Parte oggi, 25 febbraio, a New Orleans il processo per il terribile incidente del 2010 alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico che portò ad un’esplosione con conseguente sversamento in mare di carburante e la morte di 11 operai. La Oil Spill Commission americana ha anche pubblicato nel 2011 il
rapporto definitivo sul disastro che attesta responsabilità e gravità dell’accaduto.
Ora il governo americano chiama in causa la Bp e vuole inchiodarla alle sue responsabilità, che possono valere 16 miliardi di dollari, cioè quanto l’Amministrazione Obama ha richiesto per poter arrvare a un patteggiamento. Il Department of Justice americano ha
formulato accuse precise mettendo a lavorare sulla causa un pool di esperti.
“Uno dei più grandi circhi legali della terra”, lo ha definito il Washington Post: 400 minuti di deposizioni iniziali, migliaia di pagine di trascrizioni dei testi a carico. La Bp per difendersi ha messo insieme quattro studi legali di comprovata esperienza. Il giudice gestirà il processo senza giuria popolare, come vuole il diritto marittimo.
La tragedia
Nell’aprile 2010 un’esplosione distrusse la piattaforma Deepwater Horizon per l’esplorazione petrolifera del giacimento sottomarino chiamato “pozzo di Macondo”. Undici morti tra i tecnici che lavoravano sulla piattaforma, milioni di barili di petrolio greggio sparsi nel Golfo del Messico, danni immensi alla fauna marina, alle spiagge, all’economia degli Stati come Louisiana e Alabama (pesca, turismo).
La Bp sostiene che buona parte delle responsabilità dell’incidente sia di due partner, la Transocean, che era proprietaria della piattaforma off-shore, e la Halliburton specializzata nei servizi di esplorazione dei giacimenti.
Guarda di seguito il video della tragedia.