La Sicilia
ha dichiarato lo stato di emergenza idrica in sei province per la grave siccità e ha approvato un piano di razionamento dell’acqua che coinvolge quasi 1 milione di persone: circa un quinto della popolazione siciliana. Il piano, come sottolinea anche Federico Spadini di Greenpeace, prevede la riduzione forzata di forniture d’acqua potabile da parte di Siciliacque, la società che gestisce le reti idriche dell’isola, in 93 Comuni nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani. Sono previste riduzioni della portata d’acqua fra il 10% e il 45%, con punte maggiori in 15 centri del nisseno e dell’agrigentino.
«Il razionamento è un intervento drastico reso necessario dalla persistente carenza di precipitazioni che ormai da mesi colpisce la Sicilia, ma non solo –
scrive Spadini – Il nostro Paese paga il conto di una gestione inefficiente della risorsa idrica, di storici problemi infrastrutturali e soprattutto della crisi climatica sempre più evidente. Per far fronte al problema in modo efficace bisogna tenere conto di tutti questi aspetti, come da tempo chiediamo di fare con le nostre
8 proposte al Governo per combattere la siccità».
«La Sicilia è una regione abituata ad affrontare periodi di siccità, ma non lunghi come quello in corso. Secondo la Regione, “il 2023 è stato il quarto anno consecutivo con precipitazioni al di sotto della media storica di lungo periodo e anche i primi mesi di quest’anno, caratterizzati da temperature più alte e scarsità di piogge, hanno confermato finora questa tendenza” – prosegue Greenpeace – La carenza di piogge rende difficile ricaricare gli invasi naturali e artificiali, così come le falde sotterranee: a marzo 2024 in alcuni invasi dell’isola per uso potabile manca oltre il 90% dell’acqua (dati ANBI) e non va meglio per i bacini a uso irriguo. I dati dell’Autorità di Distretto siciliana parlano di 299 milioni di metri cubi d’acqua invasata, cioè il 30% della potenzialità: è il valore più basso dal 2010. Le piogge più abbondanti cadute tra febbraio e marzo non sono state sufficienti ad equilibrare le richieste di un territorio dove le temperature massime già ora superano i 23 gradi. La siccità è particolarmente grave in Sicilia, dove è acuita da una serie di problemi infrastrutturali e dalla perdita delle reti con punte che sfiorano il 50%, ma colpisce anche altre regioni d’Italia».
«Sempre l’ANBI avverte che in Calabria i fiumi Coscile, Lao e Ancinale registrano già a marzo portate pari, rispettivamente, a circa 64%, 40% e 8% sulla media. In Basilicata, mancano oltre 100 milioni di metri cubi d’acqua trattenuta dalle dighe rispetto al 2023 – prosegue l’associazione – Ancora più ampio, infine, è il deficit nei serbatoi della Puglia: -107,27 milioni di metri cubi d’acqua rispetto all’anno scorso. La siccità ormai strutturale e gli altri fenomeni meteo estremi come le ondate di calore che colpiscono anche il nostro Paese hanno delle cause note. Sono il prodotto dei cambiamenti climatici dovuti alle azioni di aziende dei combustibili fossili come ENI, che senza scrupoli continuano a riscaldare il pianeta con emissioni di CO₂ e di altri gas serra».
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LETTURE UTILI
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