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Dolci ricordi di un volontario

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Il punto di vista di chi lavora dietro le quinte, permettendo ogni anno alla Rive di svolgere l’evento estivo.
Venerdì 20 luglio 2012, giornata campale: una settimana di stress per portarsi avanti col (pochissimo) lavoro, pulire casa, organizzare le partenze: Ester, mia moglie, a Cantù per una settimana di “Dragon Dreaming Camp” per imparare ad evitare i blocchi che fanno fallire anche i progetti meglio congegnati (Dio sa quanto ce n’è bisogno…!) insieme alla piccola Caterina, che avrebbe trovato compagnia coetanea; l’altra figlia, Giuditta, per un trekking metropolitano-lacustre insieme a cinque amici ormai maggiorenni dell’Istituto d’Arte con l’idea di attraversare la Brianza verso il Canton Ticino pernottando sotto le stelle (ma se piove?); e infine io, baldo 58enne sovrapeso per la vita troppo sedentaria, come volontario per l’avventura della preparazione dell’incontro RIVE 2012 a Vidracco, in una valle del Canavese popolata da una costellazione di Comunità dedite alla Ricerca scientifica e spirituale, diventate tanto grandi da dar fastidio a molti… vado con la voglia di ritrovare amici di diversa provenienza, per capire finalmente come fare a decidere di intraprendere seriamente la strada dell’ecovillaggio, e magari anche per la curiosità di capire se le dicerie sulla Comunità che ci ospita abbiano fondamento o meno.
Dopo aver accompagnato la famiglia, il primo rendez-vous: a Gallarate, con Elena, una giovane ricercatrice universitaria vicentina prestata da anni alla Danimarca, anche lei volontaria e in arrivo per l’occasione alla Malpensa. Incontro perfetto (e quasi puntuale!), la riconosco per lo zaino enorme da globe-trotter, e via verso l’autostrada cercando di precedere le orde di milanesi in fuga dalla calura.
Viaggio tranquillo, si esce al casello di Ivrea e poi alla ricerca dei rari cartelli per la Val Chiusella, riusciamo a trovare Vidracco anche senza il navigatore… ma poi? Non avevamo un punto di riferimento, e in un paesino che conta meno di cinquecento abitanti, alle sette di sera non c’era in giro nessuno… poco più avanti del “centro” ci attira l’occhio una costruzione che pare fuori posto e fuori misura rispetto alle case, l’ex stabilimento della vecchia Olivetti tutto vetri e acciaio, probabilmente una grande innovazione quando era stato costruito negli anni ’50 per cercare di rallentare l’esodo verso il miraggio della FIAT (Vidracco contava solo 320 abitanti, il suo minomo storico), ora sede operativa e centro dei laboratori di Damanhur, la Comunità che avrebbe ospitato questo incontro. Gentilissima, una persona che passava dalla reception (tutte con buffi nomi di animali, come usano i Damanhuriani) ci accompagna alla nostra meta, la sede della grande “Pro Loco” di Vidracco! Che ora fa circa 500 abitanti, uno per ogni metro sul livello del mare. Lì troviamo i primi soci RIVE che ci accolgono a braccia aperte: è come sentirsi a casa, anche se non vivo in un ecovillaggio trovo persone già incontrate “on the road”: Alfredo, the big President della Rive (uscente) ed Emy di Bagnaia, Anna e Devis incontrati a Rays, Francesca e Dario, conosciuti due anni prima ad un campo ad Ontignano, Mario Cecchi, l’anima degli Elfi con cui avevo condiviso una passeggiata a occhi bendati a Pignano, Francesco che aveva fatto il corso di Permacultura con mia moglie; ma anche gli altri, “nuovi” ma tutti con lo sguardo aperto e la capacità, e la voglia di entrare in empatia.
Sarebbero già pronti a farmi montar la tenda… ma rinuncio, per stasera dormirò nel Salone Consiliare, al primo piano, con materassino e sacco a pelo, scelta condivisa con Elena e un altro paio di persone.
