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Vestirsi di canapa

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È il tessuto più comodo, versatile e resistente che esista. In più è bio, non ogm e lo possiamo produrre interamente in Italia: allora cosa stiamo aspettando?
Disse un giorno la canapa al lino: tu ti strappi quando io mi raffino. Rimane ancora nei proverbi popolari la memoria di quando la canapa veniva comunemente usata per fabbricare vestiti, lenzuola, tendaggi e ogni tipo di biancheria per la casa; pensate che è stata la prima fibra ad essere utilizzata dall’uomo già ottomila anni fa, e fino agli anni Cinquanta era ancora uno dei principali tessuti diffusi nel nostro Paese. Da allora la fibra di canapa – insieme a tutti gli altri impieghi di questa pianta straordinaria – è scomparsa anche in Italia, soppiantata dal cotone proveniente dall’estero, che attualmente rappresenta la stragrande maggioranza dei tessuti che usiamo per vivere, oltre alle fibre sintetiche. Sono ancora tantissime le persone che non si immaginano che dalla canapa si possano ottenere vestiti comodissimi, mentre le persone più anziane conservano ancora il ricordo di una stoffa grezza, associata più alla povertà che al benessere.
Il tessuto del futuro
In realtà oggi dalla Canapa sativa si possono ottenere tessuti che presentano delle qualità straordinarie, che per certi versi la rendono più pregiata persino del lino: «Il lino è sicuramente un tessuto più fine» spiega Piero Diddi, perito tessile di Fibranova e specializzato in fibre naturali. «Ma la canapa è senz’altro più resistente e, proprio perché ha la cavità interna di diametro maggiore, riesce ad assorbire meglio l’umidità. Inoltre, mentre il lino è indicato soprattutto per i mesi estivi, la canapa si può indossare tutto l’anno, essendo fresca d’estate e calda d’inverno. C’è anche da dire che mentre un indumento di lino sgualcisce rapidamente con l’uso, i tessuti di canapa sono più vestibili perché le pieghe che si formano sono più dolci. Un altro aspetto importante è quello di poter offrire una fibra che non necessita di trattamenti chimici di sintesi e che quindi è anche antiallergica. Infine, a differenza del cotone, non esiste canapa modificata geneticamente». A questi numerosi vantaggi si potrebbe anche aggiungere quello non trascurabile che la canapa, nel nostro Paese, potenzialmente si può seminare, coltivare e trasformare senza varcare i confini nazionali e spesso neanche quelli regionali: per questo il tessuto di canapa è quello più adatto per andare nella direzione di una filiera corta, e a basso impatto ambientale, anche in campo tessile.
Ostacoli culturali
Detto questo, sembrano esserci tutti i presupposti per una diffusione massiccia del tessuto di canapa in Italia. Perché questo non è ancora avvenuto? «Uno dei principali ostacoli alla diffusione dei tessuti di canapa sono le resistenze di natura culturale» continua Diddi. «Mentre il lino è ben noto a tutti e comunemente associato al benessere, lo stesso non avviene per la canapa». «Sono tuttavia in atto cambiamenti profondi» commenta Angela Grimaldi, vice-presidente di Assocanapa. «Ormai in molti mercati c’è un banchetto che vende prodotti di canapa, i negozi specializzati si stanno diffondendo sempre di più ed è venuto meno il pregiudizio quasi assoluto che c’era qualche anno fa. Certo, come tutte le novità ha un “collo di bottiglia” notevole. L’Italia tra l’altro è un po’ indietro a livello legislativo, ma è anche vero che come membro della comunità europea, che già da tempo finanzia la coltivazione di canapa, presto o tardi dovrà adattarsi. Una cosa è certa: la natura chiede a gran voce la diffusione delle coltivazioni di canapa!». «Il tessuto di canapa porta benessere soprattutto per questo motivo» aggiunge Sofie Wendt, coltivatrice di canapa in provincia di Grosseto. «Te lo dice la fibra stessa che non è stata maltrattata da insetticidi, erbicidi, dal malessere delle persone che devono lavorare in ambienti spesso malsani. Anche per questo in un lenzuolo di canapa ci si dorme bene».
Costa troppo?
