Il turismo responsabile
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Entrambe le cose. Uno è il rovescio della medaglia dell’altra, lo stesso discorso dell’automobile. La democrazia produce sempre impatti che vanno minimizzati. Il problema di fondo è che contrariamente a quanto si sosteneva in passato, il turismo è una «industria pesante». Questo non significa che vada abolito o che bisogna essergli contro, ma che i suoi effetti vanno tenuti sotto controllo.
Chi mette delle regole al popolo dei turisti si rende antipatico, è sempre meglio evitare di fare i grilli parlanti. Sicuramente però la componente fondamentale è il no alla fretta, che significa ad esempio pianificare le vacanze con meditazione.
Sicuramente i last minute tolgono al viaggio la motivazione e l’identità della destinazione. Questo non significa però condannarli perché, anche in questo caso, chiunque abbia una sensibilità mediamente spiccata sa come sfruttare al meglio l’occasione.
Non esiste una tipologia di turista responsabile. È trasversale. Sicuramente i giovani hanno un’attenzione e un senso della scoperta che li porta ad essere simpatetici. Nello stesso tempo però, lo è anche il turista della terza età, la cui «lentezza» diventa curiosità, attenzione, capacità di analizzare e meditare il momento del viaggio prima della partenza e durante. Chi resta fuori mediamente sono invece le persone in carriera. Quelle stressate, vittime della logica efficientista del mondo del lavoro, della produttività, dell’idea di una contrapposizione netta tra lavoro e tempo libero. E la conseguenza di questa alternanza schizofrenica è che la vacanza per questo tipo di persone, significa staccare la spina, rinuncia deliberata all’uso dell’intelligenza, della curiosità e dell’impegno. Una sorta di regressione all’infanzia; che i tour operator cavalcano, proponendo pacchetti preconfezionati tutto compreso. Chi ne usufruisce, ha la sensazione di ritornare caricato. Turisti responsabili insomma non lo si è solo in vacanza, è una questione di stile di vita quotidiano. Da questo punto di vista, il turismo responsabile è un concetto rivoluzionario.
Certo che è possibile. L’idea del turismo responsabile missionario e punitivo è assolutamente da evitare, destinata a non avere successo. Come il Panda del Wwf che fino agli anni ’70 aveva un’espressione arrabbiata e triste, poi hanno capito che era meglio farlo sorridere. Lo stesso vale per il turismo responsabile, che non deve trasmettere senso di colpa, ma consapevolezza, o meglio permeabilità a ciò che ci aspetta durante il viaggio, ciò che incontriamo, compreso il divertimento.
Purtroppo spesso nei paesi poveri il turista rimane comunque una sorta di «portafoglio ambulante» che porta valuta forte. Molto in questo senso sta nella capacità di trasmettere la nostra sensibilità, nel saper forzare questa gabbia; nel saper entrare realmente in contatto con la popolazione locale. Nella capacità di osservazione, anche: l’incontro tra culture è prima di tutto un’incontro tra persone che devono studiarsi a vicenda, congelando i ruoli e ancora una volta rinunciando alla fretta. Spesso, infatti, anche durante le vacanze non rinunciamo a correre con l’idea di perdere sempre tempo prezioso.
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