Ci sono comunità intenzionali in evoluzione, da leadership forti verso forme più partecipative nei processi decisionali. Altre che già nascono con la ricerca di orizzontalità tra i propri valori fondanti. Ma è una strada complessa, dove il rango e i ruoli giocano una parte importante.
In un mio primo lavoro di ricerca su ecovillaggi e comunità intenzionali, riconoscevo in queste realtà un movimento prefigurativo, ovvero un movimento che si attiva per il cambiamento sociale attraverso l’esempio. Questi contesti, pur essendo sempre fucine in evoluzione, sono già un esempio per chi li frequenta rispetto a tante questioni: la ricerca dell’autosufficienza alimentare ed economica, la relazione con l’ambiente, l’organizzazione del lavoro e, in particolare, l’organizzazione sociale e decisionale.
Com’è noto, il modello decisionale adottato in molte realtà comunitarie, è quello orizzontale del cerchio e del metodo del consenso o dell’assenso (quindi non a maggioranza), ispirato al metodo Sociocratico (Comte, Endenburg) o alla Via del Cerchio di Manitonquat. Non c’è una gerarchia quindi, non c’è un voto che vale più di un altro. Esistono però diversi livelli di conoscenza in un settore specifico, quindi la voce dell’esperto avrà il suo peso in sede di scelta. Così come è possibile che la voce di chi vive da molto più tempo nella comunità, rispetto a chi è appena arrivato, possa avere una certa influenza su tutti gli altri. L’obbiettivo è però riuscire a creare quella connessione tra i membri del cerchio che crea una coscienza collettiva tale da riuscire a trovare una soluzione condivisa che duri nel tempo. Si tratta di un sistema tanto innovativo quanto difficile da applicare. Occorre, infatti, estrema cura nella relazione con l’altro e consapevolezza di sé affinché essi riescano nella loro efficacia. C’è chi adotta gli strumenti della facilitazione e della comunicazione non violenta e chi, come Ecovillaggio Lumen, Damanhur, l’Albero della vita e Comunità Etica Vivente, si concentra soprattutto sulla crescita interiore (attraverso la meditazione, i canti armonici, danze e letture) in modo che si possa arrivare ad un livello di consapevolezza di sé più elevato e quindi più attento.
“Il meccanismo orizzontale e non gerarchico presuppone che le persone facciano un lavoro interiore, in modo che si possano lasciare andare le soggettività, per quanto umanamente possibile, e quindi riuscire a sviluppare maggiormente l’ascolto per completare il punto di vista dell’altro, andando oltre al proprio io che vuole emergere”, spiega Federico Palla parlandomi dei lumini, abitanti dell’Ecovillaggio Lumen nel Piacentino. “Coltivare consapevolezza e presenza” prosegue “è per noi un requisito fondamentale affinché la convivenza e i sistemi decisionali che adottiamo funzionino”.
Seppur declinato in modi diversi quante sono le comunità, questo è l’obiettivo delle realtà della RIVE, compresa l’associazione stessa. “La RIVE adotta la Sociocrazia, prevedendo vari cerchi, ovvero gruppi di lavoro che si attribuiscono delle funzioni ai quali il collettivo da fiducia.” racconta Majid/Andrea, co-presidente di RIVE. “L’organizzazione prevede anche un Consiglio Visione che viene eletto con il sistema dell’assenso e la presenza di due co-presidenti. Quando la RIVE nacque il presidente era uno e per lungo tempo; il percepito di una leadership era forte. Attualmente invece prevale l’idea dell’orizzontalità e di una leadership condivisa. Per questo si è scelto di nominare due persone co-presidenti, che cambiano frequentemente, ogni due o al massimo quattro anni”, prosegue. Ciò non significa che non ci sia leadership quando qualcuno decide di focalizzare un determinato settore o mansione, resta però che il sistema è fluido e rotativo, così da permettere a tutti di avere l’opportunità di esprimere i propri talenti. Inoltre la rotazione dei ruoli permette a tutti di imparare e sperimentarsi in qualcosa di nuovo e di aumentare il proprio grado di maturità e responsabilità intellettuale trovando il proprio personale modo di portare avanti un’attività, affrancandosi dalla guida di un eventuale leader.
Per quanto il vivere sociocratico sia prerogativa di molte realtà collettive, esistono comunità che prediligono una linea più gerarchica, o di leadership più o meno marcata. È stato il caso della Federazione di Comunità di Damahur (To), almeno fino alla scomparsa di Falco, il fondatore. “Nei primi 40 anni di Damanhur, la presenza di Falco è stata fondamentale. Per quanto lui non abbia mai voluto essere un guru anzi, tendenzialmente rifuggiva questo ruolo, persone con il suo carisma assumono inevitabilmente un peso determinante. Questo però non ha sostituito il contributo che ogni partecipante porta alla comunità”, mi racconta Impala tra i ricordi. “Negli ultimi 10 anni stiamo cercando di capire come strutturare una società che possa essere effettivamente orizzontale. Io stesso sto partecipando attivamente a gruppi che hanno l’intento di questa ridefinizione. Non è facile dopo 40 anni di un’esperienza organizzata in un certo modo, cambiare un tale assetto. Oltre a dover rivedere la struttura generale, ognuno di noi deve ripensare il suo ruolo all’interno della comunità in modo diverso. Non è scontato”, continua il mio interlocutore, mentre io mi interrogo sulla possibilità di ripensare l’intera società in questo modo. Damanhur consta oggi di circa 300 persone, suddivise in quattro nuclei, quello di Vidracco per primo ha cominciato a sperimentare la sociocrazia utilizzando, appunto, sistemi di partecipazione decisionale collettiva. Per il resto, rispetto all’orizzontalità, si è ancora agli inizi.
Raccontando del carisma di Falco, Impala suggerisce una questione nota ma non scontata: i rapporti di forza che inevitabilmente si creano sulla base della personalità, della conoscenza e dell’esperienza. Mindell chiamava rango quello “spazio” che ci prendiamo per essere noi stessi partendo dalle opportunità e privilegi che abbiamo a disposizione, l’utilizzo che ne facciamo, spesso inconsapevole, influenza gli altri. Pertanto, è possibile che il contributo di persone particolarmente carismatiche possa impattare sul gruppo in modo importante. Ancora una volta, ciò che viene in aiuto è la crescita personale: diventare consapevoli del proprio rango, aiuta ad utilizzarlo al meglio e in favore della comunità. Il gruppo è un valido aiuto in questo, come ricorda commosso Impala: “Falco sosteneva che nessun uomo può illuminarsi da solo, è solo attraverso il gruppo che si può comprendere a che punto si è nel cammino di evoluzione personale”.