Un altro ostacolo alla diffusione del tessuto di canapa è il prezzo, che attualmente risulta elevato, anche se ampiamente compensato dalle eccellenti prestazioni e dalla durata nel tempo. «Per diffondere la canapa in campo tessile» dice la Grimaldi «così come in campo alimentare e cosmetico, bisogna dare un senso economico alla parte meno pregiata della pianta, che potrebbe essere impiegata nella bioedilizia e come biomassa per la produzione di energia. In questo modo inizierebbero seriamente ad aumentare gli ettari nei campi e l’impiego della canapa negli altri settori diverrebbe economicamente sostenibile». Riguardo a questa possibilità, tuttavia, restano da risolvere le problematiche ambientali legate all’utilizzo delle biomasse, di cui abbiamo già parlato su Aam Terra Nuova di aprile 2007.
L’innovazione tecnologica
Questioni da risolvere ci sono anche nel campo dell’innovazione tecnologica, specialmente per quanto riguarda la raccolta e la lavorazione della pianta. Abbiamo già parlato della possibilità di usare le stesse macchine per la raccolta del lino coltivando la babyhemp (vedi pagina 74) e della sperimentazione di una macchina specifica in grado di raccogliere la pianta cresciuta per intero che, pensate, in alcuni casi può raggiungere anche i 7 metri di altezza. Ma un altro aspetto importante è quello della macerazione, specialmente nel contesto della produzione di fibra tessile. La pianta della canapa contiene già in sé gli enzimi per la sua decomposizione e infatti ancora molto diffusa è la tradizionale macerazione in campo. Nel caso delle fibre destinate alla produzione di un tessuto colorato tuttavia, dopo questa macerazione risulta a volte necessario un successivo processo di sbiancamento con soda e acqua ossigenata che tende a uniformare le fibre, che in questo modo risultano molto più simili al lino. Da qualche anno si sta sperimentando una macerazione controllata detta biodegommazione. «Si tratta di un processo innovativo di macerazione industriale realizzata da batteri selezionati» spiega Diddi «con la quale si ottiene una fibra più chiara, che allo stesso tempo mantiene intatta la struttura morfologica della pianta. Le prove eseguite fino ad oggi da Fibranova sembrano dimostrare che la canapa sottoposta a questo trattamento sia in grado di produrre fibre di qualità superiore sulle quali è possibile fissare meglio le tinture naturali. Se questa ipotesi venisse confermata i coloranti naturali potrebbero finalmente essere messi sullo stesso piano di quelli sintetici».
La concorrenza
Un altro aspetto che ostacola la diffusione dei tessuti di canapa italiana è naturalmente quello della concorrenza, soprattutto quando si confrontano i nostri filati con quelli provenienti dalla Cina. «Ma non possiamo e non dobbiamo porci l’obiettivo di competere con questi paesi» dice Diddi. «La politica cinese è: in Europa costa 10? Io te la produco a 5. Gli acquirenti però sono obbligati ad acquistare delle quantità molto elevate e dopo la lunga attesa per il trasporto in nave spesso si scopre che metà della merce non è buona. È per questo che la richiesta di canapa italiana, sempre di alta qualità, è in costante aumento».
Un punto di svolta
Sembra proprio che ci troviamo a un punto di svolta in materia di tessuti naturali, in quanto ci sono già tutte le condizioni affinché il tessuto di canapa torni ad riconquistare il primato perduto. L’augurio adesso è che da una parte il governo italiano snellisca i procedimenti burocratici e legislativi che attualmente rappresentano un freno per lo sviluppo della coltivazione della canapa su ampia scala, dall’altra che le numerose realtà che lavorano nel campo della sua produzione e trasformazione uniscano le forze per creare una sinergia a beneficio di tutta la filiera e, non ultimo, del consumatore finale. Intanto, una cosa è certa: fin da oggi un vestito di canapa è davvero un buon investimento, sia per il benessere nostro che di quello del Pianeta!
Scheda 1. I vantaggi di vestire canapa
Come tessuto
  • È resistente
  • Ha un alto potere assorbente
  • È adatto a tutte le stagioni (fresco d’estate, caldo d’inverno)
  • Esalta i coloranti naturali
  • È anallergico
  • Si sgualcisce meno e crea pieghe più ondulate rispetto al lino
Come materia prima
  • Non esiste canapa ogm
  • È biologica di fatto
  • Non richiede concimi, anzi concima essa stessa il terreno
  • Respinge le piante infestanti
  • Richiede un uso limitato di acqua
  • Può essere ottenuta da semi autoctoni
  • Può essere prodotta e trasformata localmente
di Nicholas Bawtree

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