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Fondare un ecovillaggio o cohousing – Parte 1

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Fondare una nuova comunità ecologica, fuori da schemi individualisti e consumisti, che porta una nuova visione dell’abitare, può essere la scommessa di una vita. In questo articolo Francesca Guidotti, autrice di Terra Nuova ed ex presidente RIVE, fornisce dei suggerimenti per un buon inizio.
L’articolo qui presentato, lungi dall’essere esauriente, propone spunti di riflessione per coloro che hanno il profondo desiderio di fondare una nuova comunità, che sia essa un cohousing o un ecovillaggio. Porre le basi è la fase più delicata del progetto e può determinarne l’esito. Per motivi di densità dei contenuti, l’articolo uscirà in più parti, una volta a settimana.
Prima di iniziare ad elencare i primi passi verso la fondazione però, può essere molto utile per il fondatore farsi le seguenti domande:
– Nella maggioranza dei casi un progetto ha una gestazione di 3 – 5 anni. Sei pronto all’intensità e alla durata di questo periodo, prima di veder concretizzato qualcosa?
– Quanto è forte la tua motivazione? Se si basa sulla motivazione economica del risparmio o sul bisogno di un “contesto di vita carino, sano e amichevole” sappi che non è sufficiente. In certi momenti avrai bisogno di attingere a tutta la tua energia e fiducia: quella migliore la trovi solo molto in profondità.
– Sai dove vuoi arrivare? E pur sapendolo, quanto vuoi/puoi negoziare la tua idea?
– Sai quanto e cosa puoi dare al progetto?
– Sai di chi hai bisogno per farlo? Non guardare tanto la professionalità o a capacità specifiche ma alla qualità della persona.
Se senti di aver già risposto alle domande precedenti e la risposta ti soddisfa, allora buon proseguimento di lettura!
1 – INFORMATI
Leggi, cerca, vedi, ascolta, visita. Non ti fermare alla prima idea di cohousing o ecovillaggio che incontri. Più conosci le realtà esistenti e più farai chiarezza su ciò che vuoi, o al peggio, su ciò che non vuoi nel tuo progetto. Chiedi, domanda, ascolta. Chi ha fatto questo passo prima di te ha tanto da condividere. Potrai fare una bella raccolta di informazioni giuridico-amministrative, logistico-organizzative, socio-relazionali, poi focalizzare quello che più ti interessa e approfondire in un secondo momento. Per restare sempre informato su ecovillaggi e cohousing puoi consultare il sito www.terranuova.it oppure il sito ufficiale della Rete italiana villaggi ecologici – RIVE www.ecovillaggi.it
2 – INIZIA DA QUELLO CHE C’É
Aspettare di trovare il luogo “perfetto” e le persone “giuste” potrebbe non farvi iniziare mai. Valutate attentamente le possibilità che avete intorno e scoprite il meglio che avete per adesso. Osate. Iniziate anche se da principio ci sarà un po’ da stringere i denti. Siate pionieri. Avete una casa con spazio in più? Potreste condividerla. Avete un campo? Coltivatelo insieme. Il comune ha degli spazi con destinazione ad uso sociale inutilizzati? Richiedetelo e cogestitelo. Condividere un lavoro o uno spazio, sperimentare la cogestione o la convivenza accelera esponenzialmente il processo di conoscenza reciproca. In questa fase, come anche nel processo di fondazione che vedremo più avanti, ricordatevi di equilibrare i momenti di operatività con quelli di condivisione di stati d’animo, riflessioni, “sentire” per evitare di bruciarvi subito la relazione.
