I membri del progetto di ecovillaggio Ca’ dei Dodo raccontano i loro primi mesi di vita comunitaria all’insegna della sperimentazione, del contatto con le risorse naturali del territorio in cui si sono fermati e delle relazioni profonde.
Sono in nove, dieci includendo una graziosa bimba di un anno e mezzo, e da febbraio hanno iniziato a sperimentare e sperimentarsi trasferendosi a Campoli, una frazione semi-abbandonata di Mulazzo, in Lunigiana e vivendo insieme. Stiamo parlando di Ca’ dei Dodo, progetto di ecovillaggio nato a partire dal 2017 ed iscritto alla RIVE – Rete Italiana dei Villaggi Ecologici – dal 2018.
Il nome del gruppo, curioso e singolare, porta in sé una dose di autoironia, il dodo come animale impacciato nel cimentarsi in una nuova sfida (si estinguerà?). Do.Do. è anche quel DopoDomani accorciato della canzone di Gaber “la rivoluzione oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente”. Da qui “Ca’ dei Dodo”, «perché l’idea era quella di trovare una casetta a questo dopodomani.»
«La vita comunitaria è un’idea che accarezziamo da molto tempo. Si parla spesso di quanto il sistema economico sia disfunzionale, di quanto il modello di vita che viene proposto non ci piaccia», spiega Francesca, membro del progetto.
«Ciò che mi ha spinta a fare questo passo verso la vita comunitaria è stata la voglia di rispondere in modo propositivo invece di criticare senza poi mettere in atto delle alternative», continua Erica, anch’essa membro del progetto.
Dopo aver battuto diversi territori e riflettuto su varie soluzioni abitative, un po’ per una questione baricentrica rispetto ai diversi territori d’origine e un po’ per caso, il gruppo si è fermato, come accennavamo, a Campoli poco prima dell’inizio del cosiddetto lockdown.
«Nei primi mesi abbiamo sistemato le tre case che abbiamo preso in affitto. In due vi abitiamo – 5 da una parte e 4 dall’altra – mentre la terza è il luogo in cui abbiamo la cucina e gli spazi comuni. I vicini e i proprietari ci hanno poi prestato dei fazzoletti di terra in cui abbiamo fatto l’orto e abbiamo messo su anche un piccolo pollaio», ha riportato Matteo.
Mentre alcuni hanno proseguito i propri lavori in modalità smartworking, altri hanno iniziato a sperimentare a pieno ritmo le attività praticabili a Campoli – dalla raccolta della legna alle costruzioni, dall’artigianato alla raccolta e trasformazione della frutta.
«Dopo poco tempo ci siamo resi conto di essere circondati da alberi da frutto abbandonati e sommersi dall’edera e dalle erbacce. Cogliendo il suggerimento di alcuni abitanti, dunque, abbiamo iniziato a prendercene cura, per poi raccogliere noci, mele e quant’altro e preparando marmellate e altri prodotti. Un’attività, questa, che stiamo pensando di portare avanti come gruppo in maniera ancora più strutturata.»
Sperimentazioni lavorative dunque, ma anche comunitarie e identitarie, che delineano passo dopo passo la direzione, ancora tutta da inventare, dei membri di Ca’ dei Dodo.
«Il modo in cui stiamo vivendo la dimensione di gruppo richiede molto lavoro, cerchi, feedback, anche emotivi. È un lavoro tosto, ma che può generare anche grande ricchezza. L’abbiamo visto anche dall’esperienza di altri ecovillaggi che senza un’adeguata cura del gruppo è difficile che un progetto vada avanti» racconta infatti Patrícia.
Dopo questo primo anno, pensato per testarsi nella quotidianità della vita di gruppo e di campagna, come per conoscere il territorio e le sue potenzialità, il gruppo si dedicherà a riflettere sui passi futuri. «Capiremo chi vuole continuare, chi no. Qualcuno si sta prendendo una pausa di riflessione, alcuni stanno esplorando le possibilità abitative che ci offre Campoli, perché abbiamo bisogno di spazi più ampi, mentre altri continuano a guardare ad altri territori possibili.»
Mentre la sperimentazione di nuove pratiche e la costruzione di alternative prosegue, gli abitanti della Ca dei Dodo si apprestano dunque a disegnare insieme il loro domani – anzi, dopodomani.