Di un’estate infinita: un viaggio alla scoperta di sé, tra ecovillaggi e fattorie wwoof
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“Quello che mi ha spinto a partire in quel momento era soprattutto il tentativo di evadere da un ergastolo sociale – il mio ruolo, il lavoro, la città, … – in cui ero, di fatto, imprigionato” racconta Andrea Malagola, autore del libro Di un’estate infinita (e di altre stagioni più o meno belle della vita), pubblicato nel 2018 da Terre Sommerse. Un racconto alla scoperta di sé che lo ha condotto attraverso un’Italia che vive un diverso paradigma, tra fattorie woof ed ecovillaggi. Un racconto ispirante, che dà voce al bisogno di cambiamento e che narra l’attraversamento dell’ignoto. “Il mio disagio dopotutto era quello di molti: il traffico violento delle strade a qualsiasi ora, lo squallore spietato della spesa nei centri commerciali, le facciate grigie dei palazzi con dentro le scatole arredate, le televisioni accese sulla pubblicità: insomma il male di vivere di cui mi sembrava intimamente pervaso ogni angolo di una città come Milano. E io a trentaquattro anni ero di fronte ad un bivio: continuare a recitare il mio ruolo e la mia vita, dentro a call center che mi dava un lavoro tanto sicuro quanto alienante oppure provare a guardare oltre, mettermi in gioco, sfidare i limiti di ciò che sembravo destinato a vivere. E allo stesso tempo provare a sperimentare i miei. Sentivo un fuoco dentro che sembrava solo aspettare di poter divampare. Partii senza una meta precisa, perché in quel momento la cosa importante mi sembrava il cammino stesso, non l’arrivo”.
La nuova dimensione ha permesso all’autore di scoprire parti di sé, altrimenti negate. Nel capitolo La via del cerchio, descrive in modo semplice ed efficace uno di questi passaggi: “Un pomeriggio Manitonquat ci invitò a dividerci in due cerchi: uno di sole donne e uno di soli uomini. Lo scopo era quello di provare a farci sperimentare affinità tra i bisogni e di poter parlare più liberamente. Per me fu importante: molti uomini si aprirono, dimostrandosi sensibili e rifiutando lo stereotipo del maschio che non deve mai piangere né manifestare le proprie emozioni. Anch’io dissi qualcosa: «Non voglio essere un uomo forte come mi dicono che devo essere. Voglio essere me stesso. Voglio essere libero di gettare la maschera, di arrossire quando mi sento arrossire, di ridere quando voglio ridere e di piangere quando voglio piangere, di manifestare le mie emozioni…». Un secondo dopo non riuscivo a credere di aver detto ciò che avevo detto. Le parole mi erano uscite da sole, prima dei pensieri. Senza filtri. E la cosa ancor più incredibile è che ne ero felice. Non volevo nascondere i miei difetti e le mie debolezze. Almeno non a quel gruppo, di cui in quel momento mi sentivo orgoglioso e grato di far parte. Per sdrammatizzare aggiunsi: «Nel ’68 avevo provato a partecipare ai collettivi femministi, ma mi avevano cacciato». Ridemmo tutti insieme e ci abbracciammo. Tra uomini”.
mette a disposizione la sua attività di ricerca, accompagnandoci in maniera dettagliata all’interno delle varie realtà italiane, da nord a sud, fornendo una scheda dettagliata per ogni progetto, dalla personalità giuridica all’eventuale ispirazione spirituale, dall’organizzazione economica alla dieta scelta. Una guida per farsi un viaggio nelle esperienze comunitarie all’insegna non solo del risparmio economico ma soprattutto di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Continua a leggere…