La notte pago tutto lo stress degli ultimi giorni, dopo aver gonfiato a fatica il materassino (il soffietto ha il tubo tagliato, e dopo un po’ finisco di gonfiare a bocca) sto sveglio a occhi spalancati guardando il soffitto del salone, almeno – penso – non disturberò le persone che condividono con me quella sistemazione (di solito russo come un trombone!). Fin quando mi accorgo che la “cosa” che sta sotto di me sbanda ad ogni movimento. Pensavo di aver riparato bene il materassino, ma la toppa non regge al mio peso e finisco senza se e senza ma col culo per terra: la stanchezza mi impediva di alzarmi, ma purtroppo vivevo quel tormento con grande lucidità…
Pazienza, sono furbo e per ogni evenienza mi sono portato l’autogonfiabile! Riesco a trascinarmi fuori dal sacco a pelo, srotolo e sento il sibilo confortante del materassino che si gonfia, mi vedo le celle che faticosamente cercano di riprendere la loro dimensione estendendosi come a fare un “saluto al Sole” yogico. Cerco a tentoni la valvola… non c’è. La mi’ figliola grande l’avrà persa, e ha tenuto fede al patto non scritto che “è meglio non dire piuttosto che ricordarsi”: per cui finisco il resto della notte in compagnia delle piastrelle, appena mitigate dall’esiguo spessore della plastica.
Ma la mattina, sono in piedi come un grillo! Lascio al dopopranzo la inevitabile débacle (ci sarà ben il momento per una pennichella!), comincio a conoscere meglio gli altri volontari, e mi trovo come se fossimo da sempre insieme, ci si divide i compiti con facilità e io mi fiondo in cucina, arrangiandomi tra i pentoloni enormi e i fuochi professionali, non prima di aver lottato strenuamente contro le fiammelle pilota… Le melanzane fritte hanno un gran successo, e mi facilitano ulteriormente l’inserimento nel gruppo… potere del cibo!
Dal primo giorno si cominciano a formare i gruppi, fondamentalmente dovrebbero essere cinque: preparazione aree ombreggiate per incontri e tende, costruzione del compost toilet, organizzazione cessi e docce, cucina, pulizie. Come spesso capita, si fa a gara per non finire nelle pulizie… che però si debbono fare, per cui tutti – obtorto collo – devono mettersi anche in quel turno. Io e tre “tecnici” ci offriamo per l’allestimento della compost toilet, facciamo in tempo a fare un primo sopralluogo al “Campo delle Aquile” (il campeggio situato nella zona più alta), ma veniamo subito dirottati da un irremovibile Presidente sulla priorità dei tendoni ombreggianti: anche se non siamo nell’assolato Lazio del Vignale (RIVE 2011) si prevedono giorni di forte calura e non si vogliono rischiare insolazioni (o che si surriscaldi l’ambiente con qualche “testa calda”? :-).
        
I primi giorni sono abbastanza rilassati: si lavora fino alle 12:30 circa, poi a mangiare; dopo, liberi fino alle 15 circa, e c’è tempo di rilassarsi all’ombra, alcuni più composti, altri in strane pose tantriche suggerite probabilmente dallo studio della medicina tibetana…
  Nel frattempo il gruppo di volontari aumenta, e riesco quasi eroicamente a preparare un risotto decente per circa 25 persone, usando il riso integrale, quanto di più coriaceo possa esistere.. oltre mezz’ora di pentola a pressione ed altri 45 minuti a fuoco basso, ma in tavola fa la sua bella parte.
Niente da fare per la compost toilet nel bosco, c’è proprio lì sotto un ruscello che ci spiacerebbe fosse contaminato, e poi pare che la parcella non sia di proprietà del Comune, ci vorrebbero ricerche e permessi complicati: ripieghiamo per una zona a robinie, con una pendenza adatta alla fine del terrazzamento dedicato alle tende, e cominciamo a disboscare, sentendoci come esploratori nel profondo della foresta pluviale… ma con rispetto per le piante, togliamo solo un paio di arbusti e facciamo pulizia dai rovi per lavorare meglio.
