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L’arte di camminare con i bambini

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Il bambino non è un piccolo adulto: questo dobbiamo ricordarcelo ogni volta che vogliamo coinvolgerlo e avvicinarlo al camminare.
Quando eravamo bambini noi, i nostri enitori e i nostri educatori ci proponevano un approccio al camminare di stile «alpino»: si partiva in auto dalla città o dalla pianura per arrivare alla montagna e si iniziava a camminare, con l’obiettivo di arrivare a una meta, a un rifugio o ad una cima, per poi tornare indietro. In quel tempo, se il bambino era stanco e piangeva lo si incoraggiava, lo si incentivava con promesse e dolcetti, lo si caricava sulle spalle, lo si mandava con gli scout. Insomma, il risultato di queste vacanze in montagna è stato che in molti della mia generazione è maturato un rifiuto del camminare. Arrivati all’adolescenza, fortunatamente alcuni si sono liberati da questo obbligo.
Se decidiamo di portare i bambini a camminare, prima di tutto rilassiamoci, prendiamo un bel respiro e abbassiamo molto le aspettative. Scordiamoci l’escursione impegnativa, la prestazione disintossicante, la meta. I bambini vogliono la magia, e la natura ne è ricca. I bambini decidono da soli quando camminare e quando fermarsi, non sono interessati alla meta che, per loro, è qui e ora. Ogni sasso, ogni rametto, ogni distrazione è motivo di sosta e di gioco.
Accondiscendiamoli. Siamo lì per loro ed è inutile cercare di imbrogliarli promettendo loro un dolce quando arriviamo al rifugio. Siamo noi che dobbiamo smetterla di vivere nel futuro. Hanno ragione loro: il camminare è qui, in questo momento, e non al rifugio, che neanche sappiamo se esiste o meno.
I bambini sono pieni di energie ma si annoiano spesso, si dicono stanchi, distrutti, si lamentano vistosamente. Se l’attività del camminare non è piena di suggestioni, non vogliono andare oltre. A fine giornata, mentre voi non fareste nemmeno un passo di più, li potreste osservare mentre cominciano a giocare scatenati, correndo dietro a una palla, e voi a dirvi: «Ma allora, accidenti, ci hanno proprio fatto fessi!».

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