3 – CREA IL GRUPPO
Ci sono numerosi modi in cui le comunità esistenti si sono formate. Ci sono però delle costanti, alcune strategie “chiave”, qui raccolte. Un primo aspetto è l’affinità: spesso chi fa parte di una comunità ha degli aspetti in comune o ha fatto un percorso insieme antecedente la scelta comunitaria. Pensando alla creazione del gruppo in termini permaculturali, ovvero iniziando con un’osservazione dal centro verso la periferia, il primo passo può essere quello di testare tra i propri conoscenti e amici se c’è qualcuno interessato al modello che proponete (ecovillaggio o cohousing). Se riscontrate poco interesse, potete lanciare un appello nel vostro territorio. L’abitare collaborativo e le comunità intenzionali sono temi poco conosciuti, per cui può meritare promuovere conferenze, dibattiti, incontri, giornate a tema. In questa fase il coinvolgimento della Pubblica Amministrazione può essere determinante. Coinvolgi anche le associazioni locali, i GAS (gruppi di acquisto solidale), i centri giovani, i circoli. Anche le attività economiche e le professionalità che in qualche modo potrebbero essere affini al tema (architetti, cooperative sociali, ditte edili, ecc…). Se anche questa mobilitazione non ha dato risultati soddisfacenti, puoi passare alla diffusione sui social media o i media nazionali ed internazionali (siti web e testate giornalistiche, radio, televisioni locali, reti affini al vostro progetto).
4 – LA CURIOSITA’ É DI MASSA
É possibile che ai primi incontri si presentino molte più persone di quelle che vi aspettavate. Non vi fate prendere dal panico: con molta probabilità già dalla volta successiva ce ne sarà la metà e più che si va avanti con le riunioni e meno persone avranno la costanza di partecipare. Con il tempo si rivela chi è mosso da un’idea romantica o chi ha fatto male i conti con i propri impegni, economia o realtà di vita. O semplicemente chi non è davvero interessato a ciò che proponete. Per disperdere minori energie, alcuni gruppi richiedono la compilazione di un questionario a chi fa domanda di partecipazione. Può sembrare un mezzo un po’ formale ma ottimizza i tempi e aiuta ad orientare sia il fondatore rispetto a coloro a cui racconterà il progetto, che il potenziale aderente rispetto al tipo di progetto presentato.
5 – NÉ TROPPO CRIPTICI, NÉ TROPPO ESPLICITI
Quando vi presentate a un gruppo di potenziali aderenti, di cui probabilmente la maggior parte sconosciuti, dovrete prepararvi bene ciò che avrete da dire. Le persone che partecipano vi stanno dando il loro tempo e la loro fiducia per cui è sconsigliabile aprire una incontro dicendo: “Non c’è molto da dire sul progetto perché lo costruiremo insieme!”. Sebbene ci sia del buono dietro a questa affermazione, sappiate che è totalmente spiazzante. Crea un senso di vuoto, di instabilità e precarietà a cui pochi hanno voglia di affidarsi. Le persone vogliono sentirsi libere di scegliere e per farlo hanno bisogno di tutte le informazioni che si hanno a disposizione. D’altra parte, presentare un progetto troppo dettagliato, con poche possibilità di interazione, “granitico” o “chiavi in mano” può dissuadere le persone a partecipare poiché con tali vincoli lo spazio di inserimento creativo, e quindi di coinvolgimento, è davvero minimo.
Una costante che emerge da progetti “dal basso” è che una prima bozza viene definita da 2-5 persone. La bozza contiene i criteri di massima, i requisiti base per la realizzazione del progetto, indicazioni sugli aspetti economici, il grado di condivisione richiesta, se c’è un orientamento spirituale, ideologico, relazionale particolare, se c’è un coinvolgimento con la Pubblica Amministrazione, ecc… vi si intravede la visione e probabilmente l’orientamento del territorio in cui andrà ad inserirsi il progetto. Ma la bozza è un punto di partenza e chi l’ha scritta deve saperla donare al gruppo, fermo restando alcuni punti (solitamente i fattori caratterizzanti del progetto) esplicitati e non negoziabili. La possibilità di inserimento creativo e decisionale accrescerà il grado di coinvolgimento e quindi di appartenenza del nuovo membro al progetto.
Nel prossimi articoli:
6 – CONDIVIDERE UN CALENDARIO
7 – PRIMA LA VISIONE
8 – EQUILIBRIO TRA MATERIA E VISIONE
9 – CHI DECIDE E COME?
10 – LA CASA DELLA COMUNITA’
11 – SCEGLIERE LA DEFINIZIONE GIURIDICA
12 – REALISMO FINANZIARIO
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