Non disegniamo il progetto, ce l’abbiamo già abbastanza in testa: una piattaforma aggettante, con cassone rialzato e due sedute (sempre due! …non tanto per farla in compagnia, anche se può capitare, ma per evitare che un solo mucchio, se troppo frequentato, diventi rapidamente una piramide troppo alta…) e poi, essendoci prefissati di utilizzare per quanto possibile materiale di recupero, dobbiamo recitare a soggetto.
Fortunatamente possiamo attingere alla discarica di materiale edile di Squalo, il Damanhuriano che gestisce le attività di costruzione della Federazione: lui e il figliolo ci guardano un po’ sospettosi quando sciamiamo come lupi in cerca di preda, chiamano prima di autorizzarci, ma poi vedono che ci comportiamo in maniera civile e “rubiamo” solo pezzi di scarto, come promesso, tra cui dei bancali, grande risorsa! per cui diventano più ospitali e ci indicano anche la possibilità di farci prestare qualche strumento: di seghetti alternativi, utili soprattutto per sagomare i buchi, ne otteniamo addirittura due!
Ma sono tanti i lavori da fare: al Mulino, la parte più a valle, bisogna sgomberare il locale adiacente alla costruzione, una bellissima saletta che potrà ospitare svariati workshop; e poi organizzare le docce. Al Campo giochi, che essendo vicino a Damanhur Crea può approfittare degli ampi parcheggi anche attrezzati per i camper, ci sarà il campeggio dedicato alle persone meno “mobili” e con bambini: e anche lì dovranno essere ripristinati gli spogliatoi attrezzati con tre gabinetti e tre docce.
Strana sensazione questa del campo giochi: dà l’impressione di essere coevo alla ex fabbrica, un bel campo di calcio regolamentare (o quasi), e un campo misto tennis/pallavolo. Ma il tutto pare essere abbandonato da parecchi anni, lo si evince dalle crepe nell’asfalto piene di vegetazione che cerca di riprendersi il terreno… sembra che i Vidracchesi preferiscano immergersi nella natura piuttosto che fare sport agonistici…  a parte gli abitanti di Damanhur, che, come ci raccontava la nostra guida speciale Macaco Tamerice (ambasciatrice RIVE al meeting del GEN Europa), una ventina d’anni fa avevano partecipato ad un “aspro certame” di Landart, arte applicata al Paesaggio in tutte le sue forme.
In quel periodo, per automotivarsi, i Damanhuriani decisero di combattere una “guerra d’Arte”, costruirono statue e statuette costellando tutta la zona di Damjl, il “centro storico” del loro insediamento, e ricoprendo le case di elementi pittorici con raffigurazioni di animali “over size” e di amici scomparsi, per tenerne memoria. Sicuramente un forte impatto visivo, difficile sentirsi soli con tutti quegli gnomi nel bosco (senza contare le “presenze” reali che sicuramente lo abitano, non disturbati nemmeno dal fumo delle sigarette).
Insomma, volevo scrivere solo qualche impressione per non perdere la memoria di questa esperienza, ma qui rischia di diventare un diario, senza nemmeno dati precisi… meglio fermarsi qui, i ricordi sfumeranno un poco ma rimane il piacere di aver fatto parte di un team che ha trovato senza troppe regole definite la capacità di collaborare nel rispetto delle esigenze di tutta la Comunità, locale e temporanea.
Ringrazio tutte le persone che ho incontrato, con le quali mi sono confrontato e con cui ho collaborato: hanno contribuito tutte a fare in modo che io non sentissi la mancanza della partecipazione ai pur interessantissimi workshop offerti dagli ecovillaggi. Pulire i servizi, costruire la compost toilet , lavorare in cucina, fare accoglienza, montare ombreggianti, fare il bagno al fiume, provare ad insegnare il Canto Armonico, ballare, servire il caffè ecosolidale a “chilometri pochi”… è stato un unico, grande, continuo workshop che ha fissato indelebilmente questo periodo nel mio cuore.
Con un grande abbraccio
Rinaldo

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