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Petizione: «I boschi siano tutelati dal ministero dell’Ambiente, stop al saccheggio»

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Un gruppo di cittadini ed esperti ha lanciato una petizione per chiedere che la gestione del patrimonio boschivo passi dal Ministero per le politiche agricole al Ministero dell’ambiente e che si fermi «il saccheggio» che sta mettendo a rischio ecosistemi e territori.
Un gruppo di cittadini ed esperti ha lanciato una petizione per chiedere che la gestione del patrimonio boschivo passi dal Ministero per le attività produttive al Ministero dell’ambiente e che si fermi «il saccheggio» che sta mettendo a rischio ecosistemi e territori. In un manifesto-petizione hanno lanciato una raccolta di firme indirizzata ai ministeri interessati, al presidente della Repubblica, al premier e ai presidente di Camera e Senato. Tra i primi firmatari ci sono nomi noti, esperti, ricercatori e personalità impegnate nel mondo della sostenibilità, come Giuseppe Barbiero, Ugo Bardi, Pietro Massimiliano Bianco, Isde Italia. Anche Terra Nuova ha sottoscritto l’appello.
«In Italia non tutti sanno che la maggior parte del patrimonio forestale (quello pubblico, e non ricadente in parchi nazionali, altre riserve e aree circoscritte), dipende dal Ministero delle politiche agricole, altrimenti detto Mipaaf – si legge nel testo della petizione – Viene da chiedersi: cosa hanno in comune le foreste con i campi per la produzione agricola? Il motivo è presto detto: i boschi vengono valutati in primo luogo per i loro aspetti produttivi».
«Con questa petizione intendiamo chiedere una modifica del succitato paradigma, al fine di salvaguardare le foreste nella loro accezione di sistemi complessi, scrigno di preziosa biodiversità, nonché di speranza per il futuro delle prossime generazioni – si legge ancora – Se gli interessi della filiera del legno sono ampiamente noti, cosa ben diversa accade per l’utilizzo dei boschi a fini energetici: occorre infatti rimarcare che la direttiva UE 2018/2001 sulle rinnovabili contempla anche l’uso di biomasse forestali».
Ora, sebbene frutto delle migliori intenzioni, l’aumento del target 2030 sulle rinnovabili rischia di incrementare questa pratica, sconfessata da un documento sottoscritto da circa 800 scienziati, nonché dall’ European Academies Science Advisory Council, come pure da un recente studio pubblicato su “Nature”.
«Nel silenzio generale dei media, e in un contesto di crisi ambientale che sta mobilitando le coscienze e i governi di tanti Paesi, l’Italia è oggetto di un vero e proprio sacco boschivo, a causa di pratiche di “gestione” che prevedono un massiccio ricorso al taglio (spesso eseguito nel peggiore dei modi: cosiddetto ceduo “stecchino”), passando poi per la pressione delle succitate centrali a biomasse – peraltro lautamente finanziate con contributi pubblici –, senza contare i tagli abusivi che si succedono senza sosta (persino nei parchi nazionali, con particolare riferimento a quelli calabresi), e che generalmente trovano nella mera contravvenzione la loro sanzione giuridica».
«Per tutte queste ragioni chiediamo a gran voce l’abbandono di una anacronistica gestione boschiva tarata sul produttivismo, a vantaggio di una improntata a criteri prettamente conservativi. Troppo alta la posta in gioco: le foreste sono ecosistemi complessi adattativi e come tali richiedono una pianificazione e gestione adeguate, sia per garantire la conservazione dei boschi cosiddetti “funzionali”, sia per quanto concerne il restauro di quelli degradati. Per far ciò, occorre innanzitutto che la delega sulle foreste passi dal Mipaaf al dicastero dell’Ambiente, e allo stesso tempo che quest’ultimo riceva in dote le giuste professionalità nonché gli strumenti adeguati per poter operare al meglio».

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