Bridgedale360: il ponte tra i giovani e l’ecologia
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“Le esperienze di apprendimento interculturale e non-formale sono state un continuum durante tutto il corso” racconta Rita, 29 anni, di Verona “L’approccio che è stato utilizzato seguiva il principio del Learning-by-Doing (Apprendere-Facendo): i partecipanti si sono guidati l’un l’altro attraverso attività specifiche di facilitazione, dandosi il tempo di riflettere su ciò che è si è svolto e su cosa si sarebbe potuto apportare miglioramenti”.
“È un utilissimo strumento per chi lavora con gruppi di giovani e adulti sui temi della sostenibilità perché fornisce strumenti pratici e concreti che permettono di ottenere risultati sorprendenti. Per dirlo secondo il linguaggio dell’informatica è uno strumento open source, sviluppato alcuni anni fa da un gruppo di giovani -tra cui alcuni rappresentanti della RIVE- e ora reso disponibile ed accessibile a chiunque ne voglia fare uso e proporlo ad altri. Tutto questo grazie al desiderio di espandere la responsabilità sociale e personale rispetto ai temi dell’ambiente e del mondo in cui viviamo, attraverso una metodologia attiva, non formale e vissuta in prima persona”. Lo conferma Sara Bigi, 29 anni, di Roncadella (RE), che tornata a casa ha subito applicato le conoscenze apprese nel training: “Ho trovato subito ispirazione nel lavoro che svolto con i migranti nel mio Paese. Ho usato “Ya-Ya Box”, un’attività appresa da Bridgedale360, nel progetto Arte Migrante Reggio Emilia, un cerchio di condivisione artistica che coinvolge persone di diverse provenienze, età e condizioni sociali. Con le “Ya Ya Box – scatole senza paura” abbiamo esplorato i nostri personaggi pubblici, ovvero ciò che ognuno di noi mostra “all’esterno” e i nostri mondi interiori più difficili da esternare. Infine, in cerchio, abbiamo condiviso il significato delle nostre “scatole” e di ciò che vi era celato dentro. È stata un’esperienza molto significativa per tutto il gruppo”.
Non sono certo mancati i momenti di gioco, convivialità, complicità e divertimento, che nascono come frutti spontanei tra i giovani, ancora di più quando vino l’esperienza di comunità in un ecovilaggio, che è non solo un modello ideale a cui aspirare, ma una concreta realtà: “L’ultima sera abbiamo ballato con costumi bizzarri, ridevamo insieme e con un’emozione che faceva brillare i nostri occhi, ci siamo scambiati la promessa di portare tutto ciò che abbiamo imparato nei nostri Paesi” racconta Camilla, 22 anni, di Rivalto (Pi) “Ho provato gioia profonda nel vedere così tanta gente sparsa in Europa in cammino nella stessa direzione ed è stato bellissimo scambiarci consigli, dritte, energie e fiducia con la speranza di creare un mondo più sostenibile”.
Sono sempre più numerosi giovani e meno giovani che decidono di andare a vivere in un cohousing o in un ecovillaggio, una scelta dettata non solo da motivi economici (vivere insieme costa decisamente meno), ma anche dal crescente bisogno di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Il panorama delle esperienze comunitarie, in Italia e all’estero, è assai ricco e variegato. Sempre più spesso si riconosce il valore sociale oltre che ambientale del vivere insieme, tanto che anche in Italia sono in crescita le amministrazioni locali che promuovono bandi per l’assegnazione di terreni o edifici destinati al cosiddetto housing sociale; è successo in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e altrove. L’autrice racconta la storia e soprattutto il presente di ecovillaggi e cohousing già attivi in Italia, dei numerosi progetti in via di realizzazione e aperti a nuove adesioni, e delle esperienze internazionali più significative. Quella che emerge è una mappa completa e variegata, utile per chi vuole approfondire una tematica ancora poco conosciuta oppure per chi ha già avviato una riflessione e un percorso, e che nel libro può trovare suggestioni, stimoli e contatti per proseguire il proprio cammino. Continua a leggere…