Mari acidi: cozze e vongole a rischio
homepage h2
tipo di ricci di mare, in dodici luoghi a diverse latitudini, dall’Artico ai tropici: “Il risultato suggerisce che l’aumento dell’acidità sta già impattando sulle dimensioni e sul peso di conchiglie e scheletri, e il trend è diffuso su tutte le specie considerate – scrivono gli autori, secondo cui il fenomeno è più
accentuato nei mari più freddi – l’effetto è maggiore a basse temperature, ma quello che succede ora nelle acque più fredde potrebbe avvenire un domani nelle acque più temperate e in quelle tropicali”. Gusci e scheletri più sottili e fragili, spiegano i ricercatori, rendono questi animali più vulnerabili ai
predatori, e questo potrebbe sconvolgere gli equilibri della catena alimentare. In passato i cambiamenti di acidità hanno già interessato gli oceani, ma secondo altre ricerche su scale temporali più ampie che hanno permesso agli organismi di evolvere e contrastare il fenomeno, mentre in questo caso
potrebbero non avere abbastanza tempo. Per ora i molluschi ‘nostrani’ non sembrano però avere problemi, afferma Donatella Del Piero, biologa dell’università di Trieste: “Nelle nostre ricerche sulle vongole dell’Alto Adriatico siamo andati indietro nel tempo fino a campioni del 1981 – spiega – e abbiamo trovato che effettivamente il peso è diminuito fino al 1996, per poi però tornare a crescere. Il fenomeno va e viene ma non sembra legato ai cambiamenti climatici, ma ad altri fattori come la disponibilità di cibo. Anche nel resto d’Italia i dati sono discordanti, non sembra esserci un trend definito”. L’effetto della CO2 in atmosfera non è semplice da definire: “E’ vero che l’acidità in aumento sembra ormai documentata – spiega – ma se la temperatura aumenta il gas dovrebbe uscire dall’acqua. E’ un processo molto complicato”.