione di infrastrutture leggere per la mobilità lenta, a piedi e in bicicletta.
Il consumo di suolo continua a crescere. Neanche il Covid è riuscito a fermarlo?
Negli anni del Covid, nel 2019-2020, anche quando apparentemente eravamo tutti fermi, il consumo di suolo netto in Italia è aumentato del 22,4%. Circa 2,2 metri quadrati al secondo. Una vera catastrofe, se si considera che un ettaro cementificato procura danni per 80 mila euro all’anno. Attorno al consumo di suolo c’è un problema di cultura, continuiamo a perpetrare un modello basato sulla velocità e l’iperproduzione, chiediamo strade, rimesse e parcheggi. Sembra strano a dirsi, ma chiediamo più diritti per le nostre auto che per noi stessi.
Allo stato attuale l’Italia non ha una legge a protezione del suolo. Come mai e cosa si è fatto negli altri paesi? A chi dovremmo guardare?
Il Trattato di Lisbona impone di raggiungere un consumo netto di suolo pari a zero entro il 2050, ma siamo ancora lontani. Ci sono paesi come noi che non hanno fatto niente, come Austria, Belgio o Spagna. Altri in cui ci si è cominciati a muovere. In particolare, la Germania dal 2001 ha una norma nazionale che limita questa pratica, con l’obiettivo di ridurre di un quarto il consumo di suolo dai 120 ettari al giorno dei primi anni duemila a un massimo di 30 ettari al giorno al 2030. Il risultato è ancora lontano, ma perlomeno si è messa in moto una macchina culturale e i vari Länder hanno leggi regionali con meccanismi compensativi per arrestare il consumo. Anche in Francia c’è più sensibilità che da noi, i comuni sotto i 15 mila abitanti non possono decidere autonomamente sui cambi d’uso del suolo e le competenze ambientali sono passate alle Province. È un dato importante perché in Italia i comuni medio-piccoli hanno un indice di consumo procapite dieci volte più alto rispetto alla media, per via degli interventi a bassa intensità edilizia.
La difesa del verde pubblico non sembra essere una priorità delle nostre am- ministrazioni. Come siamo messi a riforestazione?
Piantare alberi è importante, ma non basta. I politici si ripuliscono le coscienze con queste azioni, ma continuano a promuovere piani regolatori scellerati. Ci dimentichiamo troppo spesso che il carbonio totale in atmosfera ammonta appena a un terzo di quello del suolo: 750 Gt (giga tonnellate) contro 3000 Gt nel suolo. Il vero sequestratore di carbonio non sono tanto le piante ma il suolo stesso. Purtroppo negli ultimi decenni le foreste in Italia sono aumentate dove non dovevano aumentare, nei terreni marginali. Quando i sindaci si vantano di fare riforestazione, ecco, nella grande maggioranza dei casi, si tratta di aree strappate all’agricoltura e non al cemento.
A volte anche le politiche cosiddette green non vanno tanto per il sottile. Anche costruendo nuove piste ciclabili consumiamo suolo, o no?
Le piste ciclabili sono utili se servono a invertire la rotta e a favorire la riconversione verso la mobilità sostenibile. Ma non bisogna limitarsi ad aggiungerne di nuove, devono essere progettate con l’obiettivo di ridurre il traffico e le strade. A volte anche la percezione ci inganna, perché l’uso di pavimentazioni di colore chiaro, conglomerato con legante chiaro, spesso è più impattante rispetto al normale asfalto.
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